Livorno 1851 – Firenze 1933

Adolfo Tommasi pittore che ha operato in Liguria

Adolfo Tommasi era figlio del noto collezionista Giuseppe, amico di artisti tra cui Carlo Markò senior, che incoraggiò il figlio a prendere lezioni da Cesare Bartolena, e, dopo che si trasferì con la famiglia a Firenze nel 1872, a iscriversi alla scuola di paesaggio dell’Accademia di belle arti con Carlo Markò jr. che lo avviò alla pittura en plein air già praticata dai pittori della Scuola di Staggia.
Frequentò i macchiaioli, in particolare Silvestro Lega, Telemaco Signorini e Giovanni Fattori, recandosi con loro a dipingere in campagna.
Presto abbandonò la “pittura manierata” di  matrice romantica propria a Markò per seguire gli esiti dell’analisi del vero su un tema quotidiano reso con la compostezza formale della pittura di Lega del periodo di Piagentina.
Adolfo si sposò nel febbraio del 1877 e aprì la residenza di campagna, la cosiddetta Casaccia, ad artisti e letterati, quella dimensione rurale offriva un contesto sociale relativamente informale e l’occasione di esercitarsi sul vero: se ne giovò particolarmente Lega, che si trasferì alla Casaccia nel 1882 come insegnante di pittura per i giovani Angiolo e Ludovico.
La natura del contado fiorentino e il raffinato ma accogliente ambiente culturale furono l’humus ideale per maestro e allievi.
La pittura sintetica di un dipinto come Lavandaie (1883) testimonia la vicinanza di Adolfo a Lega, in sintonia con l’evoluzione abbreviata che la pennellata del maestro subiva in questi anni.
Protagonista della vita delle due città toscane culturalmente più attive, Tommasi a Livorno frequentò il Circolo filologico e a Firenze si associò al Circolo artistico insieme ai cugini e a Lega, a pittori macchiaioli e accademici, ad artisti stranieri residenti a Firenze come Arnold Böcklin, al cui influsso il giovane certamente non fu immune.
Vero e proprio manifesto verista per la descrizione minuta di un campo di cavoli esposto al gelo invernale e proposto senza filtri sul primissimo piano di un ardito scorcio prospettico,
Dopo la brina fu esposto alla Società Promotrice di Torino del 1880, scatenando un acceso dibattito presso critici e artisti.
Temi di vita quotidiana restituiti con esattezza ma senza virtuosismi, proiettati sovente sul primissimo piano o, al contrario, proposti in una costruzione spaziale ampia che supera i limiti della cornice, caratterizzano la pittura di Tommasi.
Il pittore condusse sempre una meticolosa ricerca del colore locale attraverso dettagli di paesaggio e costume, nonché attraverso la definizione dell’esatto momento atmosferico e stagionale.
Interessato a temi letterari frequentò lord Byron a La Spezia.
All’Esposizione della Società Promotrice di belle arti di Torino del 1884 Il fischio del vapore  fu acquistato dal Governo italiano.

Il fischio del vapore

Del 1884 è Idillio, visione campestre condotta su una partitura spaziale ben calibrata, ma con una pennellata morbida che asseconda il tono sentimentale del dipinto, in consonanza con le “poetiche atmosfere” di Lega a Piagentina.
Nel 1885 la prima mostra personale di Tommasi al Casino S. Marco di Livorno, organizzata con il sostegno del banchiere tedesco Rodolfo Schwartze, ebbe notevole successo e indusse il pittore, con i cugini e gli artisti del Circolo filologico, ad allestire nel 1886 l’Esposizione nazionale di Livorno con l’intento di valorizzare le singole scuole regionali.
Nel 1887, in una rara parentesi produttiva fuori dai confini regionali alla ricerca di nuovi scenari luminosi, Tommasi si recò alla Spezia, località dove sarebbe tornato a soggiornare e dipingere negli anni a venire.

Case liguri
Liguria

Tra anni Ottanta e primi Novanta a Firenze strinse amicizia in particolare con Plinio Nomellini, con cui condivideva le sperimentazioni sulla resa della luce, come testimoniano Case di paese con girasoli (1887-88) e Giornata piovosa (1890 circa): studi condotti in linea con le novità impressioniste riportate dal pittore Alfredo Müller.
“La mia seconda maniera fu quando tentai la luce che poi trovai specialmente per mezzo della pittura a pastello che fu la mia terza maniera. Di essa fanno parte l’esposizione di Pisa, Milano Internazionale del 1906 […]”

Marina
Mareggiata

Tra le opere su commissione, ricordiamo gli affreschi della cappella funeraria per Enrico Banti nel cimitero di Livorno, suo giovane allievo morto prematuramente (1890); a partire da questo anno e fino a fine carriera l’artista fu in contatto con l’ambiente lombardo, attraverso pittori come Carlo Pollonera e Bartolomeo Bezzi, esponendo regolarmente alla Triennale di Milano.

La primavera

Partecipò nel 1893 al Concorso della Società di belle arti di Firenze con La primavera, una delle più riuscite espressioni della vena pascoliana di Tommasi, in cui, su grandi dimensioni, l’attenzione al dettaglio naturale si combina con una composizione capace di attrarre l’osservatore nella scena stessa, stimolando quell’empatia tra stato d’animo e dato naturale.
Dello stesso segno appare Giornata invernale (1890) in cui l’imminente cambiamento atmosferico si carica di un senso di presagio che ha forti consonanze con la poetica pascoliana.
Nel 1895 espose a Venezia Il canto della sfoglia e nel 1896 partecipò alla fiorentina Mostra dell’arte e dei fiori con Prime note, dal vivace cromatismo, e Calambrone, dal “moderato simbolismo” e dalla “pennellata larga”.

Il canto della sfoglia
Maddalena penitente

Nel 1897 vinse il concorso per l’insegnamento all’Accademia navale e si trasferì a Livorno
Esito di alcuni tentativi condotti negli anni precedenti sul tema sacro, è una Maddalena penitente quadro presentato all’Esposizione d’arte sacra a Torino nel 1898, suscitando un vivace dibattito critico e l’attenzione della Maison Goupil di Parigi, che ne trasse una stampa in grandi dimensioni.
Nel 1902 illustrò Tra i pirati del Rif, avventure marinaresche di Guido Menasci, una delle voci autorevoli della cultura simbolista toscana.

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