Trento 1895 – Padova 1980

Mario Disertori pittore che ha operato in Liguria

Mario Disertori ha studiato all’Accademia di Firenze e Venezia ed in questa città figurava fino al 1971 insegnante all’Istituto d’arte di Venezia.
Nel 1909 uno dei passi miliari nella sua formazione fu l’incontro con Umberto Moggioli che sarà per Disertori un faro per tutta la vita.
Nel 1912 si trasferisce da Trento a Venezia per seguire il corso di pittura all’Accademia delle Belle Arti e nel 1913 è introdotto sempre da Moggioli nel gruppo dei Buranelli (Gino Rossi, Pio Semeghini, Arturo Martini tra gli altri) con i quali passa molte giornate nella piccola isola di Burano a dipingere sentendo il fascino incontaminato e primitivo di quel luogo da cui trae profondi stimoli per la sua pittura e debutta con il gruppo giovanile dei pittori Ca’ Pesaro.
In questa occasione espone come pittore nell’orbita di Moggioli e la mostra gli frutta qualche lode e la grande emozione di una prima vendita.
Si trasferì poi in Toscana dove si diploma all’Accademia di Firenze e nel 1922 si trasferisce a Padova dove insegna alla Scuola d’Arte Pietro Selvatico.
La sua pittura senza mai cedere alle mode del tempo del futurismo che considerava esibizioni pubblicitarie, trasse però ispirazioni nuove per i colori dei suoi dipinti.
La Toscana come la Liguria, avranno un ruolo importante nella sua vita artistica.
Fu ricercato dalla committenza per le sue doti di eccellente ritrattista.
Mario Disertori lascia delle opere che ci descrivono una Italia nel periodo precedente la Prima guerra mondiale con spiagge disabitate, una intensità di luce rara della laguna e marine con quei colori pastosi, i viola i verdi argentati e gialli ocra; la sua tavolozza dei colori subirà nel tempo dei mutamenti trasformandosi da opachi e pastosi a lucidi e brillanti sintomo di una trasformazione da una pittura intimista ad una più matura e solare.
Ha iniziato ad esporre con una certa frequenza alle Sindacali Trivenete dove i suoi lavori vennero acquistati per la Casa Reale, per la Galleria di Valle Giulia a Roma, per il Museo d’Arte di Trento e per la Cassa di Risparmio di Padova.
Ha partecipato alle Biennali di Venezia del 1930 dove espose il dipinto Nelle Prealpi veronesi, alla mostra dei quarant’anni della Biennale del 1935 dove espose il dipinto Fine d’inverno e del 1936.
Ha esposto a Ca’ Pesaro nel 1913, 1923, 1924,1925,1927,1930, 1937,1938,1940, partecipando al rinnovamento Artistico portato nella regione dall’avanguardia della Bevilaqua La Masa, alla Quadriennale di Roma del 1935 con i dipinti Stradina a Forte dei Marmi e Capanni sul mare, del 1939 col dipinto Uliveto, alla Sindacale Nazionale di Napoli del 1937 e nello stesso anno alla Mostra d’arte italiana a Varsavia col dipinto Nel veronese.

Innamorato della Liguria era usuale frequentare quello che aveva eletto a Buen Retiro cioè una casa sul mare a Fiascherino posto da cui si spostava per andare a dipingere lungo la Riviera o nella campagna senese ma, in entrambi i casi, seguendo la sua principale passione di dipingere en plain air.
Classificato via via come manierista da Carlo Munari, impressionista da Guido Perocco o post- impressionista veneto, Disertori ha in realtà un percorso individuale fatto di convinzioni morali e di fede a cui resta coerente e si inserisce con diritto nei paesaggisti della tradizione veneta.
Alla XXIV Biennale di Venezia del 1948 ha esposto: Fioritura dai colli, Grigio primaverile, mentre alla successiva edizione Paesaggio euganeo.
Fu anche valente incisore all’ acquaforte.
Dal 1953 al 1955 accettò di dirigere una piccola ed elegante galleria fondata da lui stesso ed Alberto Carrain  “La Chiocciola” dove esposero tra molti: Fiorenzo Tomea Carlo dalla Zorza, Pio Semeghini, Felice Carena, Tono Zancanaro, Nino Springolo, Mino Maccari, Arnaldo Pomodoro, Emilio Greco, Lorenzo Viani (postuma) e la visitarono personaggi quali Riccardo Bacchelli, Manara Valgimigli e Peggy Guggenheim che portava con se critici e pittori stranieri che volentieri venivano a vedere questa innovativa galleria Padovana.
Disertori strinse un’ amicizia particolare con la famiglia di Carlo Dalla Zorza che era suo collega di insegnamento e amavano andare insieme sui colli a ritrarre lo stesso paesaggio ognuno alla sua maniera, e quei paesaggi con i filari di viti ed i pali che li sorreggono assomigliano per lo più alle righe di uno spartito musicale con quei tiranti di legno a capofila dipinti in diagonale a fare da contrappunto o da chiave in una pittura armonica nella quale ogni dipinto ha i suoi colori dominanti e di stagione.

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