Torino 1934 – 1991

Sergio Saroni pittore che ha operato in Liguria

Sergio Saroni studia al Liceo Artistico e all’Accademia Albertina di Belle Arti, dove è allievo di Enrico Paulucci.
Nel  1953 collabora alla rivista «Orsa Minore» fondata, tra gli altri, da Nino Aimone, Francesco Casorati, Mauro Chessa e Francesco Tabusso.
E’ documentata la sua partecipazione alle Promotrici di Belle Arti di Torino.
Partecipa al VI Premio di pittura Golfo de La Spezia con Il verde in fondo alla radura (1954).
Nel 1955 vince il Premio decennale della Resistenza di Biella con il disegno Vedette (1955) e partecipa alla CXII quadriennale Premio Pittura Città di Torino a Palazzo Chiablese, è invitato a partecipare con tre dipinti alla IV mostra Pittori d’oggi Francia-Italia e vince un premio-acquisto con La casa dietro l’albero al VII Premio La Spezia.

Partecipa al IX Premio Michetti, Francavilla a Mare, con Ampia radura sotto la luna (1954) e al Premio di Pittura Città di Viterbo con L’albero piegato dal vento (1955).
Nel 1956 Partecipa alla XXVIII Biennale di Venezia con Le agavi sotto il sole (1955), Notturno d’estate n. 2 (1956) e La notte dei gelsi (1956) e vince il Premio-acquisto Spoleto con Rive notturne.
Vince il Premio Marco Avondo quale migliore allievo del corso di pittura nell’anno scolastico 1955-1956 presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
Espone in una collettiva presso la galleria San Matteo di Genova presentato da Enrico Paulucci che lo introduce nell’ambiente artistico ligure.
Nel 1957 esordio all’estero nella collettiva Sechs Mäler aus Turin und Mailand presso la galleria Kunst der Gegenwart di Salisburgo, con Agavi (1955), Natura morta (1955), Ricordo di Rovescala (1956), Vescovo (1956) e poi partecipa alla collettiva Trends in Watercolors Today presso il Brooklyn Museum of Modern Art di New York.
Nel 1958 è invitato a esporre alla XXIX Biennale di Venezia con Natura morta (1958), San Bartolomeo al Mare (1958), Le allegorie del cuore n. 5 (1958).
Realizza alcune copertine per la casa editrice Loescher di Torino.
Partecipa alla III Biennale di Incisione di Venezia del 1959 e alla II Biennale Internazionale per la Pittura e la Scultura Italia-Yugoslavia  e alla V Biennale di San Paolo del Brasile con sei opere.
Nello stesso anno è presente alla CXIII Quadriennale alla Promotrice delle Belle Arti di Torino.
All’edizione 1960 della XIV edizione del Premio Michetti di Francavilla al Mare vince il primo premio e il Moma di New York acquista dalla Kootz Gallery il quadro vincitore.

E’ vincitore del primo premio ex aequo con Animale morto all’ XI Mostra Internazionale di Pittura Golfo de La Spezia edizione del 1961 e vince il premio-acquisto Autostrada del Sole, organizzato dalla Quadriennale di Roma, con Paesaggio appenninico.
Partecipa alla XXXI Biennale di Venezia con Figura diafana (1962), Animale morto (1961-62), Paesaggio (1962) e Figura in un interno (1962).
Partecipa nel 1963 al XII Premio La Spezia: Forma (1962), Studio (1963), Signa crucis I (1963), Signa crucis II (1963), Studio per farfalla.

Sergio Saroni nel 1964 partecipa al Premio Bordighera con La croce di Sant’Andrea (1963);  espone nella collettiva Dieci anni di giovane pittura in Piemonte presso la galleria Narciso di Torino, con tre opere tra cui Sulla spiaggia. Cervo (1964).
Partecipa alla IX Quadriennale d’arte di Roma e vince un premio-acquisto alla VI Biennale dell’Incisione Italiana Contemporanea di Venezia con L’uccello morto.

Nel 1967 vince il I premio al V Premio Soragna per l’Incisione con Natura morta con uccello appeso e l’anno dopo è prsente alla II Biennale Internazionale dell’Incisione di Cracovia con Natura morta (1967) e Uomo con cane (1967). Vince il II premio alla VII Biennale Internazionale di Venezia per l’Incisione.
Nel 1972 Partecipa alla II Triennale dell’Incisione di Milano e nel 1973 all’XI Premio Biella per l’Incisione.
Nel 1978 diventa direttore dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino,.
Partecipa alla V Triennale dell’Incisione di Milano edizione 1986.
Nel 1991 espone nella collettiva Grafica d’autore sulla Resistenza e la Deportazione italiane, 1943-1945, presso il Musée du Bastion St. André ad Antibes.
L’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, la Regione Piemonte e la Città di Torino nel 1996 dedicano a Saroni la prima grande retrospettiva.
Nel 2006 mostra personale Saroni. L’ossessione del vero presso Casa Felicita di Cavatore e pubblicazione del catalogo generale dell’opera incisa
Nel 2009 cura di Daniela Lauria e Alfonso Sista viene pubblicato  “Storie di pittura piemontese del Novecento in Liguria” che delinea il periodo ligure del pittore, opere: Via Romana a Cervo (1975-1980), Il vigneto ligure (1985), Orto e vigneto (1985), Cervo agosto (1975).
Ma il rapporto di Saroni con la realtà non è né facile né scontato.
All’inizio anch’egli soggiace al travaglio generazionale che – sull’onda dell’esistenzialismo e del pragmatismo – porta l’arte a divorziare dalla ragione, a tagliare i ponti con la realtà, cercando in se stessa – nella sua materia, nei suoi segni, negli esempi di non lontane e pur superate stagioni avanguardistiche – i propri referenti. La crisi del linguaggio diventa il linguaggio della crisi. L’impressionismo, privato di ogni cordialità comunicativa, si coniuga con l’espressionismo più violento, disarticolando le forme, destrutturando la sintassi figurativa, spogliando i tradizionali mezzi di espressione di ogni implicito valore semantico.
Gesti, macchie, segni, impuntature e sottolineature grafiche si affrancano da ogni vincolo estrinseco.
La realtà è ormai avvertita come mero limite esistenziale, irredimibile, irrappresentabile.
E l’arte cessa di essere specchio – sia pure alienato e infedele – della vita per farsi vita essa stessa e gridarne l’insensatezza, il vuoto, l’assurdità.
Saroni aderisce dunque, nella sua prima stagione, all’informale, come testimoniano alcune prove grafiche degli Anni Cinquanta, per lo più Senza titolo, dove la violenza del segno non oblitera però del tutto i residui naturalistici o antropomorfici, che affiorano, ora come scampoli onirici, ora come tracce mnestiche, nell’esasperato e talora ironico sbizzarrirsi degli inchiostri e dei colori.
Per questo la critica ha parlato di “informale naturalistico”.

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