Milano 1921 – 2007
Giovan Francesco Gonzaga pittore che ha operato in Liguria
Giovan Francesco Gonzaga fin da giovanissimo dimostra uno spiccato talento artistico per il disegno, che coltiva, esercitandosi nella riproduzione, al castello Sforzesco di Milano, di studi e rappresentazioni grafiche dei grandi maestri della Storia dell’Arte tuttavia non fu mai incoraggiato dalla famiglia in tal senso.
Terminati gli studi classici e avendo quindi ricevuto categorico divieto di iscriversi all’Accademia delle Belle Arti di Brera, a soli vent’anni, Giovan Francesco Gonzaga si arruola come volontario, con il Savoia Cavalleria, per la Campagna di Russia.
Appassionato di equitazione – che pratica fin da piccolo nella villa dei nonni a Soncino – suole infatti dire: “Non guido la macchina: vado a cavallo”.
Ha viaggiato a lungo all’estero, particolarmente in Spagna, traendo significative esperienze, sia sul piano umano che estetico.
L’animo la forma del Maestro si sensibilizzano a quella poetica che tanto ha contribuito a contraddistinguere l’alto livello dello stile personale che accresce e divulga la fama dell’artista in ogni parte del mondo.
Gonzaga attribuisce ai cavalli un valore essenziale, viscerale, primario e culturale. Tanto da far sostenere che lo interpreta sensitivamente e lo compenetra in assunto poetico primigenio ancor prima che lo rispecchia la coscienza.
Insomma lo vive: lo sente fremere, nitrire, scalpitare, galoppare e lo dipinge con audace versione ispirata che comunica la pazienza e la forza, lo slancio, la furia consone alle proporzioni in tutta armonia con il ritmo potenziale della sua tavolozza.
La fonte d’animo da cui il maestro alimenta e trasfigura in tensione di poesia la manifestazione cavallina che diventa anche filosofia della compiacenza umana.
Anche De Chirico, in occasione di una personale del pittore milanese, rimane folgorato dai maestosi ed eleganti destrieri di Gonzaga.
Finalmente, a guerra finita, può dedicarsi alla pittura, cui si volge da completo autodidatta, esordendo con una personale a Milano presso la Galleria Carini nel 1947.
Giovan Francesco Gonzaga dal 1955 hanno inizio i suoi frequenti soggiorni a Rapallo e intraprende numerosi viaggi fuori dai confini nazionali.
Fra tutti, è in particolare un viaggio in Spagna a rappresentare per il maestro un importante momento di crescita e personale e artistico-estetica, manifesta, quest’ultima, nell’arricchimento tematico e cromatico della sua tavolozza.
Diversi i riconoscimenti ottenuti dall’artista: il Premio Marzotto nel 1963, il Pavone d‘oro nel 1967 e Le grolle d‘oro nel 1972.
Nel 2001 riceve anche l’Abrogino d’oro, massima onorificenza conferita dal comune milanese ai suoi concittadini benemeriti. Sue opere sono oggi esposte in diversi musei, nazionali e internazionali.
Vittorio Sgarbi, a proposito della cromia tipica di Gonzaga ha affermato : “[…] il colore di questo artista ha una regalità e una sensibilità che provengono da una percezione musicale della cromia, dove la tavolozza si esprime in improvvisi, in variazioni e in ritmi pulsanti […] In tempi successivi la sua pittura si è rivolta ai cavalli e ai cavalieri, e non tanto in chiave metafisica dechirichiana, che in questo caso non è certamente anacronistico chiamare a confronto, quanto piuttosto in quella di una poetica visionaria. Qui le immagini vibrano di inquietudine, nel segno della lotta dell’uomo contro se stesso, nell’inferno di una storia che sembra ripetere sempre lo stesso dramma. […] Il senso della sintesi narrativa che lo porta a sfrondare e a completare il lavoro esaltando il gioco delle masse volumetriche e degli equilibri cromatici. La fusione dell’uomo in guerra con il cavallo che lo porta si esalta teatralmente in momenti diversi, in un impatto visivo che riconduce a idee archetipe sul rapporto che intercorre fra natura e cultura, dove l’energia vitale porta in sé inevitabilmente la pulsione alla violenza e alla morte, ma anche alla rinascita sulle rovine della distruzione.
Pittore di area tradizionale, il suo personalissimo museo si radica nella ragione rinascimentale, per ripercorrere le tappe che conducono al neoclassicismo francese, soprattutto Delacroix, per raggiungere quel modo di comporre tutto italiano, e in qualche misura visionario e barocco, che è stato di Giorgio de Chirico e di Alberto Savinio. […] Ma le più importanti composizioni di questo artista sono comunque quelle che delineano le dinamiche dei corpi in movimento, dove ogni raffigurazione rappresenta lo svolgimento compiuto di un evento.”
(V. Sgarbi) Tratto da “ Le scelte di Sgarbi” Editoriale Giorgio Mondadori