Nella succinta biografia di Ernesto Rayper, inserita a pagina 4 del monumentale catalogo realizzato nel 1972 per il tipi della Lang spa di Genova, l’artista, oltre alla sequela dei passaggi più importanti ed essenziali del suo curriculum, veniva così recensito come incisore: “Si provò con ottimi risultati anche nell’incisione”.
Da questo dato così sommariamente enunciato, si poteva dedurre che quella parte della sua produzione artistica non era ancora considerata al pari di quella riferita alla pittura.
Ciò era abbastanza comprensibile, in considerazione del più motivato interesse della storiografia ufficiale verso quella porzione” della sua Arte considerata più “nobile”.
La “Scuola Grigia” con la nutrita schiera di artisti liguri e piemontesi – fra Carcare e Rivara – si inseriva così a pieno titolo fra i gruppi e le varie scuole regionali più importanti nel contesto della “Pittura Italiana dell’Ottocento”.
In proposito i lusinghieri apprezzamenti di Telemaco Signorini verso l’artista, da lui definito come “fine e sensibile pittore”, lo posizionavano fra quegli “eletti” che nell’immediato futuro avrebbero contribuito in modo decisivo a riportare l’Arte Italiana ai fasti di un tempo. Purtroppo la morte lo colse prematuramente.
Di questo si è già ampiamente argomentato e discusso, specie sul futuro radioso in cui un talento come Rayper avrebbe potuto inserirsi, a pieno titolo, in un contesto forse addirittura più ampio rispetto all’area nazionale.
Tuttavia il comparto della sua produzione incisoria avrebbe meritato allora maggior attenzione e oggi meriterebbe certo ulteriori approfondimenti storico critici comparati su più ampia scala e conseguentemente una più attenta e giusta rivalutazione anche in chiave mercantile.
Alla sua fama – comunque – non giovarono né la sua indole schiva, né, come già detto, la sua pur breve vita, né la sua piuttosto esigua produzione.
Se si deve a Gianfranco Bruno la esegesi più completa ed esaustiva del suo percorso artistico, vale la pena considerare anche l’apporto sinergico di Vitaliano Rocchiero con il suo interessante “Carnet segreto …….” evidenziante i proficui contatti con i “Rivariani”, riferendo altresì di: “Rayper calcografo” e dei soggiorni fiorentini nel capitolo: “Rayper con i Macchiaioli”.
Per una conoscenza più specifica della sua attività di incisore, va riconosciuto l’apporto determinante ed esaustivo di Guido Giubbini in “L’Acquaforte Originale in Piemonte e in Liguria – (1860-1875), volto ad una precisa catalogazione in chiave comparata del suo lavoro.
A tal proposito fu proprio l’aspetto tecnico esposto dal Giubbini – nella descrizione di ogni opera – a render noto agli studiosi il suo personale modo di incidere, e ad evidenziare gli effetti delle morsure nei vari stati di stampa.
Attraverso questo particolare “modus operandi” – tipico fra i colleghi incisori del suo tempo – i rapporti chiaroscurali ben calibrati consentivano all’artista di solidificare il “sogno” della sua visione interiorizzata attraverso tale prassi definitoria. Inoltre i vari interventi successivi a rotella e a punta secca, tesi ad esaltare quanto più possibile l’aspetto poetico della narrazione in chiave lirica, rivelano l’intento di quel giovane artista – allora e poi – sempre intento a cogliere il vibrare più segreto della natura nelle sue manifestazioni più semplici ed umili, ma ricche di quel “pathos” che poteva fornire alla sua mente lucida il senso più autentico di una visione ricostruita “pittoricamente” in due gamme di colore.
Queste sintetizzavano così l’intero apparato cromatico assunto per la sua rielaborazione e rivelavano alcune delle sue preziosità a me più care: la sempre brillante concezione prospettica degli impianti, il conseguente taglio dell’immagine, nonché il tono quasi sommesso del suo canto, ove sommesso non voglia fraintendersi per debole; anzi, deciso nella pronuncia, nel gesto e nella concezione chiaroscurale.
A fronte di quanto visto ed analizzato dai più illustri recensori della sua opera (M.Labò ,G.Bruno, V. Rocchiero, O.Grosso), nell’intero percorso evolutivo di Rayper incisore, le sue scelte stilistiche saranno sempre debitrici ai contatti con gli artisti e le aree geografiche di riferimento, a partire dalle primissime frequentazioni genovesi con il Granara e il Tubino e proseguendo con il suo primo vero maestro Tammar Luxoro.
Quest’ultimo fu il primo ad incoraggiare Rayper ad abbandonare temi celebrativi, per puntare sui valori lirici del tono e indirizzandolo alla pittura en plein air .
Superata la fase del “calamismo”, furono determinanti gli incontri con l’Arte ed il mondo poetico di Fontanesi, nel frattempo si inserirono i rapporti con i “Macchiaioli” toscani, ma come rilevò con grande acume Gianfranco Bruno, fu soprattutto Daubigny ad entrare prepotentemente in questo coacervo di proposte e di possibilità espressive nel comparto della incisione e del disegno. E questo soprattutto “sia nell’impostazione del paesaggio visto in tralice, con ripe scoscese e cespugli, alberi aperti contro cieli percorsi da nuvole………, sia nella qualità stessa del segno” (G.Bruno). Inoltre “ i tratti virgolati, la scrittura minuta del terreno, le piccole ellissi, le ondulazioni del tratto, corrispondono ad analoghe soluzioni grafiche del maestro francese” (G.Bruno)
A fronte di questa varietà di esperienze, Rayper riuscì a distillare queste acquisizioni tecniche e formali in un magico mixing; creò il suo stile, la sua dimensione poetica in cui si intuisce anche il suo vissuto. In ogni sua incisione i soggetti scelti sembrano finestre aperte su viottoli di campagna, dolci declivi di albereti in cui i personaggi sono ritratti ora di spalle, come in “Brughiera presso Volpiano” e “Settembre presso Rivara”,
ora di traverso mentre sembrano in procinto di accennare un saluto per della mezza torsione del busto come in “Impressione d’Estate”, ora rivolti verso l’artista come la contadinella che conduce il gregge in “Ritorno all’ovile” o in “Presso Volpiano” .
Tralasciando la sua magistrale interpretazione incisoria nell’opera forse più celebrata come “Il fonte”, valga la pena un breve accenno sulla acquaforte “La Dora Riparia ad Alpignano”
Qui – come anche spesso ed altrove – la figura femminile che sta per addentrarsi nella boscaglia vive in perfetta simbiosi con la natura circostante.
Questo nasce dalla convinzione dell’artista di uno stretto legame tra l’uomo, il suo vissuto e lo svolgersi lento della natura nelle ore del giorno, così come nell’avvicendarsi delle sue stagioni.
Quindi la figura concepita non come elemento accessorio genericamente ritagliato, ma parte di un tutto liricamente ed intensamente vissuto dall’artista, che – “raccontando se stesso come in una sorta di autobiografia spirituale ” – riesce a far sentire molto forte la sua presenza. Se ne intuisce il respiro, la sua posizione proprio a ridosso dell’opera; come un regista sul set della scena da riprendere. Per non parlare poi di “Giochi infantili” ove affiorano i ricordi di una infanzia
gioiosa, ma non sempre serena, in cui il carattere dell’artista si formò sotto il segno di una “schiva malinconia” .
Tale sorta di disagio interiore aumentò durante il suo periodo di permanenza presso il Collegio dei Tolomei in Siena. Le lettere di quel periodo lasciano intravedere una “insofferenza tenace e la volontà di evadere che tocca i tratti di una contenuta disperazione” (G.Bruno).
A questi fatti e queste notizie era necessario dare conto, perché Arte e Vita – specie in Rayper, così come in molti artisti liguri – si intersecano e possono essere rivelatrici di aspetti di cui spesso non si da adeguata importanza.
Così la domanda che ci si pone spesso sulle origini di una tipologia poetica romantica nell’Arte, potrebbe trovare risposta nella sua causa.
Cioè, saranno la solitudine e la malinconia a generare nell’artista il “sogno romantico” o sarà proprio quest’ultimo, dove – per azione/reazione – la malinconia troverà il grembo in cui la visione – nel caso di Rayper non contemplata ma intensamente vissuta – maturerà sino alla azione creatrice?
Lasciando aperto questo interrogativo di filosofia dell’Arte, come una mia personale e forse intrigante divagazione, va precisato che la produzione incisoria di Rayper – in rapporto alle relazioni con la pittura di Daubigny – si pone in stretto rapporto con la sua pittura. “ Essa presenta una sorprendente varietà di segni grafici, nel costituirsi di valori tonali di una densità rapportabile all’analogo approfondimento del tono nelle pitture”, proseguendo nella sua analisi comparativa il Bruno riferisce e sostiene che l’artista “attinge a un profondo sentimento della natura che non ha precedenti nella storia artistica dell’Ottocento italiano, e che lo avvicina – oltre a Daubigny – a Corot e Boudin, aprendosi alle prospettive del moderno naturalismo” dei grandi maestri francesi tra XIX e XX secolo.
Testo: Leo Lagorio
Redazione: Franco Dioli
Galleria
Bibliografia essenziale
= T. Luxoro, E.Rayper in “L’Arte in Italia – Torino 1873
= T. Signorini, E.R. –in “Giornale artistico” – Firenze 1873
= A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte – Torino 1893
= O. Grosso, E.Rayper in “Corriere di Genova”– 1907
= M. Labò, in Catalogo della Mostra di Pittura Ligure dell’Ottocento – Genova 1926
= M. Bernardi, in Catalogo Mostra dei pittori della Scuola di Rivara – Torino 1942
= G. Bruno, in “Ernesto Rayper” – Edizione curata da Ettore Verruggio – stampato per i tipi della Lang spa – Genova 1972.
= G. Bruno, in catalogo “Mostra di Ernesto Rayper” – Palazzo dell’Accademia Ligustica – Genova 1974
= V. Rocchiero, in “Il carnet segreto di Ernesto Rayper” a cura della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia – Genova 1974
= Guido Giubbini, in “L’Acquaforte Originale in Piemonte e in Liguria” – (1860- 1875) – Sagep Editrice Genova 1976