Loreto (AN) 1904 – Milano 1992
Attilio Alfieri pittore che ha operato in Liguria
Attilio Alfieri inizia la sua attività artistica come decoratore ma ben presto si accorge che questa rappresenta un limite alla sua creatività e nel 1925 raggiunge Milano, dove trova un lavoro da imbianchino che gli consente di frequentare le scuole serali di “Brera”, allievo di Ludovico Poliaghi, e i corsi superiori al “Castello Sforzesco” sotto la guida di Grandi.
Nel 1928 affitta un locale a Porchera, nei pressi di Calco, dove in compagnia del collega Aldo Colombo, può dedicare un anno allo studio del paesaggio.
E’ il 1930 quando prende in affitto un locale in un palazzo di via Solferino 11 che presto diventerà un vero e proprio cenacolo di giovani artisti, tra i quali Saltini, Andreoni, Mantica, Bonfantini, Birolli, Spilimbergo, Lilloni, Greggio, Del Bon, frequentato anche da altri artisti e intellettuali come Giolli, Persico, Gatto, Cantatore e Carrieri.
Saranno proprio alcuni di questi amici che gli faranno conoscere per la prima volta la costa ligure di levante da loro frequentata.
Ad Alfieri viene proposto di unirsi al gruppo che prenderà poi la denominazione di “Corrente” e ai “chiaristi”, ma lui, timido e scontroso, temendo di apparire inferiore ai colleghi per il lavoro di imbianchino, si tiene appartato.
Nel 1932 partecipa alla III Mostra d’arte del Sindacato regionale fascista belle arti di Lombardia – Biennale di Brera, dove, con l’opera Fabbriche (1931), vince il premio-acquisto della Confindustria e l’anno successivo affresca alcune pareti alla Triennale di Milano, accanto a Sironi, Cagli e altri maestri.
Nell’aprile del 1934 tiene la prima mostra personale presentata da Dino Bonardi al Circolo Filologico di Milano.
Dal 1935 al ’39 riduce l’attività pittorica al cavalletto per dedicarsi all’esecuzione di lavori pubblicitari per le manifestazioni fieristiche in Italia e all’estero, che darà vita ad una straordinaria serie di pannelli polimaterici con il fantasioso e audace utilizzo di immagini e fotogrammi, impensabile per quei tempi.
Nel 1939 la cattedra di affresco e decorazione alla Scuola Umanitaria di Milano.
Nei primi anni ’30 l’attività espositiva si limita soprattutto alle mostre sindacali lombarde, nel 1935 è per la prima volta alla Quadriennale di Roma, dove tornerà nel 1939, nel 1943 e nel 1956, anno in cui otterrà il premio acquisto.
All’ Esposizione universale di Parigi del 1937 espone Mariuccia (1932) ed ottiene il diploma con medaglia d’oro e poi l’anno successivo l’apice per ogni pittore, la partecipazione alla XXI Biennale di Venezia con la tela Castello Sforzesco (1931).
Esporrà per la prima volta a Milano nel 1943, in occasione della personale alla Galleria Barbaroux.
Nel 1940 è di nuovo alla Biennale di Venezia, per il concorso del ritratto, e vi espone Natascina (1933); sarà ancora a Venezia nel ’42 e nel ’44, quando viene invitato con una parete personale, ma la manifestazione sarà annullata per cause belliche.
Nel gennaio 1942 è con una mostra personale alla Galleria Grande di Milano, e a febbraio alla Galleria Genova di Genova; sempre nel 1942 a Verona vince il primo premio (ex aequo con Tomea) col dipinto Rapanelli; a Firenze il primo premio “Piero della Francesca” con Lotteria di Tripoli; e il primo premio del Ministero dell’Educazione Nazionale.
Ancora a Milano nel 1943, vince il Premio della Provincia alla mostra Intersindacale, nello stesso anno lo studio di via Procaccini viene bombardato e verrà completamente distrutto, gli effetti disastrosi della guerra e l’oppressione, anche psicologica, della dittatura fascista segnano profondamente l’uomo e l’artista.
L’attività artistica da cavalletto, che si era quasi interrotta nel 1943 a causa della guerra e della clandestinità, riprenderà con regolarità solo dal ’53, perché la miseria del primo dopoguerra lo aveva obbligato a privilegiare il lavoro di decoratore e di fierista, sono infatti dei primi anni cinquanta gli ultimi lavori a carattere pubblicitario conservati: il pannello per la Rinascente del 1950, quello per il 1° Festival di Sanremo (1951).
Attilio Alfieri partecipa, ottenendo sempre premi e segnalazioni: nel 1950, alla mostra Dieci pittori milanesi a Zurigo; 1952, alla Mostra di artisti italiani a Basilea; 1953, alla II Mostra regionale d’arte contemporanea di Macerata; 1954, Premio Milano e Premio “Cesare da Sesto”; 1954, Premio Medardo Rosso e il Premio Zerloni alla II Mostra di pittura contemporanea di Desio; 1955, VIII Premio Suzzara “Lavoro e lavoratori nell’arte”; 1956, alla VII Quadriennale di Roma; 1957, Palazzo della Permanente, Milano di ieri e di oggi attraverso l’Arte mentre si susseguono le mostre personali e poi Londra, Zurigo, Ginevra, Amsterdam e a New York.
Nel 1959 il critico d’arte Giorgio Kaisserlian cura la prima monografia.
La notorietà e la connessa necessità di produrre per il mercato, lo tormentano e soffocano la sua creatività, sente la necessità di tornare a “dipingere” in tranquillità e solitudine, ma lo studio di via Pantano è troppo frequentato.
Soggiorna spesso a Rapallo e cerca di scaricare la tensione dipingendo acquarelli en plein air e di ritrovare nel Levante ligure la suggestione dell’amata riviera del Conero.
Dopo l’antologica del 1964 a Torino, seguiranno: quella del 1970 a Milano, al Palazzo dell’Arengario; del 1971 a Torino, alla Società Promotrice Belle Arti al Valentino; del 1974 a Roma, al Palazzo Braschi; del 1978 a Loreto, al Palazzo Apostolico e quella del 1979 a Ferrara, al Palazzo dei Diamanti.
Nel 1980 viene realizzata la sua più completa monografia e molte di quelle opere pubblicate , circa duecento, saranno esposte al Palazzo Reale nell’estate dell’anno successivo, in un’ampia antologica promossa dal Comune di Milano, come riconoscimento del suo ruolo artistico a Milano.