Perugia 1884 – 1977
Gerardo Dottori pittore che ha operato in Liguria
Dal 1906 al 1907 lavora come decoratore a Milano. Tornato a Perugia, riprende gli studi.
I suoi primi lavori si rifanno alla tecnica divisionista e a tematiche simboliste.
Dal 1911 comincia a partecipare a mostre collettive e nel 1912 aderisce al futurismo.
Dopo l’interruzione dovuta alla guerra (durante la quale pubblica “parole in libertà” con lo pseudonimo di G. Voglio), riprende l”attività di pittore futurista.
Nel 1920 fonda a Perugia la rivista “Griffa!” con Presenzini Mattoli e tiene a Roma la sua prima personale alla Casa d’Arte Bragaglia, dove espone nuovamente nel 1921.
Gerardo Dottori partecipa alle Biennali romane del 1923 e 1925, alle Biennali veneziane del 1926,1930, 1932, 1934, 1936, 1938, 1940 e alle Quadriennali romane del 1931, 1935 e 1939.
Gerardo Dottori nel 1929 sottoscrive Nel 1929 firma con i futuristi Balla, Marinetti, Depero, Fillia, Prampolini, Tato, Somenzi il Manifesto dell’aeropittura.
Dal 1929 al 1939 risiede a Roma, dove è redattore artistico dei fogli “Il Giornale d’Italia”, “L”Impero”, “Oggi e Domani”.
Nel 1939 ritorna a Perugia, dove insegna all’Accademia di Belle Arti (ne è direttore dal 1940 al 1947).
Nel 1941 scrive il Manifesto futurista umbro dell’aeropittura.
Dipinge intensamente anche nel dopoguerra.
Quanto ai suoi rapporti con la Liguria, dopo la partecipazione alla Mostra di aeropittura a Genova, nel 1931, ha frequenti contatti con La Spezia, dove, nel 1933, collabora alla “Terra dei Vivi”, partecipa alla Mostra nazionale di pittura Premio del Golfo (conseguendo il primo premio), realizza numerosi dipinti sul tema del paesaggio spezzino e instaura relazioni commerciali con il mercante Nino Carozzi (mantenute anche nel dopoguerra, quando partecipa ad altre edizioni del Premio del Golfo).
Per intendere, fino in fondo, la pittura di Dottori, occorre, credo, seguire dunque uno approccio piuttosto solitario nelll’orizzonte stesso del Futurismo italino, e occorre intanto riconoscere innanzitutto lo forza di aver operato quella scelta dì riferimento, piuttosto che di essersi lsciato trascinare da sìtuozionì che potevono appartenergli soltanto esteriormente. E ìl suo lirismo ci offre, come scrivevo Fillia in una nota critico in “Oggi e Domani” all’inizio degli anni Trenta “un’atmosfera di sogno dove tutti (pittore, oggetti, elementi) sono innamorati di spazìo e respirano l’infinito”