Cesare Corte
Genova 1550 – 1613
Cesare Corte di nobile famiglia (di origine pavese), imparò lettere e matematiche dal padre, architettura militare da uno zio materno; si dedicò anche alla pittura, per inclinazione naturale, pure sotto la direzione del padre.
I suoi esordi ricalcano quelli paterni: stessa irrequietezza, stessa ambizione, con un girovagare internazionale in cerca di sistemazione.
L’abilità nella ritrattistica gli permise di entrare nelle regge: Elisabetta d’Inghilterra, da lui effigiata, l’avrebbe voluto trattenere a corte.
Protetto da Alberico Cibo Malaspina, principe di Massa, letterato e mecenate, con vaste relazioni internazionali, fu da questo presentato a Ferdinando d’Asburgo conte del Tirolo, che gli commissionò due ritratti già conservati nella Hofburg di Vienna.
Ferdinando I di Toscana lo assunse come architetto militare, ruolo di cui si stancò presto. L’ambiente fiorentino non sembra essergli stato così favorevole come all’amico G. B. Paggi, pure lui pittore, letterato e architetto, esiliato per debiti penali.
Ritornato a Genova, assistette il Paggi nella nota disputa con B. Castello e altri sulla nobiltà dell’arte.
Eseguì ritratti a personaggi illustri e cardinali, come Orazio Spinola, ed ottenne commissioni di tavole d’altare per le chiese
Cesare Corte fu amico di letterati come Gabriello Chiabrera e Paolo Foglietta.
Difficile stabilire l’avvento della sua conversione alle teorie eretiche, non è da trascurare, quanto abbia potuto influire su di lui l’atmosfera familiare con la passione paterna per le dottrine esoteriche ed anche una certa inquietudine di pensiero religioso nell’ambiente degli intellettuali genovesi all’inizio del sec. XVII.
Un suo commento all’Apocalisse, di contenuto apertamente eretico, lo fece denunciare al tribunale dell’Inquisizione, incarcerato nel 1612 fu condannato al carcere perpetuo che scontò per un breve periodo; morì infatti di lì a poco.
Le sue tavole d’altare, S. Francesco stigmatizzato e S. Simone Stok per la chiesa di S. Maria del Carmine, un S. Pietro chiamato sulle acque a S. Pietro in Banchi, firmata e datata 1600, viste ancora dal Ratti, furono sostituite fra il sec. XVIII e il XIX con altre di medesimo soggetto e diverso autore. Resta la pala di Ognissanti che dipinse per i padri minimi della chiesa di Gesù e Maria o S. Francesco da Paola, singolare per il soggetto che sembra una disputa teologica cui partecipano padri domenicani e minimi disposti in due schiere ai lati della tela ai piedi della figura di Cristo circondato da angeli e santi.
Cesare Corte sarebbe stato maestro di Bernardo Strozzi e, per i buoni uffizi del principe di Massa, di Luciano Borzone. L’apprendistato dello Strozzi non è però confermato nella sua vita; su quello del Borzone il Ratti si mostra molto incredulo per la disparità di stile dei due pittori.