Novara 1883 – Torino 1963
Felice Casorati pittore che ha operato in Liguria
Felice Casorati dotato di un’acuta e vasta intelligenza e di multiformi interessi culturali, fin quasi ai vent’anni pensò di affermarsi come musicista, studiando composizione.
Tuttavia già dal 1902 aveva incominciato a dedicarsi alla pittura, frequentando lo studio di Giovanni Vianello, durante il soggiorno a Padova, dove, per ubbidire al padre, si era iscritto alla facoltà di legge.
La pittura era la sua vera vocazione, e l’anno stesso in cui consegui la laurea, nel 1907, inviò alcune opere alla Biennale di Venezia e la critica salutò con entusiasmo la scoperta del giovane e promettente artista, egli conciliava in sé due contrastanti tendenze: quella dei fautori delle più coraggiose ricerche innovatrici e quella di coloro che, pur volendo dimostrarsi aperti a una nuova visione dell’arte, continuavano ad ammirare, più o meno segretamente, Luigi Nono ed Ettore Tito, Dall’Oca Bianca e Italico Brass.
La modernità degli scorci e delle deformazioni poteva essere interpretata come una stilizzazione letteraria di tendenza neoclassica.
Ed egli affermava che, invece di dipingere l’apparenza delle cose, come facevano i pittori del suo tempo, intendeva dipingere soltanto la verità.
Tra il 1908 al 1911 visse a Napoli, nel 1911 si stabilì a Verona, dando inizio a un periodo di travagliate ricerche e creando varie opere che segnano tappe molto importanti nella sua sofferta esperienza pittorica.
All’acuta indagine psicologica dei primi lavori i si era aggiunto un simbolismo di ispirazione secessionista e di carattere allegorico, sviluppato poi maggiormente in Signorine, del 1912 (GAM Venezia).
Dello stesso anno è Ragazze padovane e dell’anno seguente Nudo di ragazza e Nudino.
Nel 1913 partecipò alla mostra dei dissidenti di Ca’ Pesaro in fraterna solidarietà con Gino Rossi e Pio Semeghini, legato a loro da un uguale spirito d’indipendenza di fronte all’accademismo dei “maestri” che dominavano alle Biennali veneziane.
Del 1914 sono le Marionette e le Uova sul tappeto verde una delle opere in cui è già definita la personalità dell’artista, esposta alla mostra romana della “Secessione” del 1915.
Nel 1918, dopo la morte del padre, si stabilì, con la famiglia, definitivamente a Torino, per riprendere la sua instancabile attività di artista.
Nel 1920 rifiutò l’invito alla Biennale, per esporre di nuovo a Ca’ Pesaro con gli amici del 1913.
Alla Biennale del 1920 però poté studiare a fondo l’arte di Cézanne, rappresentata da una serie importante di opere, dalle quali apprese apprese a costruire per strutture volumetriche il quadro, come accordo di masse, di linee e di colore in funzione reciproca, in perfetta correlazione, senza effetti di chiaroscuro.
Pur non allineandosi con i pittori metafisici, vi è nelle sue opere un’atmosfera di suspense, un carattere di malinconica solitudine, un senso di profondo distacco.
In questi anni la sua estetica si condensa nella massima: “Numerus, mensura, pondus”.
Fra i quadri più importanti vanno ricordati: Uova sul cassettone (1920), Fanciulla addormentata La donna e l’armatura (1921), Le due sorelle (1921), Ragazza nuda (1921), Meriggio (1922: Trieste, Museo Revoltella, considerato da molti il suo capolavoro), Silvana Cenni (1922), i tre Ritratti della famiglia Gualino (1922-23), Concerto e Duplice ritratto (1924), Ritratto della signorina Rigotti (1924), Ritratto della signora Wolf Ferrari (1925), Daphne (1928), Mia madre (1930).
In quel periodo Torino visse una grande stagione: fu un centro di cultura vivissimo, grazie alla presenza di personalità come Edoardo Persico, Lionello Venturi, Antonio Granisci e Piero Gobetti nonché per il mecenatismo di Riccardo Gualino.
Comincio a insegnare dal 1923 nel suo libero atélier e nel 1928 ottenne l’incarico (riconfermato l’anno seguente) della cattedra di arredamento e decorazione interna all’Accademia Albertina di Torino, dove divenne titolare della cattedra di pittura nel 1941.
Alla Biennale del 1924, dove, presentato da Venturi, aveva esposto in una personale dipinti degli ultimi due anni, l’artista ottenne un grande successo, confermato in quella del 1928 e alla prima Quadriennale romana del 1931. in cui ebbe un premio.
Sono gli anni dei primi soggiorni in Liguria (Ragazze a Nervi, 1930), frequentazioni della Riviera che saranno sempre più assidue con la moglie Daphne e il figlio Francesco.
Ormai aveva raggiunto una fama europea e per oltre quarant’anni egli seppe mantenersi a quel livello, meritando altri riconoscimenti di grande prestigio.
Alla Biennale del 1952 una grande mostra retrospettiva ripropose l’opera dell’artista, dal Ritratto della sorella del 1907 sino alla sua produzione più recente – consacrandone la straordinaria vitalità e la posizione che la critica più avveduta gli aveva assegnato nell’arte italiana del Novecento.
Le sue opere sono entrate a far parte delle più importanti collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.
Non bisogna dimenticare, accanto alle opere di pittura la sua attività di grafico, scultore, (aveva conosciuto Arturo Martini a Venezia nel 1913), architetto, scenografo, nonché l’interesse per le arti decorative: questa concezione della scambievole “unità delle arti” era stata incoraggiata, come si è detto, dall’ambiente intellettuale torinese.
L’opera grafica è particolarmente indicativa vale ricordare le opere di pittura e xilografie per l‘Eroica, rivista ligure diretta da Ettore Cozzani.
Dotato di una inconfondibile personalità, Casorati. non si lasciò coinvolgere nei movimenti d’avanguardia del suo tempo il fauvismo, l’espressionismo, il cubismo, il futurismo, eppure seppe trarre da essi la linfa vitale per infondere uno spirito di modernità nelle sue opere, impostate su un classico rigore intellettuale.