Milano 1912 – Pollença (Spagna) 2000
Aligi Sassu pittore scultore e ceramista che ha operato in Liguria
Aligi Sassu in compagnia del padre, appassionato di pittura e amico di Carlo Carrà, iniziò precocemente a visitare esposizioni di pittura, tra le quali, nel 1919, la Grande esposizione nazionale futurista, curata da Filippo Tommaso Marinetti, presso la galleria Centrale di Milano.
Parallelamente alla frequentazione dei corsi serali di Brera, nel 1926 Sassu fu introdotto alla decorazione murale come aiutante di bottega.
Dodicenne, acquistò il suo primo libro, Pittura scultura futuriste (dinamismo plastico) (1914) di Umberto Boccioni, entusiasmandosi alla lettura di testi futuristi.
Con l’amico Bruno Munari, Sassu si recò a incontrare Marinetti, portando con sé un album di disegni ispirati a Mafarka il futurista romanzo marinettiano erotico e visionario.
Gli appunti grafici del giovane tradivano la suggestione per il tocco diviso di Gaetano Previati, artista amato dai futuristi e che Sassu aveva potuto ammirare.
A seguito dell’incontro, Marinetti indicò in Sassu e Munari due giovani promesse dell’arte italiana e invitò Sassu, nel 1928, alla Biennale di Venezia, nella sala futurista, con due opere (Nudo plastico e Uomo che si abbevera alla sorgente).


L’arciere
Nello stesso anno Sassu e Munari firmarono il manifesto Dinamismo e riforma muscolare, rimasto inedito fino al 1977.
Nel 1929 il giovane s’iscrisse all’Accademia di Brera, dove conobbe altri artisti, fra i quali Fontana.
La sua prima mostra milanese importante ebbe luogo nel 1930 alla Galleria Milano diretta da Barbaroux.
Del 1934 è il primo viaggio a Parigi, dove il giovane studiò nei musei la pittura dell’Ottocento francese e in particolare di Eugène Delacroix, amato per la pennellata vibrante e passionale.
L’interesse di Sassu per la ceramica risale ai secondi anni ’30, quando conosce le officine di Albisola di Tullio Mazzotti e il gruppo di artisti, tra i quali Farfa, che vi gravitano intorno.
Già di quel periodo sono i suoi primi esperimenti con questa tecnica.
In quegli anni maturò, alle spalle aveva il frutto di una ricerca concentrata su un doppio registro iconografico: da una parte le periferie urbane, i soggetti moderni e sportivi, i caffè e i quadri politici; dall’altra gli Uomini rossi, il linguaggio figurativo parimenti miscelava il colorismo della grande pittura da museo, tra barocco e romanticismo, con inflessioni espressioniste e ricordi dell’archeologia novecentista: il gruppo e lo spirito di Corrente ne furono, alla fine del decennio, il naturale approdo.
Nacque nel 1944 il gran quadro I martiri di Piazzale Loreto, dipinto di getto, sotto l’effetto emotivo di un eccidio di partigiani avvenuto a Milano, l’opera venne presentata alla Biennale veneziana del 1954, e quindi acquistata da Giulio Carlo Argan per la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma.
Gli anni del dopoguerra di Sassu furono, come per tanti, segnati dal coinvolgimento emotivo e dal bisogno di raccontare, in opere presentate alla Biennale internazionale di Venezia nelle edizioni 1948, 1952, 1954, e quindi alla Quadriennale nazionale di Roma del 1959-60.
Ritorna nel 1958 ad Albisola, da sempre uno dei centri più importanti e di tradizione nel panorama della ceramica d’arte in Europa ed anche luogo d’incontro di numerosi poeti fra cui Tullio Mazzotti, Salvatore Quasimodo, Enzo Fabiani; scrittori quali Mario De Micheli e Milena Milani, artisti italiani e stranieri fra cui Lucio Fontana, Enrico Baj, Luigi Broggini, Giuseppe Capogrossi, Roberto Crippa, Agenore Fabbri, Salvatore Fancello, Emilio Scanavino, Karel Appel, Corneille, Asger Jorn, Wilfredo Lam.
Nel clima mitteleuropeo di quegli anni nascono le ceramiche di Sassu della collezione Paglione che rivelano l’operosità del Maestro nell’ambito di questo settore; un lavoro senza soluzione di continuità, dove Sassu coniuga indistintamente la serialità di certe soluzioni “produttive” – i servizi da tavola e le serie di piatti in terraglia dipinti in policromia – e le opere uniche, grandi piatti o sculture in maiolica o terracotta.
Il lavoro e le influenze di un importante centro della ceramica del Novecento come è stata Albisola Marina, dove acquista una casa, sono testimoniate da opere di grande valore artistico come il Cavallino marino (1939) e il servizio da tavola I cavalli del mare in blu “Vecchia Savona” del 1949, realizzati entrambi nella manifattura Ceramica Mazzotti del futurista Tullio d’Albisola.
Nei lavori ceramici Sassu trasferiva il proprio mondo pittorico: cavalli, cavalieri, scene di caffè, come nel ciclo di opere ispirato alla novella di Guy de Maupassant La Maison Tellier.






Attento ai problemi tecnici, l’artista studiò smalti e nuove emulsioni, per esaltare gli effetti materici del colore.
Per Albissola, Sassu concepì in quegli anni la celebre Passeggiata degli artisti, inaugurata nel 1963: un tappeto di oltre settecento metri di tessere di pasta vetrosa firmata da venti artisti, fra liguri e di passaggio, da Sassu a Fabbri, da Lucio Fontana a Giuseppe Capogrossi, che qui lasciarono il segno tangibile del loro passaggio.
Al pannello di Sassu, I cavalli del sole, venne riservata una collocazione speciale in piazza del Popolo, meta degli incontri degli artisti della comunità albissolese.
Nel 1963 la scoperta della Spagna, portarono un riaccendersi di potenza evocativa, espresso da una tavolozza schiarita, accesa, vibrante, di cui scrive Dino Buzzati (1965): “Per Aligi Sassu la nuova giovinezza si chiama Palma di Maiorca: un sole terribile e speciale, colori terribili e speciali (non dissimili dalla sua patria Sardegna), chiese fiammeggianti nel delirio meridiano, corride, tori, toreri, tori, tori, toreri, vino, sangue, febbre, morte.
Come se avesse subito una trasfusione di sangue violento e rigoglioso” Nacquero le Tauromachie, i paesaggi, i miti dell’isola, rivisitati con la tecnica dell’acrilico, che permetteva colori più vivi e luminosi, come quelli di Maiorca.
La Galleria d’arte moderna del Vaticano, appena inaugurata, gli dedicò una sala, dove furono esposte, tra le altre opere, la grande Deposizione del 1943 e l’affresco Il mito del Mediterraneo.
Con mosaici e affreschi, proseguiva l’impegno fervido per un’arte monumentale, che trovò il suo momento più alto nel 1993, con la realizzazione del murale in ceramica di centocinquanta metri quadrati, intitolato I miti del Mediterraneo, per la sede del Parlamento europeo a Bruxelles.
Nel 1996 Sassu dispose la donazione alla città di Lugano di 362 opere realizzate dal 1927 al 1996: nasceva la Fondazione Aligi Sassu.
Nel luglio del 1999, per il suo ottantasettesimo compleanno, s’inaugurò l’antologica in palazzo Strozzi a Firenze, nello stesso anno in cui l’artista pubblicava l’autobiografia Un grido di colore.
























































Galleria








