Genova 1928 – 2020

Giorgio Angelini pittore ligure

Giorgio Angelini dopo un corso di disegno all’Accademia Ligustica (1950) inizia a dipingere in solitudine paesaggi della sua città, nel 1955 entra nel “Gruppo Artistico Acquasola”.
La sua ricerca figurativa ed espressiva va definendosi attraverso varie esperienze finché: “I suoi dipinti, connotati da una figurazione di tipo espressionista, maturano una visione interiore, sorretta da un esercizio consapevole del linguaggio pittorico” (G. Beringheli).
Ha fatto negli anni 22 personali (la prima nel 1960) e ha partecipato a numerose mostre di gruppo.
Giorgio Angelini esprime il senso tragico dell’esistenza attraverso una pittura di dolente partecipazione emozionale alimentata da una “pietas” che induce il gesto a delicatezze narrative: i suoi personaggi galleggiano in un limbo che stempera le ferite dell’anima.
Lo possiamo vedere in Commiato supremo dove solo le dilatate mani della protagonista annunciano la tragedia.
Invece la solitudine emerge con tutto il suo incommensurabile peso in “Dal molo, un addio…”: il minuscolo personaggio si trova sul ciglio di un baratro circondato da un insondabile buio e il peso insopportabile dell’abbandono trova qui le misure della disperazione.
Compaiono quindi dolenti “maternità” che cercano di preservare il prezioso frutto dell’amore.
Anche il paesaggio ligure si alimenta del medesimo clima di sofferenza in un contorcimento di ulivi che sembrano assorbire i travagli di una terra che entra in simbiosi spirituale con i suoi abitanti, e la Resurrezione si può solo ottenere dall’abbraccio di chi condivide la stessa sorte.
Così Angelini si racconta e ci racconta con il delicato e partecipe gesto che stempera il dolore di ogni ferita esistenziale (L.Caprile).

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