Piacenza 1895 – 1958

Osvaldo Barbieri BOT pittore che ha operato in Liguria

Osvaldo Barbieri (Barbieri Oswaldo Terribile, BOT) segue in modo irregolare i corsi di Francesco Ghittoni all’Istituto d’Arte Gazzola di Piacenza. Quindi a Milano alla Società Umanitaria e poi a Brera, sempre con la medesima discontinua modalità.
Allo scoppio della Grande Guerra si arruola volontario.
Nel 1920 si trasferisce a Genova mantenendosi con i primi lavori che trova, dal verniciatore allo scaricatore di porto.
Qui in terra ligure, BOT tenta di presentarsi al pubblico per la prima volta aggregandosi a mostre collettive.
Nel 1926, durante un momentaneo ritorno a Piacenza, si innamora di Enrica Pagani, la porta con sé a Genova e la sposa, per poi rientrare definitivamente nella sua città e concentrarsi definitivamente sull’arte.
Nel 1928 conosce il Futurismo attraverso l’opera di Depero, Fillia, Prampolini e l’anno dopo incontra Filippo Tommaso Marinetti che benedice il suo lavoro e a lungo lo sosterrà in alcune mostre milanesi e nella produzione editoriale.
Iniziano così importanti esposizioni: per quattro volte alla Galleria Pesaro a Milano in occasione delle mostre futuriste; alla Biennale di Venezia nel 1930 e nel 1932; poi a Parigi, Monaco di Baviera, Atene; nel 1932 e 1933 a Roma allo Spazio Bragaglia.
Nel 1929 fonda a Piacenza la Centrale del Futurismo, nel 1930 “La Fionda”, una rivista che raccoglie marchi commerciali ridisegnati dall’artista alternandoli a riproduzioni d’arte.
Negli anni ’30 cominciò a lavorare alla prima serie delle “Ferroplastiche” e si legò al movimento futurista, partecipando a numerose mostre insieme agli artisti del gruppo.

Guerriero che lancia lo scudo, Ferroplastica, 1933


La sua pittura non fu immune da nessuna delle esperienze dell’arte europea, dal postimpressionismo al cubismo, dal surrealismo all’espressionismo, dal futurismo all’arte oggettuale, anche grazie al suo vivissimo senso di ribellione e di contestazione delle mode tradizionali e convenzionali. 
Il suo disegno era rapido, essenziale, stilizzato ma elegante e i suoi colori erano usati a seconda dello stato d’animo del pittore.
Diventavano limpidi, cantati, bellissimi nei momenti lirici; drammatici e intensi nei momenti di rabbia e disperazione.
 Nel 1934 Italo Balbo, a cui aveva dedicato un’opera intitolata Aeroritratto di S.E. Balbo, lo chiama in Libia, in Africa la sua visione dell’arte subisce un ulteriore shock: l’atmosfera primitiva, rude e imbevuta di forme fantastiche e magie, una visione della vita lontanissima da quella occidentale, gli ispirano opere del tutto impreviste.
Arriva al punto di crearsi un alter ego africano, tale Naham Ben Abiladi, con il quale nel 1935 dipingerà e parteciperà a mostre, nascondendo la sua vera identità e spacciandolo per un artista conosciuto in Africa.
Nel 1934 e 1937, dipinge il salone e lo scalone del Municipio di Carpaneto Piacentino con le mitologie dell’Italia Fascista.
Nel 1940 a causa della guerra, si ritira in campagna dove nasce un nuovo artista: torna ai paesaggi, ma paesaggi eterei, fatti di case diroccate, figure e nature morte che creano atmosfere in un certo senso astratte.
Nel dopoguerra è ancora in Liguria, che non ha mai tralasciato di frequentare e conosce Lucio Fontana ad Albisola, si avvicina alla ceramica e addirittura alla poesia.

Allestisce mostre e nel 1951 partecipa alla VI Quadriennale di Roma.
Tra le sue opere si ricordano i libri Fauna futurista e Flora futurista, con illustrazioni.
A lui è dedicata una sezione della galleria MiM-Museum in Motion nella torre del Castello di San Pietro in Cerro (PC).
Per celebrare il CXX anniversario dalla nascita di Bot la sua città ha dedicato una mostra allestita presso la galleria di Palazzo Rota Pisaroni in via Sant’Eufemia.
Quattrocento opere, provenienti da raccolte pubbliche e private, che raccontano un Bot realista, futurista, vicino al realismo magico, al dadaismo e all’astrattismo come scrive nel catalogo la curatrice Elena Pontiggia.
Bot è stato pittore, scultore, grafico, illustratore, editore e fotografo dall’anima inquieta, sperimentatrice e complessa.

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