Fermo (AP) 1921 –  Genova 1982

Francesco Galotti pittore ligure

Francesco Galotti allievo delle scultore Gino Lucchi dai quale apprende le prime nozioni di disegno e di modellato, prevalentemente in legno.
Segue più tardi i corsi di scultura nella scuola d’arte Maragliano.
Nel 1936 si trasferisce a Genova dove frequenta studi e gallerie d’arte, continuando a perfezionarsi per proprio conto all’attività grafica.
Significativa è intatti la sua formazione che si sviluppa attraverso una spiccata vena disegnativa sino al periodo bellico.
Nel 1946 – ’47 e ’48 espone i suoi primi disegni e dipinti a mostre regionali e nazionali; è di esempio la partecipazione ad alcune edizioni della Promotrice di Torino e ad altre note rassegne.
Dal 1948 in poi è presente a tutte le manifestazioni del Sindacato Ligure con dipinti e sculture; a mostre di carattere anche internazionale.
Dal 1951 al 1964 si occupa inoltre di procedimenti litografici alla “Barabino & Graeve” di Genova, perfezionandosi nella elaborazione degli inchiostri e delle lastre granite.
Di questi vari periodi rimane una interessante raccolta di tavole portate alla stampa in pochi esemplari e molti monotipi realizzati direttamente su zinco.
Per alcuni anni esercita la professione d’insegnante.
Pubblica saggi e articoli di critica d’arte su quotidiani e riviste.
Dal 1952 al 1962 dirige il Cenacolo artistico dell’Acquasola, sala di riunioni, mostre e conferenze di cui la critica si è occupata più volte con ampie recensioni.
Di rilievo è anche la sua attività poetica.
Ha avuto lusinghiera critica  da : Angiolini, Zanzi, De Micheli, Ghiglione, Riva, Migone, Ungaretti, Fieschi ed altri.
Francesco Galotti esprime coerentemente in”un nuovo contesto i propri caratteristici elementi.
Ne  La caduta c’è sempre il segno grafico penetrante, il gioco dei volumi, le torsioni lineari concatenantisi baroccamente, questa volta in una spirale diagonale, che ben esprimono drammaticamente l’azione.
Siamo già su un piano interpretativo che va al di là del fatto illustrativo.
Ci troviamo in un mondo nuovo dove l’uomo, che ha rinunciato ai propri valori, viene discusso.
Ed ecco la pittura di Galotti sciogliersi non più nella registrazione di momenti, pur validi artisticamente, ma nel grumo d’un’interpretazione più appassionata, anche più tormentata, consapevole di un dato critico che non appartiene soltanto all’elemento pittorico a sè stante ma anche al travaglio delle idee e allo scrupolo di una “calata negli inferi”.
Anche nella Madre col bambino e ne  La resurrezione  sono presenti i medesimi caratteri di novità con un gusto nell’impaginazione e una fermezza pittorica che svelano un Galotti inedito e maturo.
La scultorea pregnanza tonale della  Madre e l’attonita immobilità di Lazzaro, contrapposta al simbolico occhio di Dio, costituiscono due validissimi esempi in cui la tipica scultoreità di Galotti si armonizza con una costruzione pittorica adeguata, ed la rappresentazione non è solo evidenza ma interpretazione.
In quest’ultima produzione, attraverso una maggiore riflessione e uno scandaglio spirituale raffinato e spoglio nel contempo, i motivi delle ansie umane, delle lotte umane, della solitudine e del mistero divino divengono presenze concrete, realtà penetrabili.
Presso la GAM di Genova sono conservate le opere: La montagna, Due figure (1966), Passo di danza, Naufrago.

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