Luigi Miradori pittore ligure

Genova 1605 circa – Cremona 1656 circa

Luigi Miradori le cui scarse notizie sulle origini non consentono di stabilire con esattezza la data e il luogo della sua nascita.
È plausibile che sia nato nel primo decennio del Seicento a Genova.
L’identificazione del luogo si può basare sul fatto che lo stesso Miradori era solito firmare i suoi quadri aggiungendo al nome l’aggettivo «januensis».
Risulta invece impossibile, allo stato attuale delle conoscenze, definire la sua educazione pittorica e stabilire una relazione sicura con una delle botteghe attive a Genova in quello scorcio di secolo.
La prima notizia d’archivio risale al 1627, anno in cui sposò a Genova Gerolama Venerosi; nel 1630 il suo nome ricorre tra i cittadini tassati per le opere di fortificazione della città: dall’esigua somma della sua quota, 12 lire, si deduce che egli non aveva ancora un’attività affermata.
In effetti, sono solo due le opere che si possono legare al periodo genovese: il S. Sebastiano curato da s. Irene del convento cappuccino della Ss. Annunziata di Portoria e la Suonatrice di liuto di Palazzo Rosso a Genova, che in realtà è una variante sul tema della Vanitas.
Entrambe le opere, ancora acerbe nell’impostazione chiaroscurale e nel disegno, sono interessanti per valutare le matrici culturali della sua formazione: sono infatti evidenti i debiti verso la cultura caravaggesca, introdot­ta a Genova da Orazio Gentileschi e Simon Vouet, e le suggestioni di artisti locali, in particolare di Giovanni Andrea De Ferrari e Bernardo Strozzi.
I motivi che spinsero il giovane Miradori a lasciare Genova sono ancora poco chiari: forse si mosse insieme con i tanti genovesi che arrivarono in Lombardia nel 1631 dopo la cessazione della peste; oppure, seguì il consiglio del mercante e letterato Bernardo Morando, che fu chiamato a guidare la filiale piacentina della ditta di famiglia e che gli avrebbe commissionato due dipinti, oggi irreperibili: un Miracolo di s. Nicola per la chiesa di S. Nicolò dei Cattanei e una pala per l’oratorio di S. Franca a Pittolo.
Solo per suggestioni stilistiche si possono datare a quegli anni due tele della Galleria nazionale di Parma, la prima raffigurante una scena di sacrificio, forse Aronne che ferma la peste, la seconda l’Adorazione dei magi; quest’ultima, tuttavia, di collocazione cronologica tutt’altro che sicura per la maniera pittorica preziosa e compatta che si distacca da quella più corsiva dell’Aronne.
È degna di nota, nell’Adorazione, la ripresa della composizione da un’incisione di Hendrick Goltzius: il ricorso alle stampe sarà una costante del processo creativo del Miradori.

Adorazione


In ogni modo il periodo piacentino fu davvero infelice per il susseguirsi delle disgrazie familiari, e poco fortunato sotto il profilo professionale, tanto che intorno al 1635 si spinse a rivolgere una supplica alla duchessa di Parma e Piacenza, Margherita de’ Medici, per chiederle il permesso di lasciare i territori farnesiani a causa della mancanza di commissioni.
Subito si trasferì a Cremona, dove i documenti lo attestano residente fin dal gennaio del 1637.
Sulla scelta di Cremona può aver avuto un ruolo decisivo ancora una volta Bernardo Morando, che intratteneva contatti e interessi commerciali con questa città.
La sua prima opera documentata a Cremona è una pala, perduta, raffigurante l’Adorazione dei magi, commissionata poco prima del 1639 dall’abate Melchiorre Aimi per l’altare dei magi nella chiesa carmelitana di S. Bartolomeo. È invece ancora ben visibile la Sacra Famiglia del Museo civico di Piacenza, firmata e datata 1639.

Rifugio della fuga in Egitto

La tela è opera di un artista ormai formato: ricordi manieristi, soprattutto nella figura della Vergine, si combinano con insistenze grafiche derivate dalle incisioni nordiche, mentre i conigli in primo piano mostrano il suo interesse per la pittura di genere.
Nel 1640 dipinse una grande tela per la parrocchiale dei Ss. Filippo e Giacomo di Castelleone, la Madonna del Carmine con i ss. Maria Maddalena, Margherita, Filippo e Giacomo.
Frattanto lavorava per gli olivetani di S. Lorenzo, dipingendo nel 1642 la Nascita della Vergine, firmata, e la Decollazione di s. Paolo, firmata e datata, entrambe nel Museo civico di Cremona.
Sempre ai primi anni quaranta si può datare la tela di Bucarest, l’Angelo custode che indica al devoto la Trinità e le anime del purgatorio. Il rosso acceso della veste del devoto, il bianco spumoso della tunica e delle ali dell’angelo, il suo viso paffutello, i bagliori infernali dello sfondo sono omaggi allo Strozzi e al suo stile giovanile, ma la sapienza del tocco e lo studio della composizione indicano una personalità più matura.
Luigi Miradori nel 1643 realizzò una coppia di tele per il piacentino Pietro Mario Rosa, raffiguranti il Martirio di s. Lorenzo e la Strage degli innocenti (collezione privata), quest’ultima ispirata alla celebre incisione di Marcantonio Raimondi su disegno di Raffaello.
Dello stesso anno è la Circoncisione già Bizzi (collezione privata), dove spicca l’elegante scenario architettonico: un’invenzione che sembra quasi veronesiana.

Circoncisione

Luigi Miradori quando, nel 1644, un incendio devastò la cappella dedicata a S. Rocco all’interno della cattedrale cremonese, realizzò così nove tele dedicate alla Vita di s. Rocco,
Al 1645 sono databili le tavolette con i Quattro evangelisti del Museo civico di Cremona; al 1646 la Madonna con il Bambino e s. Giuseppe tra i ss. Apollonia, Carlo, Rocco e Sebastiano della parrocchiale di Castello Cabiaglio, in provincia di Varese.
Al 1647 risale una delle commissioni più importanti della carriera artistica del Miradori la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, ora nel palazzo comunale di Cremona, originariamente collocata nel presbiterio della chiesa di S. Francesco, pendant del Miracolo della manna che stava dipingendo Giacomo Ferrari (1649).

Moltiplicazione dei pani e dei pesci

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