Rovereto (TN) 1901 – Milano 1986

Fausto Melotti pittore che ha operato in Liguria

Fausto Melotti nel 1918 si iscrive alla facoltà di Fisica e Matematica dell’Università di Pisa, corso di studi che proseguirà al Politecnico di Milano, dove nel 1924 si laurea in ingegneria elettrotecnica.
In questi anni consegue il diploma di pianoforte e intraprende lo studio della scultura a Torino, presso lo scultore Pietro Canonica e nel 1928 si iscrive all’Accademia di Brera di Milano, è allievo di Adolfo Wildt, insieme a Lucio Fontana, con il quale stringe un lungo sodalizio.
Nel 1935 infatti aderisce al movimento “ Abstraction-Création”, fondato a Parigi nel 1931 con lo scopo di promuovere e diffondere l’opera degli artisti non figurativi e con il degli astrattisti milanesi partecipa alla prima mostra collettiva di arte astratta nello studio di Casorati e Paulucci a Torino ed espone a Milano alla galleria del Milione in una sua personale sculture di ispirazione rigorosamente contrappuntistica sintetizzata in una sorta di “astrazione musicale” nell’ambito delle arti figurative.
La sua prima esposizione non ha riscontro in Italia, ma riceve attenzione in Francia e in Svizzera dove nel 1937 consegue il Premio internazionale La Sarraz.
Nello stesso anno, in occasione della VI Triennale di Milano, crea per la Sala della Coerenza disegnata dallo Studio B.B.P.R. (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) un’opera-chiave, la Costante Uomo, dodici sculture scandiscono ritmicamente lo spazio in un progetto che armonizza colore, parola e piani, in una compiuta installazione ambientale.

Gli inizi degli anni Quaranta li vive a Roma e nel dopoguerra si dedica alla ceramica e raggiunge, attraverso una tecnica raffinatissima, un’altissima qualità riconosciuta dai numerosi premi ricevuti tra i quali il Gran Premio della Triennale nel 1951, dalla medaglia d’oro di Praga e da quella di Monaco di Baviera.
Si approfondisce in questo periodo un profondo legame professionale e umano con Giò Ponti.
All’inizio degli anni Cinquanta, nei periodi estivi, Melotti intervalla la sua attività di rinomato ceramista, che lo impegna a Milano, con brevi periodi di vacanza sulla costiera ligure.
Nella piccola cittadina di Zoagli trascorre giorni di quiete familiare, lo aspettano la moglie Lina e le figlie piccole che alloggiano in un bell’edificio che affaccia sulla via Aurelia.
Con palese felicità e freschezza Melotti ritrae il paesaggio incantato che si affaccia sul Golfo del Tigullio, dipingendo a olio su tela, scorci, case, vegetazione, persone.

Il suo dipingere, ora, nasce da una necessità intima ed istintiva, da un anelito vitale privo
d’artificio, è un godimento genuino dell’esistenza e della liricità che appartiene anche alle
piccole cose quotidiane.
Nella tavolozza melottiana anche le opere dell’uomo diventano natura: edifici, strade, terrazze e oggetti sono immersi nella stessa incantevole luce che colora la vegetazione e gli ampi squarci di cielo e mare, si respira un’aria pura e tersa che si direbbe mossa da una brezza profumata.
Sprazzi di bianco si aprono tra gli azzurri, i lilla, i viola, i verdi, i rosa, gli ocra, piccoli tocchi di colore, a punta di pennello, una pittura vibrante di emozione sincera ma misurata, nella quale tutto sembra avvolto da un “fluido cristallino e trasparente”, come lo definirebbe Carlo Belli.
La rappresentazione filtrata dallo sguardo limpido dell’artista ci riporta in un mondo che, lasciato alle spalle un passato di angoscia e smarrimento, ritrova il proprio ordine di verità e torna ad essere familiare ed accogliente.
Nel 1956 si riaffaccia sulla scena espositiva con la seconda mostra personale “Le pitture di Melotti” alla galleria L’Annunciata di Milano, nella quale l’artista si presenta al pubblico nella nuova e sorprendente veste di pittore presentando una serie di questi quadri ad olio, così dichiara: “Io dipingo. In pittura forse abbiamo ancora il modo di dire qualcosa, una parola che almeno non sia stata pronunciata con quell’accento. Un modo privato, una specie di diario. In scultura più niente da fare, da dire, dopo quello che già è stato detto e fatto. E’ morta, per ora. Nessuno può crederci più”.
Questi olii degli anni Cinquanta furono accolti molto positivamente dalla critica che inizialmente li accostò alla linea lombarda chiarista per le loro qualità tonali, per la fusione del colore e della luce nella forma, per lo scarso effetto prospettico.
Superando le inadeguate classificazioni di comodo, diremo che la natura antivolumetrica della pittura di Melotti, come nella scultura, non è motivata dall’adesione ad una maniera ma al contrario da un impulso personale profondo che non si affida all’espediente tecnico per definire la forma, ma tenta di restituirne il senso evocandola liricamente.
Nel 1967 espone alla Galleria Toninelli di Milano numerose sculture di nuova ispirazione e inizia una serie di mostre in Italia e all’estero che lo porterà rapidamente al successo e permetterà al pubblico di conoscere la sua attività poliedrica: dalle sculture ai bassorilievi, dai teatrini alle opere su carta, alle ceramiche.
Nel 1974 Adelphi pubblica una raccolta di scritti e poesie intitolata “Linee” che vince il Premio Diano Marina nel 1975.

Nel 1979 viene presentata a Palazzo Reale a Milano una mostra personale antologica e nel 1981 Firenze gli dedica una grande retrospettiva al Forte Belvedere.
Nello stesso anno della sua scomparsa la XLII Biennale di Arti Visive di Venezia gli conferisce il Leone d’oro alla memoria.
Nel 2021 la Galleria Christian Stein di Milano ordina la mostra “Fausto Melotti. Zoagli”.

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