Milano 1898 – Desio (MI) 1952

Angelo Del Bon pittore che ha operato in Liguria

Angelo Del Bon contro la volontà paterna si iscrisse giovanissimo all’accademia di Brera, ove ebbe come maestro Antonio Ambrogio Alciati, diplomandosi nel 1922.
Nel 1923 iniziò la sua carriera artistica condividendo lo studio di Piazzale Asso con Umberto Lilloni che in seguito lo ospiterà più volte nella sua casa a Sestri Levante e gli farà conoscere la Liguria.

Lavagna, 1933

Lo stile dell’Alciati, ispirato ai modi della pittura romantica lombarda, condizionò le sue prime opere, come si nota anche nella serie di ritratti femminili eseguiti tra il 1920 ed il ’26 (Ritratto della sorella Anita del 1923).
Il debutto fu a Monza, nel 1924, alla mostra del ritratto femminile contemporaneo, ove espose il Ritratto della sorella Pina; nel 1928 partecipò alla I Mostra del Sindacati Artistici Milanesi.
Fino al 1929 il suo stile non ebbe mutamenti particolari: prediligendo i colori cupi e terrosi poi grazie agli esempi di E. Gola e di A. Tosi, seppe, seppur marginalmente, riscattare il suo “stile scuro” introducendo un luminismo appena accennato, che solo qualche anno dopo mutò in pittura più vibrante e atmosferica.
Nel 1929 partecipò alla seconda mostra del Novecento italiano, ma del Movimento rifiutò soprattutto l’impostazione e la struttura statica del quadro, volendo piuttosto risolvere autonomamente “la forma in superficie e immediatamente in colore” complice anche l’eredità della tradizione lombarda, soprattutto di Cremona, lo fece allontanare dalla pesantezza di Novecento, ricercando tinte più lievi e atmosferiche.
Attraverso la figura di Edoardo Persico Dal Bon conobbe la vibrazione atmosferica di Bonnard, al quale “guardò poi sempre con grande ammirazione”.
L’interesse più generale per il postimpressionismo spostò l’attenzione dai problemi della forma a quelli del colore ed egli abbandonò, quasi conseguentemente, il cupo cromatismo accademico che aveva caratterizzato gran parte delle sue opere precedenti riformulando una propria teoria del colore giungendo ad una definizione essenzialmente cromatica del quadro come Periferia milanese “dove abolito ogni residuo chiaroscurale, il colore viene inteso come “unico fattore determinante della forma” (Cantatore, 1954).
Nel 1929 si trasferì nello studio degli artisti di Via Solferino e diede vita con gli amici Umberto Lilloni, Francesco De Rocchi, Adriano Spilimbergo, Cristoforo De Amicis e la presenza del critico Edoardo Persico ad una nuova esperienza pittorica definita “Chiarismo” frequentando anche il gruppo artistico del Cafè Mokador .
Dal 1930, alla Biennale di Venezia, iniziò il dialogo con la natura e la descrizione nitida del paesaggio lombardo, puntando a una definizione più chiara e luminosa dello spazio circostante.
Ma la matrice del “chiarismo” si nota maggiormente nei nudi femminili: Nudo di giovanetta di impianto bonnardiano soprattutto per la particolare costruzione luminosa della figura.
Nel 1931 è all’Esposizione internazionale di Monaco di Baviera con il quadro Nevicata .
A partire dal 1932, giunse a un azzeramento totale dei valori di superficie, introducendo ampi squarci di bianco, creando tele che Giulia Veronesi definì nel 1943 di una “assolutezza metafisica”, come Natura morta peperoni  e Biancospino fondo marrone.
Nel 1933 lavorò applicando sulla tela un consistente strato di bianco di zinco, procedendo successivamente con impasti di colore puro e raschiature che lasciano emergere la preparazione dal fondo ottenendo opere di una chiarezza e luminosità assolute, accentuate dall’uso di tinte pastello, che dal 1933 in poi caratterizzeranno i suoi quadri: ad esempio Lo schermidore del 1934 dipinto unicamente con rosa, azzurro e bianco.

Lo schermitore, 1934

Nel 1934 ottenne sempre a Milano il prestigioso “Premio Principe Umberto”.
Dal 1935 insegnò figura al liceo artistico di Brera e nel 1937 vinse il premio “Lecco”, nel 1940 diede in esclusiva tutta la sua produzione alla galleria Annunciata.
Partecipa alle Quadriennali di Roma del 1935 (Marina ligure); del 1939 (Mattino e Paesaggio); nel 1948 (Case).

Fra il 1933 e il 1942  frequentò Castiglione delle Stiviere, ospite dei pittori Oreste Marini ed Ezio Mutti.  
Le permanenze nella zona offrirono nuovi spunti ai suoi paesaggi chiaristi, per la tessitura più complessa degli impasti cromatici.
Nel 1941 ottenne il “Premio Bergamo” alla IV Mostra Bergamo  e nel 1942 a Roma vinse il premio bandito dal ministero per l’Educazione nazionale con il quadro Nevicata e attorno al 1945 riprese il tema dei Nudini, sviluppandolo in infinite versioni.
Nel 1950 partecipò alla Biennale di Venezia e l’anno successivo, in occasione della IX Triennale, eseguì un grande affresco nell’emiciclo del palazzo dell’arte a Milano, oggi distrutto.
Nel 1954 gli fu dedicata una retrospettiva alla Biennale di Venezia alla quale aveva partecipato nel 1928, 1930, 1932, 1938, 1948 e 1950.

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