La Spezia 1922 – Castelnuovo Magra (SP) 2005
Enzo Bartolozzi pittore ligure
Enzo Bartolozzi frequenta le scuole elementari dagli “Evangelisti” e dopo l’avviamento vorrebbe intraprendere la carriera d’artista, ma non ci sono i soldi necessari.
L’arte è considerata un’attività non remunerativa e il ragazzo viene presentato e assunto come apprendista disegnatore, allo Stabilimento Termomeccanica della Spezia, nel contempo frequenta, ancora adolescente , lo studio del pittore Giuseppe Caselli.
Nel 1942 parte militare ma la salute cagionevole e la sua qualità di esperto in progettazione di macchinari lo restituiscono al lavoro civile già durante la guerra.
La sua famiglia vive sfollata a Corniglia, qui trascorre gli ultimi mesi del periodo bellico nel frattempo disegna e dipinge.
Fa esperienza di tecniche pittoriche frequentando i pittori L. Gozzi e N. Navarrini ; con quest’ultimo collabora alla decorazione della chiesa di Nostra Signora della Salute a La Spezia.
Per quanto interessato anche all’espressione pittorica, dal 1956 inizia ad prendere passione per il bianco e nero, soprattutto attraverso il mezzo espressivo dell’incisione, nella quale l’opera dell’artista non si limita alla semplice realizzazione grafica ma interviene in prima persona nella produzione finale del lavoro, operando in un vero laboratorio di stamperia autonomamente attrezzato.
E’ una tecnica nella quale la manualità e la sperimentazione si fondono magistralmente con l’istinto.
Nel 1957 accetta senza indugio una interessante proposta di lavoro alla Worthington di Milano per cogliere l’occasione di frequentare ambienti utili al suo progresso artistico. Milano è una città che lo attrae: si ha modo conoscere artisti e galleristi, critici d’arte e maestri.
C’è la possibilità di frequentare l’Accademia “Cimabue”, e di visitare mostre e musei.
A Milano conosce e frequenta l’incisore Enrico Gaudino, Ernesto Treccani , il critico Raffaele De Grada, incontri che determineranno una profonda mutazione della sua espressività artistica: ” …le opere di questo periodo rappresentano la grande transizione .
La stagione informale di Bartolozzi ha le sue origini proprio allora quando scomparvero le tracce di una rispondenza pigra e asettica al vero e quando il passaggio “dalla realtà naturale alla visione poetica” è avvenuto all’insegna di una nuova architettura dei contenuti e di moduli inediti per orchestrare e suggerire le “impressioni”.
Ogni anno l’artista si concede una vacanza con la famiglia a Bonassola, dove conosce e frequenta Silvano Filippelli, , politico, regista teatrale, critico d’arte, che definisce le sue opere ”scrupolose ed affettuose impressioni in cui la delizia del segno è mitigata dalla severità della ricerca di un effetto di compostezza” .
A Bonassola incontra spesso anche l’amico Mauro Discovolo con il quale nel 1963 espone a Genova al “Centro artistico della Gioventù Italiana “.
L’attività grafica e pittorica procedono incessantemente con una produzione che si distacca sempre più nettamente dalla descrizione figurativa, per liberarsi in segni e coloriture dettati dalla sua prepotente e instancabile manualità.
Il bianco e nero che così profondamente lo attrae si concretizza anche nella produzione di moltissimi disegni a china
La mostra personale del 1968 alla Galleria “Il Brandale” di Savona è introdotta dal pezzo critico di Stelio Rescio: “Un incisore che non ha formule” , dove si legge, tra l’altro: ” La sua forza, intanto, è il sapersi rifiutare a qualsiasi cristallizzazione, per cui non rimane prigioniero di una formula ritornante e reiterata […] caratterizzante in lui è la disposizione, la spinta a un’asciuttezza e concentrazione espressive
che sono segno non solo di maturità, ma di una probità che rifugge da ogni complicità con il “ fruitore” […]”
Diversi anni di lavoro sono dedicati all’acquaforte, per la quale inventa e sperimenta le più disparate tecniche per imprimere nella lastra i suoi “segni”; seguono poi negli anni ’70 – ’80 , le calcografie monotipo, opere ottenute con i procedimenti sperimentati per il bianco e nero , ma prodotte in esemplare unico a colori.
All’inizio degli anni ‘80 si lascia travolgere dagli “strappi”, grandi opere in carta, ottenute da una matrice calcografica da lui stesso creata e quindi lacerata in strisce e ricomposta in un armonioso caos che la sua istintiva capacità di generare equilibrio dall’apparente disordine, rapidamente conclude. Dice l’artista a questo proposito, nell’intervista rilasciata a Marzia Ratti in occasione della Personale alla Palazzina delle Arti in La Spezia “Credo che l’elemento scatenante sia stato uno dei miei soliti colpi di rabbia. Si, il preludio alle Frantumazioni è stata la distruzione di un quadro che avevo preparato per la prima mostra a Castelnuovo. Ho cominciato a strappare, rompere, spezzettare, ma quando ho visto per terra quel bel mucchio di carta colorata ho pensato di non gettarlo via, di farlo rivivere nuovamente.”
Le creazioni che porta sulla carta nascono dal bisogno di liberare una forza interiore irrefrenabile. Può lavorare incessantemente per ore; l’attività è praticamente compulsiva, tanto che arriva a scrivere di suo pugno, sulla parete bianca dello studio, il motto : “faccio, disfaccio, rifaccio” che da solo lascia percepire l’onda travolgente della sua necessità di espressione. E’ il braccio che porta il gesto artistico, con una spontaneità e una libertà creativa che non conoscono limiti.
Il tempo delle rappresentazioni figurative su tela e su carta definitivamente tramonta per lasciare il passo all’invenzione di tecniche sperimentali e, per l’epoca, assolutamente innovative. Gli anni ’90 sono totalmente dedicati alle frantumazioni in striscia, nelle quali ricompone, attraverso brandelli lacerati in carta o tela, forme geometriche dalla percettibilità cangiante, mutevole . Create nell’ambiente cupo e ristretto dello studio d’artista contengono, una volta esposte in grandi spazi, esplosioni di colore inimmaginabili, bisognose di un’attenta osservazione.
Le sue opere vengono esposte a Ostenda (Belgio) presso la Piretti Art Gallerye al Casino Kursaal, a Nottingam (Gran Bretagna) alla Manhattan Gallery e in Germania a rappresentare la sua città natale, La Spezia, in occasione del gemellaggio con la città di Bayreuth nel 2004 .
E’ questo l’ultimo anno in cui riesce a lavorare. Il suo lavoro si concentra nelle “trame colorate”, grafici in unico esemplare a gessetto graffiato, nei quali ancora una volta dà sfogo alla sua inesauribile necessità di esprimersi per mezzo dell’arte.