Giuseppe Palmieri
Genova 1674 – 1740
Giuseppe Palmieri dopo varie vicissitudini (è a Parigi, poi in Sicilia con un non ben precisato maestro) rientra a Genova, dove esplica una intensa attività, impegnato in una serie di opere di una certa importanza; manda anche opere a Giovanni V del Portogallo.
Queste le sole notizie del regesto biografico (R. Soprani-C.G. Ratti, 1769) a cui si aggiunge un lungo elenco di opere, in parte rintracciate in parte perdute.
Il Lanzi (1834), lo giudica tra i migliori pittori d’Europa; sugli Affreschi della cappella del Crocifisso, Genova, Chiesa della Maddalena, eseguiti nel 1717; sulla attività di pittore di genere, soprattutto di animali e paesaggi: Paesaggi della Pinacoteca di Parma; per l’attività all’Oratorio di Nostra Signora Assunta di Coronata, Affreschi, nel 1732 i distrutti Affreschi dell’Oratorio di Sant’Antonio da Padova.
Altre opere dell’artista: affreschi con La gloria del Santo, Genova, Chiesa di San Francesco da Paola; Affreschi decorativi, Genova, Palazzo Saluzzo-Granello (Crosa), Salotto; affresco con la Primavera che scaccia l’Inverno, Genova-Coronata, Villa Piuma; Miracolo di Sant’Antonio, Genova, Chiesa della Santissima Concezione dei Cappuccini; Sant’Antonio che umilia Ezzelino, Genova, Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria; Madonna col Bambino, Genova- Voltri, Santuario di Nostra Signora delle Grazie; San Sebastiano, Genova, Chiesa di Santa Maria di Castello; I Santi Fruttuoso, Augurio e Eulogio, Chiesa di San Fruttuoso di Capodimonte, Camogli.
Contrariamente alle indicazioni del Ratti, ci pare che la tendenza ad un disegno ben definito caratterizzi, almeno in parte, l’attività del Palmieri, frutto forse di quella educazione toscana impartitagli da un non ben precisato maestro.
È evidente in questo il riferimento ad una ripresa di cultura di tipo raffaellesco (Affreschi dell’Oratorio di Coronata), mediata in una teatralità da cartone da apparato in cui, sempre a detta del Ratti, il pittore era esperto.
Se la stessa matrice è alla base di opere come il San Sebastiano, in altre (Affreschi in San Francesco da Paola, Sant’Antonio umilia Ezzelino), il pittore è più vicino alla tradizione genovese nell’uso di una certa gamma cromatica, che tuttavia, fedele ormai ad un fare corretto, egli disciplina con una intonazione tendente al monocromo.
Giuseppe Palmieri culturalmente meno inserito nella tradizione genovese e più a contatto con altre esperienze, ne vive però quel momento di gusto che tende a fermare in una forma più composta le esuberanze del secondo Seicento.
Newcome nel corso di un breve contributo critico, 1981, ne collega l’esperienza operativa anche alla probabile influenza del Solimena.