Roma 1914 – Milano 1989
Walter Lazzaro pittore che ha operato in Liguria
Walter Lazzaro era il figlio di un insegnante di disegno ed era conosciuto sino in America per aver realizzato, con l’aiuto del padre, numerose opere di arte sacra.
Nella capitale frequenta il Liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti, vincendo una borsa di studio governativa.
È premiato dalla Reale Accademia d’Italia e dalla XXIII Biennale di Venezia.
Le radici della sua ricerca, infatti, sono saldamente piantate nella pittura del secondo Ottocento grazie alla lezione di suo padre Ermilio: una scuola di toni e di pittura di tocco, fatta di impasti densi ma non per appagamento materico, quanto per dare corpo agli effetti di tono, di luce e alle cromie soffuse della campagna.
Lo stile, appunto, è ottocentesco: quello stile su cui si è costruita l’immagine dell’Italia, dopo l’unità nazionale, come paese assolato e romanticamente popolato dalle vestigia dell’antichità e cresciuto nel mito del Rinascimento.
Per qualche tempo si dedica al teatro e al cinema, interpretando il ruolo di Raffaello nel film “La Fornarina”.
Nel 1942 alla Mostra degli artisti italiani in armi al Palazzo delle Esposizioni di Roma, dove propone la grande tela Pattuglia, che arriva agli onori della riproduzione a stampa, grazie al suo acquisto da parte del re per “dare un attestato di gradimento allo Stato Maggiore del Regio Esercito”.
Durante il servizio al fronte, tuttavia, non inibisce la sua attività artistica, al contrario, egli porta avanti in parallelo sia l’attività pittorica, anche grazie all’incarico di pittore di guerra, nel 1943 viene catturato in Albania e tenuto in un campo di prigionia tedesco in Polonia, qui realizza piccoli oli su cartone, talvolta bozzettistici, con scene di vita del campo e delle baracche, ascrivibili ai modi della pittura di genere e imparentabili con analoghe esperienze di guerra e prigionia, come un vero e proprio diario a futura memoria.
Da questo momento in poi, la figura scompare quasi completamente dalla pittura di Lazzaro, come se l’uomo, dopo tante efferatezze, non fosse più degno di entrare nel novero dei temi della pittura.
La prima mostra personale di Lazzaro in tempo di guerra, a Tirana nell’agosto 1943, doveva offrire un’immagine dell’artista diversa rispetto alla sua presenza in Biennale: come a Palazzo Torlonia, realizza una mostra solo di paesaggi (una quindicina79), con ricordi di pittura di tocco che portano il critico Nino Murrica, nella prefazione al piccolo catalogo della mostra, ad accostarlo ad Armando Spadini e all’impressionismo francese, “nei confronti dei quali il nostro artista che pure con essi dimostra evidenti affinità, non è certo in posizione di dipendenza essendo il suo per così dire spadinismo e i suoi effetti di plen air databili in lui fin dalle sue primissime opere”.
Walter Lazzaro nel 1958 fonda il “Movimento Poeti-Pittori” che raccoglie molte adesioni tra i maggiori artisti del momento, teorizzando l’importanza di un linguaggio artistico chiaro e semplice.
La sua pittura si avvia nell’ambito della Scuola Romana giungendo poi alla poetica dei suoi “Silenzi”, non a caso Lionello Venturi lo ha definito “il metafisico pittore del silenzio”.
La sua peculiare iconografia è fatta di deserte spiagge con solitarie barche, ombrelloni e sdraio, cabine a strisce bianche e blu, immersi in una metafisica attesa in cui, come disse De Chirico delle sue opere “si sente la sottile presenza di questa vita che tace, di questa vita silente; che tace, ma che con il suo silenzio dice tante cose che, comunemente, non si possono udire”
È perito d’arte al Tribunale di Roma e insegna Pittura a Roma, Carrara, Bologna, Milano-Brera e fonda il Liceo artistico di Novara.
Con Carrà, Funi, Guidi, Ordavo e Pieraccini, dà vita alla Settimana d’arte della Versilia (poi denominata Marguttiana), rassegna ancora oggi in voga.
Nel 1980 è insignito del titolo di Cavaliere per meriti artistici e dell’onorificenza di Ufficiale al Merito della Repubblica, restituisce tuttavia quest’ultimo riconoscimento, non potendo proseguire l’insegnamento per superati limiti di età.
Protagonista delle sue opere è il mare e le spiagge della Versilia e della Liguria (Rapallo, Bocca di Magra): ombrelloni, sdraio, capanni e barche sono le testimonianze di una umanità assente, di una vita, appunto, silente.
Le coste liguri sono state protagoniste delle sue opere sin dal 1949, per il concorso di pittura “Golfo della Spezia”, In particolare, a Rapallo Lazzaro realizzò, nel 1958, uno dei suoi quadri più celebri, ovvero Barca e pini a Rapallo.
Ecco allora che quella ricerca del dipinto spoglio, della veduta minimale e solitaria assume un senso diverso all’interno del suo percorso: quell’aspetto accattivante, apparentemente non problematico, è in realtà una scorza dura sotto cui celare, o trattenere, il proprio tormento interiore: non si sale verso vette spirituali, ma si getta sulle cose uno sguardo che ne colga l’intima poeticità.
La ripetizione e modulazione quasi ossessiva di temi e motivi, da questo punto di vista, può diventare anche una ossessione poetica delle varianti: in fondo sono gli anni in cui, accanto alle questioni fenomenologiche dell’opera moltiplicata, si affermano gli studi sulla filologia d’autore.
Walter Lazzaro ha raggiunto la sua piena maturità, ha definito le proprie iconografie e messo a punto uno stile che resterà pressoché invariato nei decenni successivi.
Coerentemente con l’idea di una pittura “poetica”, ovviamente, egli era ben cosciente di dover puntare soprattutto sul versante emotivo, lo scrive in occasione della mostra alla Galleria Bolzani, nel 1964, in Omaggio ai miei critici di allora (1928-1938): “Vorrei che dalla mia pittura gli altri potessero sentire un poco dell’incanto che è in me allorché ascolto i silenzi della terra e cerco di scoprire attraverso uno o pochi elementi la voce dell’eterno e lo spirito delle cose”.