Alessandro Magnasco
(Il Lissandrino)
Genova 1667 – 1749
Alessandro Magnasco nato a Genova il 4 febbraio del 1667 dal pittore Stefano Magnasco e da Livia Caterina Musso e battezzato nella parrocchia di Sant’Agnese otto giorni dopo, il giovane Alessandro intorno al 1677, probabilmente in seguito alla morte del padre, si trasferì con la madre a Milano.
Ai primi anni Ottanta del Seicento dovrebbe risalire il periodo di apprendistato presso l’importante bottega milanese di Filippo Abbiati, mentre nel corso del decennio successivo furono eseguiti dipinti quali la Riunione di Quaccheri , realizzata nel 1695, e la Processione di cappuccini all’aperto (collezione privata) del 1667; al 1698 e 1699 risalgono ancora un saldo e un acconto, elencati nel registro di Giovan Francesco Arese, a favore del pittore genovese e di Clemente Spera.
Il 14 aprile del 1703, dopo un probabile soggiorno a Bologna annotato dalle fonti ma non attestano da opere certe, il maestro è attivo a Livorno presso la corte medicea, nel cui ambito opererà probabilmente fino al 1708.
In seguito una sua breve sosta a Genova, in occasione della quale sposò Maria Rosa Caterina Borea, il Magnasco si recò nuovamente a Milano
(1709) dove venne ammesso alla locale Accademia di San Luca.
Documentato in città sicuramente fino al 1719, in un atto datato 16 gennaio 1723 l’artista, presente a Milano, è indicato come residente a Genova, mentre sei anni dopo risulta tra gli abitanti della parrocchia milanese di Santo Stefano Maggiore, dove nel 1732 venne seppellita la moglie.
Intorno alla metà del quarto decennio del Settecento si deve collocare il definitivo ritorno del Magnasco a Genova, dove morì il 12 marzo del 1749.
I luoghi ove sono rappresentati i particolarissimi soggetti dipinti dall’artista, sia che si tratti di ampi paesaggi con boschi verdeggianti e burrascosi specchi d’acqua, come nel Sant’Agostino (Genova, Galleria di Palazzo Bianco) o nel pendant raffigurante un Paesaggio con lavandaie e un Paesaggio con frati tentati (Cracovia, Muzeum Narodowe),
sia di articolate rovine, spesso eseguite da Clemente Spera, talvolta da altri artisti, come nel caso dei due inediti dipinti dei primi anni Quaranta del Settecento raffiguranti Davide in preghiera e Cristo e la Maddalena (collezione privata), dimostrano quanto l’elemento naturale e lo spazio abitato dai personaggi siano per il maestro una componente non secondaria, ma ambientazione ideale per esaltare l’estrema libertà delle sue dinamiche e tormentate macchiette.
A confermare questo dato è l’abituale attenzione utilizzata nell’unificare figure ed ambiente, quest’ultimo trattato, quando eseguito dal Peruzzini o dallo stesso Magnasco, con la stessa rapida e materica pennellata con cui sono delineati gli espressivi, tormentati e coinvolgenti personaggi, come nel Battesimo di Cristo e nel Cristo salva San Pietro dalle acque (Washington, National Gallery of Art), oppure nel noto Trattenimento in un giardino d’Albaro (Genova, Galleria di Palazzo Bianco) e nell’Imbarco dei galeotti nel porto di Genova (Bordeaux, Musée des Beaux-Arts), questi ultimi tra i pochi casi in tutta la produzione oggi conosciuta del maestro genovese in cui il paesaggio raffigurato risulti desunto dalla realtà.
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