Milano 1886 – Torino 1964
Metello Merlo pittore che ha operato in Liguria
Metello Merlo trasferitosi a Torino ancora ragazzo, si applica assiduamente al disegno sul vero, una seguitata pratica che lo porterà ad impadronirsi di tutte le tecniche, ad eccellere in quella del pastello ed a sperimentare in modo non transitorio la grafica, nelle espressioni specifiche dell’incisione e della litografia.
Anche se non trascura la natura morta e la rappresentazione della figura, è il paesaggio che costituisce il motivo prediletto della sua pittura ed anche questo è un indirizzo trasmessogli dal padre.
Merlo appartiene a quella schiera non esigua, di petits maìtres, che in Piemonte hanno alimentato la lunga persistenza della corrente naturalistica fin dentro il cuore del Novecento mantenendo saldo il legame con le matrici del rinnovamento del “paesaggio” piemontese nella seconda metà dell’Ottocento, Antonio Fontanesi e i pittori della scuola di Rivara
Metello Merlo così come ritiene di sottrarsi ai canoni dell’apprendimento accademico, allo stesso modo intende conseguire una propria indipendenza operativa anche rispetto al genitore.
Così sceglie di frequentare dapprima lo studio di Ludovico Cavaleri e poi quello di Andrea Tavernier.
Dal primo, precisa Giuseppe Luigi Marini, eredita l’intelaiatura compositiva; dal secondo la vivacità cromatica. “Dal colore materico e gemmato del maestro trasse fascinazioni prepotenti al punto da indurlo, inizialmente, a replicarne la maniera, talvolta con straordinaria credibilità.
Le prove giovanili di Metello, che esordì alla Promotrice torinese del 1913, si pongono sotto il segno dei suoi due maestri.
Come gli verrà riconosciuto dalla critica, pur continuando a stare naturalmente dalla parte della tradizione in un legame tuttavia, a detta di Felice Vellan, “rinverdito, ringiovanito”, senza mai scadere nel aneddoto o nella cronaca banale egli trova l’energia per rifiutare di cristallizzarsi nel conformismo di molti suoi compagni.
Il sentimento della natura è da lui reso con una visione personale e con accenti che rivelano la sua sensibilità a ricerche più moderne ed aggiornate.
Metello Merlo dalle tele giovanili dipinte sotto l’influenza del Tavernier sa passare progressivamente ad una maggiore pacatezza compositiva e ad una delicatezza coloristica in perfetta sintonia con le atmosfere toccanti e intimamente poetiche che ama descrivere.
Nel secondo dopoguerra l’artista conferma la sua vocazione e il suo talento di paesista con numerose opere nelle quali continua il suo cordiale dialogo con i luoghi amati, colti nelle varie stagioni dell’ anno e sotto variabili condizioni di luce e di atmosfera, spiagge liguri illuminate dal sole estivo, scorci di lago immersi nelle nebbie autunnali, casolari di montagna sepolti sotto forti nevicate, colline in fioritura primaverile.
Di questi motivi il pittore offre un’ interpretazione lirica, tramite una trascrizione rapida e sintetica dell’ immagine che, lasciando trasparire impressione ed emozione, sa rendere con efficacia l’apparenza fenomenica, il suo rivelarsi, in luci e colori, alla percezione dei sensi.
I soggetti che suscitano maggiore attrazione estetica sull’artista sono il lago Maggiore, in particolare il lungo lago di Oggebbio, i paesaggi montani della valle d’Aosta e della val Varaita, le vedute di Torino e delle colline circostanti, le marine liguri di Noli, Cervo e Vernazza, tutti luoghi rappresentati non con l’intenzione di restituirne l’oggettività, ma di trasmettere l’emozione cromatico-luminosa e la vibrazione sentimentale
Negli ultimi anni della sua attività giunge, come è stato scritto, “ad una interpretazione paesistica più sintetica ed essenziale, dove la forma è resa con pienezza di scansioni tonali, a larghe masse riassuntive dei particolari, ed è infatti in tale direzione che si rivolge, fino alla fine della sua avventura umana ed artistica, indagini e sperimentazioni, nella produzione dei primi anni Sessanta compaiono opere nelle quali proprio il colore costituisce oggetto di una personale ricerca che si esprime in approdi cromatici accentuati di rossi o di blu di esplicita, dichiarata ascendenza fauve-espressionista d’ispirazione cazàniana.
Metello Merlo preso parte alla Promotrice di bella arti di Torino quasi ininterrottamente dal 1913 al 1963, alla Quadriennale torinese del 1923, 1947,1955, alle varie esposizioni del circolo Amici dell’arte (Torino) dal 1924 e alle varie edizioni di Piemonte artistico e culturale, alla III Quadriennale romana e al Premio Bergamo del 1939, alla III mostra Sindacale di belle arti di Milano del 1941 solo per citarne alcune, oltre le varie mostre personali tra le quali alla galleria Defferrari a Noli nel 1939, galleria Ranzini e galleria Cordusio a Milano nel 1944.
Molte le mostre postume.