Livorno 1943
Angiolo Volpe pittore che ha operato in Liguria
Inizia a dipingere giovanissimo, scegliendo ben presto di dedicarsi alla pittura come unica attività professionale. Assimila la cultura artistica livornese e la lezione apportata dai Macchiaioli, pur evidenziando una propria e originale linea espressiva che avrà modo di imporsi con il trascorrere del tempo.
A partire dagli anni Settanta compie numerosi viaggi, sia in Italia sia all’estero, per vivere nuove esperienze e per dipingere differenti realtà naturali, ambientali e architettoniche. Iniziano le prime importanti mostre, dapprima a Firenze, poi a Milano, Genova, Bologna, Monza, Varese, Roma, Napoli e anche negli Stati Uniti, a Los Angeles.
Guardo felice – e mistero – nella profonda dizione della sintesi, nella unificazione dei piani, nella determinata musica di linee e che formano la massa, il ritmo, il movimento, elementi contrari alla così detta “natura in posa”, molto prossima al nudo recitativo fotografico.
Angiolo Volpe stende il suo pensiero al paesaggio di carattere (Maremma, Umbria, Liguria, (spesso frequentata e qualche terra straniera), per sezionare, nei limiti e nelle sequenze, i particolari, le sagome degli alberi secondo un processo di comportamento, le variazioni dei tetti, dei campanili, dei castelli, delle colline, irraggiarsi delle fenditure nelle rocce, i vari linguaggi dei rustici casolari, i viottoli petrosi,
i riflessi sulle acque del mare e dei laghi, le ombre sui muri sbrecciati dal tempo, le barche colorate secondo le usanze e il folclore, il carattere dei pescatori, il muoversi dei contadini al lavoro, il ricamo del sole sulle cose.
Per comprenderne l’intima essenza, la profondità e l’anima degli oggetti. I nostri macchiaioli, grandi poeti, dinanzi a scene di verde, prima di dar mano ai pennelli, carpivano, esultando, su quei prati di smalto; personaggi meravigliati che in punta di piedi si introducevano nella campagna, con principi di ascetismo.
La propria ricerca espressiva, in senso tecnico, cromatico e tematico, è elemento essenziale del suo divenire artistico. Numerose mostre personali nelle più importanti gallerie italiane e straniere lo hanno imposto negli anni all’attenzione del pubblico, che ha avuto modo di apprezzarlo anche in America e in Giappone.
Così diceva Gautier per Corot: “[…] questo tocco pensato, denso, ottiene effetti raggiungibili da quel pennello abile che corre più del cervello”.
Solidi e sicuri impasti che definiscono direttamente le qualità di assimilazione ed eccentriche: e lo sguardo che corre, affonda, sollecita (aiutato dalla percezione di passaggi simultanei) e procede per contrasti ondulati dai tetti di Norimberga, al mare di Livorno e Camogli, all’atmosfera maremmana di variazione-etrusca, comunque é presente l’infinito nelle gradualità qualitative e passaggi di particolari una rocca, la terra, la copritura di un pino, una muraglia; composizione religiosa, panteistica, condizione umana e sociale, in prevalenza amore per la natura, per il paesaggio puro, cosi considerato dai Corot, Monet, dagli stessi macchiaioli, che affermavano pubblicamente che “la natura è sempre bella e delicata […]”.





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