Lavagna (GE) 1916 – Chiavari (GE) 1999
Bartolomeo Sanguineti pittore ligure
Bartolomeo Sanguineti si avvia alle discipline artistiche negli anni trenta come autodidatta.
Nel 1933 Umberto Lilloni, che soggiornava e lavorava spesso in Riviera, notò il giovane lungo l’Entella, e un giorno gentilmente intavolò un colloquio: conosciuta pertanto la sua situazione, gli dichiarò, senza mezzi termini, che il talento non gli mancava, ma che il successo era molto problematico, per una ragione ineluttabile: la mancanza di un supporto economico.
Più significativo e più proficuo fu invece l’incontro con Lino Perissinotti: che dipingeva secondo la lezione di “Novecento” e persona di enorme finezza e generosità.
Egli prese a cuore le sorti del giovane “collega” e, dopo alcuni incontri sulle solite rive dell’Entella, lo invitò nel proprio studio, per esaminare alcuni suoi dipinti.
Ne apprezzò la poesia, e le possibilità dell’autore, ma osservò che, per arrivare alla pittura autentica, bisognava rifarsi al principio.
Studiò con interesse Picasso, Braque, Juan Gris, Morandi, Cézanne, per non dire di Monet e Bonnard, ammirati per sempre quasi con venerazione.
È ancora da aggiungere che dei maestri contemporanei nessuno gli fu “estraneo” perché abituato a considerare molto più le ragioni dell’opera che l’estrinseca rappresentazione.
Nacquero così esperienze morandiane, post cubiste, astratte, immateriche, assai interessanti, che attrassero l’attenzione di Sandro Cherchi, con l’invito a tenere una mostra a Genova
Negli anni cinquanta e sessanta si legò di amicizia con gli artisti che operavano a Chiavari: Alberto Salietti, Emanuele Rambaldi, il già ricordato Lino Perissinotti, Guglielmo Bianchi, lavagnese come lui: pittori; Francesco Falcone, Piero Solari, Rodolfo Castagnino: scultori; inoltre il critico Enotrio Mastrolonardo, con cui intrattenne assidua corrispondenza quando l’amico si trasferì a Milano.
Tali frequentazioni lo arricchirono artisticamente e culturalmente.
Molto singolare fu, nel 1952, l’incontro con Pier Luigi Lavagnino, giovane allievo del Liceo Artistico “N. Barabino” di Genova.
A lui lo unirono presto un affetto da fratello maggiore e un’altra e severa concezione del lavoro del pittore, nonostante il divario di età, il destino volle quasi accomunarli nella morte, avvenuta per entrambi nel 1999.
Sempre negli anni ’60, una profonda crisi personale lo porterà a ritirarsi momentaneamente dalla scena artistica per dedicarsi ad un percorso interiore che lo metterà a confronto con i valori della spiritualità cristiana.
Tornando agli anni cinquanta: Sanguineti lavorava, studiava, seguendo le grandi mostre di Milano, Torino, Venezia, sempre assillato dal dilemma se abbandonare o no l’artigianato e porsi come impegno assoluto la pittura.
In vero l’attività artistica gli aveva dato parecchie soddisfazioni, portandolo nel vivace ambiente milanese, dove era venuto a contatto con personalità dell’arte della critica, quali il pittore “concretista” G. Monnet, Luciano Anceschi, Domenico Cantatore, Enrico Paulucci, l’amico Bruno Cassinari solo per citarne alcuni.
Da questo periodo di crisi Sanguineti uscirà con rinnovata energia ritornando ad una pittura apparentemente più classica, rivolta principalmente a temi naturalistici e caratterizzata da un suo personale linguaggio, una colta impostazione ed una ricca tavolozza, raggiungendo risultati di grande forza ed intensità.
Bartolomeo Sanguineti fu spesso promotore di iniziative volte soprattutto all’incoraggiamento di giovani speranze.
Di grande importanza sarà la “Mostra d’arte contemporanea” del 1953, di cui fu animatore con Enotrio Mastrolonardo, nonché segretario responsabile, compito non lieve dato il numero e la fama degli artisti presenti: Tosi, Sironi, De Pisis, Morandi, Soldati, Campigli, Messina e altri.
Bartolomeo Sanguineti nel 1954 realizzò nel Palazzo delle Scuole Pie la “Mostra internazionale del bianco e nero” dove figuravano opere di Picasso, Modigliani, Severini, per citare solo i più noti.
Ha tenuto mostre personali nel 1947 alla “Galleria Genova e l’Isola” di Genova; nel 1962 alla Galleria “Il Tigullio” di Rapallo; nel 1966, nel 1967 e nel 1969 alla Galleria “Villa Ravenna” di Chiavari; nel novembre 1967 alla Galleria “La Trozzella” di Avezzano; nel 1970 alla Galleria “Sirrah” di Imola e alla Galleria “Sant’Andrea” di Savona; nel maggio 1972 alla Galleria “La Rupinaro” di Chiavari; in aprile-maggio 1975 alla Galleria “La Rupinaro” di Chiavari e nel novembre dello stesso anno presso il Centro d’Arte e Cultura “Liguria” di Genova.
Presente alla “Prima mostra del cambio” nel 1949 a Chiavari; alla “Seconda Biennale d’Arte di porta Venezia” nel 1949 Milano; alla “Prima mostra interregionale del disegno” alla Galleria Rotta di Genova (Premio-acquisto); invitato alla “Prima Rassegna storica dell’astrattismo italiano” alla Galleria Bompiani di Milano e alla Mostra nazionale “La Piazzetta” di Rapallo (1961); invitato alla rassegna d’arte sacra tenutasi presso la “Galleria della pittura toscana” a Livorno (1967). Primo premio assoluto alla terza edizione del Premio “Vegia Zena” (1972) accompagnato da un premio-acquisto del Comune di Genova: il quadro venne collocato nella Galleria d’Arte Moderna a Nervi.
Nel 1987 gli sarà assegnato il premio “Turio-Copello” dalla Società Economica di Chiavari.
Nel 2019 a Chiavari presso Palazzo Rocca si è tenuta la più importante mostra retrospettiva organizzata, curata e prodotta dall’Associazione Tecnica Mista col Patrocinio del Comune di Chiavari, in occasione dell’anniversario dei vent’anni dalla scomparsa dell’artista.
In mostra sessantasei opere del maestro dagli esordi fino agli ultimi anni della sua produzione artistica, provenienti dalle collezioni degli eredi e da privati.