Ferrara 1885 – Roma 1958
Roberto Melli pittore che ha operato in Liguria
Roberto Melli nato in una famiglia di origine ebraica, iniziò a frequentare lo studio presso lo scultore A. Minerbi dove compì i primi calchi in gesso (1897-99).
Nel 1902 seguì la madre a Genova, dove strinse amicizia con il poeta ligure Ceccardo Roccatagliata Ceccardi e attraverso questi conobbe lo scrittore Camillo Sbarbaro e lo scultore Giovanni Prini.
Apprese l’arte della xilografia e con questa tecnica realizzò nel 1906 per la rivista Ebe (pubblicata a Chiavari), diretta da L.R. Sanguineti, testatine, finalini e capilettere, che coniugavano un segno fluente d’ispirazione simbolista con inquadramenti architettonici rinascimentali e robustezze d’ascendenza preraffaellita.
Al 1906-08 risalgono anche le prime prove scultoree, d’impronta antimonumentale e antidecorativa: Figure tra gli alberi (legno,1906), che riflette il rapporto panico tra uomo e paesaggio proprio del romanticismo; una Maternità (cera, 1907).
Nel clima modernista di un’arte totale si avvicinò alle più diverse tecniche artistiche e ai più diversi materiali: plasmò la ceramica e sperimentò lo sbalzo su metallo, vincendo nel 1910 una borsa di studio che gli permise di trasferirsi in quello stesso anno a Roma per frequentare la Regia Scuola dell’arte.
A Roma, aggiornò la propria cultura plastica attraverso la conoscenza diretta delle sculture di A. Rodin e di M. Rosso, avviando una ricerca volta a solidificare la luce in un serrato dialogo tra pieni e vuoti.
Nel 1912 è invitato alla I Esposizione italiana di xilografia organizzata a Levanto dalla rivista L’Eroica, nel 1913 alla I mostra della Secessione romana al palazzo delle Esposizioni.
Chiusero questa prima fase di ricerca tre versioni di Mascherina in bronzo del 1913.
Seguì Mia moglie (1913), in cui le orbite incavate degli occhi costituiscono il primo saggio di una scultura composta per contrasti chiaroscurali e volumi in negativo.
Nel 1914 è alla II mostra della Secessione romana dove presentò altre sculture, innovative caratterizzate dall’estrema stilizzazione, nelle scansioni e aperture ritmiche dei volumi e negli aguzzi tagli sghembi, maggiori caratterizzazioni futurista e il superamento sia della retorica della statuaria ottocentesca sia della smaterializzazione impressionistica.
Il passaggio a una sperimentazione pittorica moderna avvenne, invece, con La ridente (1913), dal colore fauve e dalle pennellate memori del divisionismo di Previati.
Rientrato a Roma, dopo aver partecipato alla guerra, nel 1917, non si rivolse più alla scultura, ma approfondì la ricerca coloristica attraverso apporti matissiani e suggestioni primitiviste.
Nel 1918 fondò una casa d’arte in via dei Coronari e, insieme con Mario Broglio, la rivista Valori plastici che, nei suoi due anni di attività, fu portavoce di un rinnovamento culturale basato sul recupero della tradizione italiana.
Nacque in questo clima dipinti quali: Composizione di oggetti caratterizzato da un’atmosfera di sospensione già metafisica; Testa, costruito a larghi piani, espressione di una ricerca d’ordine geometrico che giunse a compimento in Interno dove Melli coniugò una precisa definizione spaziale con una costruzione luminosa e rigorosa raggiunta per sensibilizzazione tonale dei piani.
A Roma Melli ritrovò anche un amico degli anni genovesi, Giuseppe Riccobaldi Del Bava, scenografo e cartellonista cinematografico, con il quale tenne una lunga corrispondenza.
Nel 1919 divenne direttore artistico della casa di produzione San Marco Film di Ferrara (1920-22),
Chiusa la parentesi cinematografica, fu invitato a esporre alla Fiorentina Primaverile del 1922, dove inviò il gruppo delle quattro sculture del 1913 e il dipinto Ritratto di mia moglie.
Seguì un lungo periodo di inattività nel 1928 tornò a concentrarsi sulla ricerca pittorica e nel 1932 espose alla III Mostra del Sindacato regionale fascista di belle arti del Lazio sette lavori, giocati sull’accostamento di colori tonali, restituivano la realtà al di là delle variazioni di luce e ombra.
Nel 1936 tenne la sua prima personale alla galleria Della cometa di Roma.
Al termine del conflitto un riconoscimento al suo ruolo di maestro fu la cattedra di pittura all’Accademia di belle arti di Roma (1945),
La sua pittura visse un momento felice, dialogando con le tendenze neocubiste sulla base di una maggiore sintesi dei piani cromatici, in quella luce fredda incastonata in zone tonali nette e taglienti una lezione per la coeva Scuola romana.
Rifiutò di partecipare alla Biennale di Venezia del 1948, ma nel 1950 la XXV Biennale di Venezia gli dedicò una sala con quattordici opere-cardine; alla XXVII Biennale veneziana, presentata da Maurizio Calvesi, cui si deve la prima monografia sull’artista (1954).
Espose alla VII Quadriennale romana del 1955.
Su Letteratura pubblicò nel 1956 il componimento Ritorno a Celle Ligure, dedicato alla località tante volte ritratta.