Domenico Piola
Genova 1627 – 1703
Domenico Piola personalità artistica assai feconda e di importanza fondamentale nel panorama della pittura genovese della seconda metà del Seicento, venne avviato alla pittura sotto la giuda del fratello maggiore Pellegro; alla morte di questi, avvenuta nel 1640 , Domenico proseguì il suo apprendistato presso la bottega di Gio Domenico Cappellino (SOPRANI-RATTI, 1768-1769).
I momenti essenziali della biografia e del percorso dell’artista, già puntualizzati dal Ratti (SOPRANI-RATTI, 1768-1769), sono stati analizzati criticamente dal Labò (1933).
Sebbene manchi tuttora uno studio complessivo sulla vastissima opera del Piola, gli ormai numerosi contributi di E. Gavazza con indicazioni documentarie, critiche e bibliografiche ne hanno precisato l’iter con simpatia per l’ambiente bolognese, individuandone la cultura e il ruolo di primo piano nell’ambito della pittura genovese.
La produzione del Piola è stata comunque anche oggetto di molti altri interventi – concernenti la rilettura di opere già note, nuove attribuzioni, precisazioni documentarie oltre ad una serie di contributi sulla produzione grafica del pittore .
Il Ratti, nella biografia che dedica al Piola, narra come questi durante la sua formazione si fosse esercitato copiando sia gli affreschi di Perin del Vaga nella villa di Andrea Doria a Fassolo, sia tutti i dipinti e i disegni che aveva potuto vedere del Castiglione, la cui pittura, insieme a quella di Valerio Castello, esercitò un’indubitabile influenza sui modi del giovane artista.
Il primo riferimento cronologico certo per la sua produzione è costituito da una pala con il Martirio e gloria di San Giacomo, che reca la data 1647 e che fu dipinta per l’oratorio di San Giacomo della Marina a Genova.
Negli anni immediatamente successivi il Piola eseguì una tela con l’Ultima Cena, datata 1649, già nella parrocchiale di Pieve di Teco, ora nel Museo Diocesano di Albenga, e quindi una pala con San Domenico, Savona, chiesa di San Giovanni Battista, del 1650.
Poco dopo, intorno al 1651, è documentata l’esecuzione degli affreschi che decoravano la cappella gentilizia dei De Marini nella demolita chiesa genovese di San Domenico, dei quali si conservano solo pochi frammenti.
Forse la prima prova come frescante dell’artista, che con tale opera, evidentemente innovativa, suscitò la meraviglia e l’ammirazione dei contemporanei (SOPRANI-RATTI, 1768-1769).
A tale intervento fanno verosimilmente seguito gli affreschi dipinti dal Piola nei primi anni del sesto decennio del secolo, accanto a Valerio Castello, nella chiesa di Santa Marta, dove il pittore raffigurò l’Adorazione dei pastori e Angeli musicanti e nella pressoché distrutta chiesa di Santa Maria in Passione, la cui decorazione è nota oggi attraverso quel poco che rimane della chiesa stessa, qualche antica fotografia e frammenti conservati nel museo genovese di Sant’Agostino.
Alla morte di Valerio Castello, avvenuta nel 1659, il Piola portò a termine uno dei lavori lasciati incompiuti dal giovane artista, ovvero la decorazione esterna di una casa, andata poi distrutta, in piazza San Genesio (SOPRANI-RATTI, 1768-1769).
Domenico Piola divenuto ormai il maggiore protagonista della grande decorazione genovese, monopolizzò le più importanti commissioni, impegnandosi in una intensissima attività.
Per l sua produzione nel corso del settimo decennio costituiscono un riferimento cronologico certo la pala del 1660 con Colloquio di San Tommaso d’Aquino con il Crocifisso (Genova, chiesa dell’Annunziata del Vastato), il grande lunettone con il Riposo nella Fuga in Egitto del Gesù
collocato in sito nel 1661, due tele dipinte per l’oratorio della Santissima Annunziata di Spotorno, un’Assunzione e una Natività, datate rispettivamente 1664 e 1669, e gli affreschi della chiesa dei Santi Gerolamo e Francesco Saverio, eseguiti per Francesco Maria Balbi fra il 1666 e il 1667.
Per lo stesso committente l’artista aveva verosimilmente già lavorato in un periodo precedente, realizzando la decorazione di alcuni ambienti nel suo palazzo (Genova, via Balbi 4): opere, queste, che dovrebbero precedere cronologicamente anche gli affreschi dello stesso Piola nella villa Balbi dello Zerbino (ora Gropallo della Sforzesca), secondo un’ipotesi critica che anticipa di molto la data 1684 tradizionalmente indicata per questi lavori.
Nel 1671 l’artista eseguì tre tele raffiguranti Putti collocate nel palazzo del Principe Doria a Fassolo, mentre tre anni dopo, intorno al 1674, realizzò un affresco con la Gloria di San Gaetano e tre dipinti con Storie dello stesso Santo per la chiesa di San Siro.
Rientrano inoltre nella sua produzione dell’ottavo decennio anche una Assunzione della Vergine, Chiavari, chiesa di San Giovanni Battista datata 1676 e l’affresco con Bacco e Arianna di palazzo Centurione (Genova, piazza Fossatello), che reca la data 1679.
Nel 1680 il pittore colorò la statua lignea raffigurante il Cristo morto di Filippo Parodi, collocata nella chiesa di San Luca; quattro anni dopo, nel 1684, iniziò g]i affreschi della chiesa di San Leonardo, dei quali restano frammenti nel Museo dell’Accademia.
Tali opere, rimaste interrotte per il bombardamento francese di quello stesso anno, furono terminate nel 1685, al ritorno di un viaggio effettuato dall’artista con i figli, che ebbe come mete Milano, Bologna, Asti e Piacenza (SOPRANI-RATTI, 1768-1769).
Città, quest’ultima, dove i Piola dipinsero la galleria di palazzo Baldini, l’unica opera pervenutaci fra quelle realizzate durante il soggiorno di cui si è detto.
Nel 1688 il pittore ricevette pagamenti per gli affreschi con le allegorie dell’Autunno e dell’ Inverno dipinti in due salotti di palazzo Rosso.
Nel 1695 l’artista portò a termine con aiuti gli affreschi della chiesa di San Luca, mentre all’anno precedente è documentata la commissione relativa alla tela della chiesa di Santa Maria di Carignano con San Pietro che guarisce lo storpio, che i Sauli gli pagarono nel 1696.
Nel 1700 il Piola partecipò al concorso per la decorazione della Sala del Maggior Consiglio di palazzo Ducale.
Tre anni dopo l’artista morì a Genova.