Firenze 1824 – 1899
Lorenzo Gelati pittore che ha operato in Liguria
Lorenzo Gelati abbandonò gli studi umanistici per dedicarsi alla pittura sotto la guida di Carlo Markò, stabilitosi a Firenze alla fine degli anni Trenta, da cui derivò l’impostazione accademica e l’esecuzione minuta proprie dei paesaggisti romantici.
Nel 1847 esordì all’esposizione della Società promotrice di belle arti di Firenze presentando, tra l’altro, Calognole nel Mugello con cascate d’acqua e Motivo dal vero.
Espose soprattutto vedute campestri e urbane eseguite principalmente nel capoluogo e in altre località toscane (il Mugello, il Valdarno, la Versilia, il Chianti), ma anche in Umbria (lago Trasimeno), in Romagna, nei dintorni di Roma e di La Spezia.
Nel 1858, insieme con le consuete vedute presentò Interno di castello del Medioevo, memore della coeva pittura di Odoardo Borrani.
Fu presente in varie manifestazioni artistiche locali, quali la rassegna annuale dell’Accademia di belle arti e le esposizioni della Società d’incoraggiamento delle belle arti e fu tra 1848 e 1855, uno degli animatori del caffè Michelangiolo di Firenze, per il quale decorò una sala destinata agli artisti dipingendovi due affreschi, Tramonto e Ruderi con la luna (1852).
Frequentò e dipinse la campagna intorno a Staggia, nel Chianti senese, insieme con Serafino De Tivoli, i fratelli Carlo e Andrea Markò, Carlo Ademollo, Alessandro La Volpe, Saverio Altamura.
Tale esperienza significò la scelta precoce della pittura dal vero, nel contatto diretto con la natura, non più idealizzata romanticamente, bensì descritta fedelmente in quello che ha di peculiare e di caratteristico, le sue vedute oscillarono tra la visione tradizionale e l’attenzione verso la ricerca dei macchiaioli, precorrendone l’elaborazione teorica in taluni risultati e riflettendola in altri.
Già dai primi anni Cinquanta raggiunse un’espressione d’arte di paesaggio autonoma resa per sintesi di luci e di forme.
Dal 1855 al 1865 frequentò a Pistoia dove si riunivano G. Fattori, T. Signorini, S. De Tivoli, D. Morelli, E. Pollastrini, M. Gordigiani, G. Ciaranfi e i letterati G. Carducci, R. Fucini, A. Vannucci, F. Martini ed E. Nencioni, oltre a S. Ussi.
Costanti furono i rapporti con i macchiaioli: suoi dipinti figuravano nella raccolta Banti e nella collezione Martelli; nel 1860 si recò a Seravezza per dipingere insieme con Signorini, Vincenzo Cabianca e Cristiano Banti che ritornavano da La Spezia; svariate sembrano essere state le permanenze a Castiglioncello presso Diego Martelli fin dai primi anni Sessanta; nel 1872 incontrò Signorini, F. Zandomeneghi, Fattori e Borrani a Venezia.
Nel 1861 il dipinto Le cave di monte Ripaldi, presentato a Firenze alla I Esposizione italiana, ottenne ammirazione generale e lodi nella recensione di P. Ferrigni; Castello di Staggia, altro quadro esposto dall’artista per l’occasione, insieme con Veduta di Firenze fuori porta S. Niccolò, fu commentato favorevolmente sul giornale della mostra perché interpretazione delle novità stilistiche senza eccessi formali.
Nel 1867 l’artista fu premiato dalla Promotrice di Firenze e, nello stesso anno, riscosse encomi all’Esposizione triennale di belle arti di Bologna.
Nel 1870 partecipò alla Mostra italiana di Parma con La villa Salviati presso Firenze e Il torrente Mugnone presso Firenze.
Alla Promotrice di Torino del 1881 espose Vita di paese in Toscana, Un’impressione sull’Arno e San Terenzio presso La Spezia, forse lo stesso quadro presentato due anni dopo, insieme con Interno del refettorio dell’ex convento di S. Domenico in Fiesole, all’Esposizione di belle arti in Roma.
Nel 1884, all’Esposizione nazionale industriale e artistica di Torino, prese parte invece con più opere, tra cui Il ponte Vecchio a Firenze.
Anche negli ultimi anni di vita si recò di frequente a dipingere in campagna; espose inoltre assiduamente alle Promotrici fiorentine.