Giovanni David
Cabella Ligure (AL) 1743 – Genova 1790
Giovanni David ci ha lasciato poche notizie sulla sua vita e sulla sua attività, ed in gran parte queste risalgono alla biografia dell’Alizeri.
Lo storico ottocentesco riferisce, pur in forma dubitativa, di una sua prima formazione presso l’Accademia ligustica di Genova: tuttavia la mancanza di un qualsiasi riscontro in proposito rende poco verosimile l’indicazione, del resto, la formazione e gran parte dell’attività stessa si svolgono al di fuori dell’ambito genovese, a seguito dei suoi stretti rapporti con la famiglia Durazzo: rapporti che gli permettono di viaggiare non solo in Italia, ma all’estero.
A parte un documento che lo attesta a Genova nel 1769, le prime notizie che si hanno sulla sua attività lo dicono presso Domenico Corvi intorno al 1770, a Roma, dove aveva avuto modo di recarsi sempre grazie al mecenatismo dei Durazzo.
Qui dovette trattenersi fino al 1775, se in questo anno ricevette il premio Balestra per la pittura dell’Accademia di S. Luca.
Al periodo romano, peraltro non documentato da opere certe, può forse essere assegnato il disegno acquerellato Sotterraneo con tombe, che sembra indulgere al gusto rovinistico in voga nella capitale in quegli anni, sempre nel 1775, è documentato a Venezia dove si trattiene alcuni anni sotto la protezione di Giacomo Durazzo, ambasciatore imperiale a Venezia, è caratterizzato soprattutto dallo studio della pittura veneta (di cui porterà traccia nella successiva attività sia per il gusto dei grandi impianti compositivi, sia per un notevole interesse per i valori cromatici: in parte contrapponendosi alla cultura classicista italiana di quegli anni) e da una larga attività come incisore all’acquaforte e all’acquatinta, attività che lo vede sensibile sia all’immediatezza del segno che la tecnica stessa comporta, sia alla resa pittorica ottenuta con un uso molto suggestivo della tecnica dell’acquatinta.
Fra le opere di questo genere si ricordano la serie raffigurante i dipinti del Mantegna agli Eremitani a Padova, una trascrizione dell’Adorazione dei magi del Dossi (1776) ed una serie di soggetti storico mitologici.
Al 1776 risale anche una curiosa Crocefissione con schiavi in catena, all’acquaforte, peraltro eseguita a Genova il che indicherebbe che il soggiorno veneziano dovette essere interrotto da ritorni in patria.
Dell’ampia attività grafica fra le opere citate dall’Alizeri unico soggetto di cui si siano conservati esemplari, è Giocatori di dadi conservato a Genova, Raccolte dell’Accademia ligustica.
Tornato a Genova alla fine degli anni Settanta, vi rimase fino alla morte, pur interrompendo il soggiorno in patria con numerosi viaggi all’estero, in Francia, in Inghilterra e in Olanda.
È in ogni caso dal suo rientro a Genova che si hanno notizie più specifiche sull’attività pittorica che dovette affiancare quella grafica.
Il suo rientro infatti è caratterizzato da opere di grande impegno: innanzitutto la grande tela con La battaglia della Meloria eseguita nel 1778 per il salone del Maggior Consiglio in Palazzo ducale.
In questi stessi anni, e comunque prima del 1780 esegue la decorazione per la distrutta chiesa di S. Maria del Rifugio; dell’intervento presso il convento del Rifugio delle suore brignoline resta una tela con Maria venerata dalle suore brignoline vestite dei primitivi costumi, presso l’attuale sede dell’Ordine a Genova.
Conservato in loco è anche il grande dipinto con La presentazione al tempio, eseguito fra il 1783 ed il 1785 per il coro della chiesa di S. Maria delle Vigne a Genova.
Fra i dipinti a tematica religiosa eseguiti negli ultimi anni di vita restano ancora nella chiesa del Carmine a Genova due grandi tele raffiguranti episodi della vita di Sant’Agnese (Supplizio della santa, Rifiuto di principesche nozze),che facevano parte di un più ampio complesso decorativo per la distrutta chiesa di S. Agnese, comprendente, oltre a due altri dipinti, gli affreschi del coro.
I due dipinti superstiti, caratterizzati da forti contrasti di luce oltre che da un sottile patetismo che prelude ad atmosfere preromantiche, furono terminati, alla morte del pittore, da Baratta e furono presentati al pubblico insieme alle altre opere nel 1791, con una solenne cerimonia.
Fra le opere genovesi non datate va ancora ricordato il bell’Autoritratto di gusto settecentesco, su tela (Genova, Galleria nazionale di Palazzo reale), e una serie di sei grandi acquerelli su carta con scene mitologiche: Antonio e Cleopatra, il disegno commemorativo del cenotafio per i Funerali di Carlo III e, infine, l’acquaforte con il Ritratto del conte Giacomo Durazzo