Genova 1902 – Firenze 1930
Amighetto Amighetti pittore ligure
La sua formazione artistica ha inizio presso l’Accademia Ligustica di Genova, dove frequentale lezioni del pittore Mario Agrifoglio.
Seguì con altrettanto impegno la scuola di Felice Carena a Firenze.
Dal 1924 al 1929 inizia ad esporre alle mostre della Società Promotrice di Belle Arti, a Genova.
Data al 1926 un’importante mostra personale presso la galleria Bardi di Milano; nel 1927, sempre a Milano,espone alla galleria Micheli.
Per lui, seppur giovanissimo, giunge l’ammissione da parte della giuria alla Biennale Veneziana del 1928 e del 1930; in questa occasione riceve l’incoraggiamento da parte della critica più avveduta e sensibile che comprende l’intensità della sua arte, la sua tecnica innovativa e il suo desiderio di modernizzazione.
Foto di gruppo degli artisti alla XVI Esposizione Internazionale d’arte della Città di Venezia del 1928, Amghetti è l’ultimo a destra.
Ne è un esempio il bellissimo dipinto Scena familiare, olio su tela eseguito nel 1926, custodito presso la Galleria d’Arte Moderna di Genova, n° inv. 435, acquistato direttamente dall’autore nel 1926 per Lire 1500.
Esso raffigura la famiglia del pittore, in un contesto domestico assai intimo.
Alla Biennale di Venezia del 1930, presenta il dipinto Donne con il fiore.
Pittore dalla varia soggettistica esegue paesaggi, ritratti, nature morte, raggiungendo però i più alti livelli della sua arte nelle composizioni con figure.
Qui esprime il massimo della vicinanza al movimento pittorico del Novecento italiano, assimilandone in pieno la poetica.
Similitudini con l’arte del Carena (suo maestro a Firenze), col primo Felice Casorati (notevole capacità di sintesi formale) e con la scuola romana.
Questa sua modernità lo porterà a scontrarsi con una parte della critica genovese (la più miope) e ad essere, spesso, attaccato dal noto periodico umanistico cittadino il “Successo”.
Purtroppo la sua stagione artistica s’interruppe dopo soli dieci anni, a causa di una grave malattia.
Nel 1940 il cenacolo artistico genovese “L’isola”, organizza un importante mostra retrospettiva ricca di ben quaranta opere, atte a rappresentare nella maniera più esaustivapossibile il suo pur breve percorso artistico.
Amighetti può essere considerato uno degli artisti più importanti per la pittura ligure del Novecento.
Nel 2018-2019 è stata ordinata una mostra antologia curata da Franco Dioli presso il Museo Soffici e del 900 – Scuderie Medicee a Poggio a Caiano e presso il Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti con la pubblicazione del Catalogo Generale, De Ferrari Ediore.
Mostra al Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti
Per dare un’idea generale dell’opera di Amighetto Amighetti, non possiamo che ancorarci al clima post-avanguardista degli anni Venti, quello di “Novecento italiano” tanto per intenderci, senza però dimenticare che, già immediatamente dopo la Grande Guerra, iniziò a diffondersi, in Italia ed in Europa, un orientamento espressivo indirizzato verso un cosiddetto “ritorno all’ordine”, di cui il movimento posto in essere da Margherita Sarfatti fu soltanto l’apice o, se vogliamo, l’azione di assestamento. Inoltre, vi è da sottolineare come nel gruppo di “Novecento Italiano”, per motivi contingenti o per ragioni di opportunismo più che di opportunità, siano confluiti artisti dai connotati assolutamente differenti e di tendenze stilistiche eterogenee rispetto al nucleo originario.
Pagina della Rivista Emporium Vol. LXXI, (1930) I Mostra del Sindacato Fascista di Belle Arti con la citazione di U. Nebbia e riproduzione dell’opera Ragazza con fiore del 1929
Pagina della Rivista Emporium, Vol. LXXI, (1930) XVII Biennale di Venezia con la riproduzione dell’opera di Amighetti Confidenze del 1930
Pur non avendo esposto nelle mostre organizzate dalla critica milanese, Amighetto Amighetti ebbe comunque indiscutibilmente (come altri autori liguri) affinità e punti di contatto con i maggiori esponenti del movimento “Novecento Italiano”. E’ risaputo che alcuni di costoro (Oppi e Salietti su tutti), protagonisti dell’arte italiana della prima metà del secolo, oltre ad esporre occasionalmente in Liguria, ebbero modo di soggiornarvi lungamente, lasciandosi ispirare dalle bellezze paesaggistiche di questa regione; ed è facile intuire che l’artista preso in esame in questa trattazione, ne abbia incontrati alcuni, abbia potuto osservarne i lavori e possa essersi lasciato influenzare dal loro stile, recepito, altresì, mediante i tradizionali canali d’informazione (riviste, giornali e ovviamente mostre).
Nel contempo non possiamo trascurare il panorama strettamente genovese che, annoverando nelle sue fila pittori insindacabilmente ancorati al clima Novecentista (Santagata, Dodero, Guerello, ed altri ancora), si dimostrava ormai rimodernato e seguace delle tendenze più attuali.
Escludendo gli anni “giovanili”, interessanti per alcuni versi, ma non propriamente emblematici della sua personalità artistica più matura, si potranno isolare due periodi nell’arte dell’Amighetti. La sua produzione dal 1923 fino al 1928 circa è chiaramente riconducibile alla temperie stilistica sviluppatasi in seno al sodalizio milanese già citato: la preferenza per la figura umana (oltre che per la natura morta), il realismo moderatamente descrittivo nel trattare questi temi , la solidità plastica dei suoi soggetti, talvolta collocati in atmosfere appena sfiorate da quel realismo magico che in tal periodo contagiò non pochi artisti, sono indizi che confermano questa prima valutazione ancora superficiale.
A partire dal 1926 però, anno in cui cessò di frequentare l’Accademia Ligustica, Amighetti, avendo una villetta in Toscana dove amava soggiornare con la sua famiglia, ebbe modo di frequentare l’artista Felice Carena, già allora docente a Firenze. Questa vicinanza che, senza indecisioni, possiamo definire amicizia, permise al giovane artista genovese di imboccare un nuovo percorso pittorico, in cui la pennellata andò disfacendosi sull’esempio del suo nuovo maestro, modificando l’effetto di purezza, talvolta cristallina, caratteristico delle sue immagini del passato (peraltro talvolta ancora riproposta); si confrontino, a questo proposito, la “Natura morta” del 1927 ed il nudo “Gaia freschezza” dello stesso anno, con la “Natura morta” del 1929 e con il nudo “Confidenze” del 1930.
Dopo aver meditato sulla pittura di Carena per almeno due anni, e dopo aver messo in atto, all’incirca nel 1928, alcune “escursioni stilistiche”, inquadrabili, sia come completamento della sua “prima fase operativa”, sia come inizio di quella successiva (un vero e proprio momento di transizione), Amighetti si accostò ad alcune delle sue specificità con pochi compromessi: sicuramente ammirato di quella “maniera”, ne accolse, non soltanto il procedimento di accostare le guizzanti pennellate sulla tela a tratti ravvicinati, ma parimenti alcune sfumature cromatiche, certi vezzi stilistici (tra cui l’inserimento di drappi classicheggianti ad arricchire le composizioni) ed addirittura i temi delle opere, oltre all’impianto delle scene dipinte.
In altri lavori, compresi tra il 1929 ed il 1930, gli ultimi due anni di vita di Amighetti, possiamo però notare come un ulteriore (e contemporaneo) tentativo di evoluzione andasse maturando in più direzioni: nella “Stiratrice” cenni di monumentalismo improntano, unitamente ad una pennellata vaporosa, la figura della giovane impegnata nel suo lavoro; in opere come la “Fanciulla col fiore”, egli sembra mantenere una figurazione più definita, mentre nella “Famiglia” i tratti dei protagonisti vanno sparendo: nello studio del pittore che ritrae padre e figlia, i soggetti sono, così, sagome appena abbozzate, volumi sfatti simili a fantasmi dalla forma non del tutto definita, inquadrati con una prospettiva avventurosa, quasi a voler conferire dinamicità alla scena di per sé statica.. Sostanzialmente, in taluni momenti di questa fase artistica, l’autore sembra voler trovare uno sbocco innovativo, che ricomprenda le sue precedenti esperienze, superandole in una maniera del tutto originale.
Considerando dunque il lasso temporale compreso tra il 1929 ed il 1930, che abbiamo scelto di inquadrare come seconda fase pittorica di Amighetti, ci troviamo di fronte ad un periodo assolutamente magmatico, fatto di tentativi, ritorni, esperimenti e rimeditazioni, di cui risulta difficile determinare confini precisi, come invece potrà essere fatto con la prima fase della sua attività. In esso, pur riconoscendo come direttrice principale il riferimento a Felice Carena, coesistono, sovrapponendosi, tentativi di varia natura, tutti comunque indirizzati ad una nuova sintesi espressiva che, purtroppo, non giunse a definitivo compimento.
Infine (ma si badi che non si tratta di una questione temporale), ci imbattiamo nelle “Modelle”: qui l’autore lascia esplodere la sua vena creativa tanto da indurci a dubitare che si tratti di un’opera finita. Gli impasti cromatici si ricompongono nei rosa dell’incarnato femmineo, la pennellata careniana sembra sparire, contorni decisi (una sorta di cloisonnisme) demarcano le sagome delle due ragazze sedute; l’autore vuole giocare? Studia esperienze di altri? Abbozza un’opera che non riuscirà mai a terminare o vuole lasciare una sorta di testamento artistico? Certo è che, dinnanzi a questo dipinto, sul quale non riusciamo a offrire certezze cronologiche, non possiamo che restare sconcertati, poiché parrebbe addirittura di cogliervi i germogli di quella che sarà l’arte italiana della reazione al regime con “Corrente”, anticipati di quasi dieci anni. Sarebbe potuto essere, questo originalissimo dipinto, l’ulteriore propaggine creativa dell’Amighetti, se un male incurabile non l’avesse sottratto all’affetto dei suoi cari?
Dopo questa prima analisi, assolutamente generale, risulta assai semplice essere colti da un’impressione: che il percorso seguito, fino alla morte, dal giovane pittore, sia pressoché parallelo a quello del movimento “Novecento italiano”: come osserva Rossana Bossaglia in un suo lavoro, pur mantenendo (al di là di qualunque programma ed ordinamento predefinito) alcuni punti fermi nell’ambito iconografico, oltre che stilistico (figurazione mimetica del reale, anche se non descrittiva o bozzettistica, talvolta pervasa da una solennità che pone le immagini fuori dal contingente; semplicità di stesura con riferimenti ben evidenti a modelli classici e rinascimentali, in grado di generare un’intonazione purista), il linguaggio espressivo del movimento va assumendo, da una parte connotati più monumentali e talvolta celebrativi, dall’alta vira verso il disfacimento della pennellata o verso il suo tratteggio vibrante. Ecco, dunque, segnato il percorso parallelo, addirittura quasi anticipato dall’Amighetti: dal clima “freddo” del Realismo Magico degli anni Venti, egli passa allo spirito nuovo che andrà a caratterizzare gli anni Trenta; e come già detto, non ci restano che congetture su quanto sarebbe potuto essere, ma non fu. Ci resta così solo la certezza di quanto egli, direttamente ed indirettamente, sia stato uno dei più significativi elementi che contribuirono al rinnovamento del clima artistico ligure.
Galleria
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