Genova 1909 – 1986
Riccardo Gardella pittore ligure
Riccardo Gardella frequenta l’Istituto Professionale e successivamente i corsi dell’Accademia Ligustica di Belle Arti.
Partecipa alla Resistenza nel Corpo Volontari della libertà.
Nel 1948 viene assunto dal Comune di Genova come decoratore nel 1946 partecipa alla mostra del gruppo “La Casana” di cui fanno parte Borella, Scanavino, Ciucci e Navone.
Risale al 1950 la sua prima mostra personale alla Caffè Venchi si Piazza Fontane Marose a Genova.
Partecipa alle Mostre Sindacali dal 1945 al 1952 e alla Mostra Regionale d’Arte Contemporanea al Teatro del Falcone nel 1956.
Il Centro Civico Buranello ha organizzato la prima mostra postuma nel 1954 a cui ha fatto seguito nel 2004 la retrospettiva alla Biblioteca Cervetto.
Tra il movimento neorealista e la pittura astratta degli anni ’50 il vissuto di alcuni artisti si è espresso attraverso immagini che hanno tenuto conto della lezione cezaniana che dagli schemi compositivi del ‘900 espressi in Liguria da Alberto Salietti e Lino Perisinotti.
Proprio di quest’ultimo è stata trovata nello studio di Gardella una piccola monografia intrisa di colore, segno della consultazione di quel modo di fare pittura.
Riccardo Gardella fu allievo di Giacomo Picollo.
In occasione della sua prima personale del 1950, allestita al Caffè Venchi di piazza Fontane Marose, noto centro di avanzate proposizioni, Alberto Alberti, nella rivista del Comune di Genova, decifra acutamente il suo linguaggio pittorico: “Il suo colore sulla tela è strettamente coerente ad un compito prefisso che è la costruzione del quadro.
La sua tela è piena e composta. Il colore vi è posto con irrevocabile decisione, si ha l’impressione guardando un suo dipinto, che prima di nascere, tutti i colori fossero già vivi, ognuno nel suo spazio ideale, nella mente dell’artista, irrevocabilmente.
Ogni tono richiama un tono, i volumi sono delimitati, costruiti con una maniera pittorica fatta di dosature più intuiti che voluti, che si accordano per virtù e per magia di colore e, quel che più conta, concorrono tutti all’architettura severissima del quadro”.