Dorgali (NU) 1916 – Bregu Rapit (Albania) 1941

Salvatore Fancello ceramista che ha operato in Liguria

Salvatore Fancello fin dall’infanzia rivelò un talento naturale per il disegno e la forma plastica.
Venne assunto per un anno come apprendista nella bottega artigiana di Ciriaco Piras, artigiano-artista allievo di Francesco Ciusa, produttore di terrecotte e pelletterie.
Nel 1930 partecipò al concorso bandito dal Consiglio di economia corporativa di Nuoro, dove presentò un pannello di legno scolpito che gli fece vincere una borsa di studio per l’Istituto superiore per le industrie artistiche di Monza (ISIA); partì per Monza con il diciottenne Giovanni Pintori, anch’egli vincitore di una borsa di studio.
I suoi maestri furono G. Pagano, P. Semeghini e R. De Grada e dal 1932 ebbe come maestro il ceramista V. Ferraresso; fu anche significativo l’incontro con A. Martini e M. Marini, in quegli anni insegnanti di plastica decorativa.
Oltre alla frequenza dei corsi, la sua formazione ceramica avvenne grazie alla diretta sperimentazione tecnica del forno e degli smalti.
Nel 1933 espose due soprammobili a Cagliari alla IV Mostra interprovinciale delle belle arti della Sardegna presso la Galleria comunale.
Nel 1935 partecipò a Nuoro alla VI Mostra del Sindacato fascista con due animali in terracotta. L’attività grafica del Fancello è ancora oggi ben documentata attraverso una serie di disegni che dimostrano con quanta facilità egli riuscisse a trasportare la sua fantasia inventiva dalla carta alle ceramiche .
Nel 1936 conseguì il diploma di maestro d’arte per la sezione ceramica.

Ottenne un premio in denaro per il Cinghiale, che espose a Cagliari alla V Mostra dell’artigianato e piccole industrie della Sardegna presso la Galleria comunale; nello stesso anno tornò a Monza e si preparò a partecipare alla VI Triennale di Milano, dove espose, fra l’altro, i Segni dello Zodiaco (con cui fu premiato), terrecotte dentro coppe smaltate di azzurro.
L’abbinamento della terracotta con la maiolica non era nuovo per lui, ma in questa opera si notò soprattutto un’esigenza organica e non meramente decorativa della composizione.
In una delle sale dell’esposizione di Milano allestita nel palazzo dell’arte decorò, una parete con un graffito tratto da un suo disegno raffigurante quattro giraffe e un leone.
Tra le altre opere presentate si ricorda la serie di piastrelle graffite e maiolicate dei Dodici mesi  e dei Segni dello Zodiaco, un Presepe in maiolica colorata composto di venti pezzi e un gruppetto di animali.

Nell’ottobre 1937 partecipò a Roma alla Mostra tessile nazionale, ma due mesi più tardi fu chiamato al servizio di leva.
Nel 1938, durante il servizio militare, conosce Cesare Brandi.
Giulia Veronesi gli dedica un articolo sulla rivista Corrente mentre le opere eseguite per la VI Triennale vengono pubblicate da Pagano nel libro “Arte decorativa italiana” di Hoepli.

Nel 1938  lavorò ad alcuni disegni decorativi per oggetti da esporre alla Mostra internazionale di Berlino di quello stesso anno iniziò a lavorare ad Albisola Marina nel laboratorio dei ceramisti Tullio e Giuseppe Mazzotti, la cui bottega in quegli anni vantava una qualificata produzione artistica.
Salvatore Fancello durante la sua permanenza produsse circa centoventicinque modelli unici e un grande Presepe di ventidue gruppi di statuine e dieci gruppi di animali esposto a Torino nel dicembre del 1940 nella sede della Gazzetta del popolo.
Nel 1942 una mostra omaggio alla Pinacoteca di Brera celebra il giovane artista caduto in guerra raccogliendone sculture, ceramiche e disegni: vengono esposte opere provenienti dalle collezioni Argan, Labò, Mazzotti, Mussolini, Pagano, Palanti, Pintori, Podestà, l’opera fu presentata in venticinque pezzi.
Successivamente il Presepe, diviso in due gruppi, non fu più ricomposto.
Attualmente ventidue figure sono di proprietà della famiglia Mazzotti di Albisola Marina, le rimanenti dieci risultano introvabili dopo l’esposizione del 1950 svoltasi al Brooklyn Museum di New York.
Nel laboratorio di Albisola Marina, attuando un’innovazione tecnica, realizzò opere in cui usava grandi quantità di colore; questa soluzione gli permetteva di fissare sul biscotto le tinte senza l’ausilio dello smalto, conservandone intatta la tavolozza cromatica.

Nel marzo del 1940 ottenne una nuova licenza che gli permise di partecipare alla VII Triennale di Milano per conto della ditta Olivetti, ottenendo il diploma d’onore per il settore ceramico.
I lavori, eseguiti sotto la direzione di G. Pagano, rimasero incompiuti e solo dopo la morte del Fancello furono ultimati ad Albisola presso le fornaci Ilsa.
Nel gennaio del 1941, non ancora venticinquenne, morì a Bregu Rapit, in Albania.

Galleria