Giovanni Battista Castello il Bergamasco
Gandino (BG) 1526 – Madrid 1569
Giovanni Battista Castello il Bergamasco rappresenta un enigma infatti sono rimasti ignoti sia il periodo sia le circostanze del suo arrivo a Genova e la prima fase della sua attività, di cui si possiede soltanto il racconto piuttosto romanzato del Soprani (arrivo a Genova “giovanetto” con il pittore Aurelio Busso; “abbandono” da parte di questo; protezione del nobile Tobia Pallavicino che, “vista la virtuosa inclinatione del povero studente”, lo manda a Roma a studiare a sue spese).
La prima notizia documentata che abbiamo della presenza dell’artista a Genova si trova soltanto nel 1552, anno in cui è console dell’arte dei pittori insieme con Nicolò Vespasiano.
A questa data aveva con tutta probabilità già eseguito gli affreschi di Bergamo: nella cappella Colleoni (distrutti nel sec. XVIII per far posto agli affreschi del Tiepolo).
Non si sa invece quali opere avesse compiuto a Genova per ottenere la carica di console, che presupponeva un certo grado di notorietà e, trattandosi di maestro forestiero, un periodo piuttosto lungo di attività e residenza in città.
È probabile comunque che egli già godesse della protezione del Pallavicino, importante figura di finanziere a livello europeo, e avesse compiuto un utile soggiorno a Roma, tornandone con una cultura figurativa e architettonica eccezionalmente ampia per l’ambiente genovese, e tale da permettergli di soddisfare le esigenze di fasto e di prestigio della nobiltà mercantile protagonista di lì a poco del rinnovamento edilizio della città.
Dalla fine del sesto decennio in poi lavora a Genova a pieno ritmo.
Le due prime opere di grande impegno, entrambe per il suo mecenate, sono l’esecuzione e il coordinamento della decorazione ad affresco all’interno della villa – detta in seguito delle Peschiere – che questi si era costruito fuori porta (Storie di Perseo, Storie di Apollo e Diana al piano nobile; Storie di Apollo e grottesche a pianterreno, 1558-60 circa), e la progettazione e decorazione del palazzo (Tobia Pallavicino) di città in Strada Nuova, oggi sede della Camera di Commercio (Divinità mitologiche, grottesche e Il Parnaso a pianterreno; Apollo e le Muse e stucchi dorati nella loggia del piano nobile, 1558-61 circa).
Giovanni Battista Castello il Bergamasco contemporaneamente, sempre con funzioni direttive e coordinatrici, è impegnato (1558-59) insieme con Luca Cambiaso a S. Matteo, chiesa gentilizia dei Doria, dove prosegue l’opera di decorazione e sistemazione interna delle antiche strutture iniziata un decennio prima dal Montorsoli (si deve a lui, oltre al disegno generale della decorazione delle tre navate, l’esecuzione del medaglione ad affresco della seconda campata con la Vocazione di s. Matteo), e nel palazzo di Vincenzo Imperiale a Campetto, costruito da Bernardino Cantone forse su sue indicazioni, dove esegue ancora con la collaborazione del Cambiaso gran parte della decorazione esterna ed interna a stucco ed affresco Divinità sulla facciata, grottesche nell’atrio, Storie mitologiche in tre stanze del primo piano.
Agli impegni in qualità di pittore si affiancano inoltre quelli – più difficilmente valutabili nella loro portata perché noti soltanto attraverso citazioni indirette dei documenti – dell’architetto, continuamente presente nei principali cantieri di Strada Nuova e delle zone residenziali suburbane, sia come consulente e fornitore di idee e disegni per elementi architettonici.
Dopo il 1561 riuscirà a portarne a termine solamente due, i primi in ordine di tempo: la grande tela, ammiratissima, di S. Sebastiano (che esiste tuttora, gravemente danneggiata, nel monastero delle agostiniane a Capo S. Chiara), e la decorazione della cappella Grimaldi in S. Francesco .
Contatti tra il pittore e la corte spagnola prima del 5 settembre del 1567, data della sua assunzione come pittore e architetto di corte di Filippo II, erano infatti già avvenuti in almeno due occasioni: quando egli aveva fornito il progetto del palazzo del marchese di Santa Cruz a El Viso nel 1564, e quando aveva disegnato nel dicembre dello stesso anno due sarcofagi per don Luis de Requensens.
Alla corte di Spagna, dove giunse con un’équipe di stuccatori e doratori, i suoi compiti erano come al solito molto vasti, prevedevano opere di pittura e preparazione di “trazas y modelos” per il monastero dell’Escorial e le residenze reali di El Pardo, Madrid, Segovia, Aranjuez e Toledo.
In pratica sappiamo che fu attivo soprattutto all’Alcázar di Madrid e in particolare nella “torre nueva”, dove diresse nel 1569 la decorazione architettonica e pittorica di vari ambienti (successivamente distrutti da un incendio).
Morì improvvisamente a Madrid il 3 giugno 1569.