L’esposizione, a cui molte famiglie genovesi partecipano prestando opere delle loro raccolte private, indaga le connessioni fra il mondo di Raimondo Sirotti e i maestri liguri del Novecento ma anche con i grandi protagonisti del barocco genovese a cui l’artista si è dichiaratamente ispirato, sia presentando esperienze nelle quali l’artista esplicitamente dialoga con autori e opere del passato, sia proponendo accostamenti richiamati da elementi comuni sul piano visivo, iconografico, cromatico.

La mostra, che conta un centinaio di opere, si apre con una tela di grandi dimensioni di collezione privata, con una presenza preminente del colore verde: le grandi superfici dipinte diventano porte su un mondo emotivo nel quale lo spettatore è invitato ad entrare. Il verde caratterizza anche la salita del grade scalone di Villa Croce, animato da migliaia di fogli realizzati dai ragazzi delle scuole genovesi per il progetto “Fogli che diventano Foglie“.

Al culmine della scala monumentale, il verde lascia posto al giallo, con i tre grandi pannelli del trittico Brezza tra le ginestre (1996) a occupare lo spazio in una esplosione di luce. Dal lampo giallo delle ginestre si entra in uno spazio buio, dove la proiezione delle Ninfee di Monet dialoga con i dipinti di Sirotti dello stesso tema, esplicito omaggio al pittore francese.

D’altro canto, il lavoro di Sirotti spesso richiama le suggestioni dell’Impressionismo e del post Impressionismo, soprattutto per il significato emotivo attribuito al colore.
Segue una sala che racconta la relazione fra Edoardo Sanguineti e Sirotti: dedica un sonetto all’amico pittore nel 2015, “Vedo Verde”, intitolandolo con un rimando diretto al colore preferito della tavolozza sirottiana.

Un’esperienza multisensoriale permetterà di ascoltare i versi della poesia, di vederne il manoscritto, oltre a una serie di oggetti reinterpretati da Sirotti sul tema del verde, come una curiosa, tridimensionale cravatta.
Fra la fine del Novecento e l’inizio del nostro secolo, i dipinti di Sirotti e soprattutto i soggetti floreali godono di grande successo presso il pubblico; il pittore ne realizza molti, con una rapidità che evoca la produzione seriale: ecco quindi la sala intitolata “Sirotti Pop”, dove una serie di tele dedicate ai fiori viene messa in relazione con l’opera dell’artista che seppe comprendere il potenziale espressivo della serialità nell’arte: Andy Warhol, presente in mostra con uno dei suoi Flowers.

Da qui, l’allestimento conduce alla serie di raffronti fra opere di Sirotti e i maestri della pittura genovese.
Riguardo agli artisti del Novecento, quello di Sirotti è un omaggio esplicito in almeno un caso: il suo Il castagno, infatti, ha come sottotitolo Omaggio ad Antonio Discovolo, che è presente con il suo dipinto del 1921 dello stesso soggetto proveniente dalle collezioni della GAM – Galleria d’Arte Moderna di Nervi.

Il percorso espositivo però propone anche altri accostamenti, ad esempio a Sexto Canegallo o a Plinio Lomellini.
Il rapporto fra Sirotti e i pittori genovesi del Seicento è invece dichiarato in una serie di reinterpretazioni di opere barocche: dalla rievocazione del 1995 degli affreschi perduti di Giulio Benso per la chiesa dell’Annunziata, agli omaggi ad Anton Maria Vassallo o Alessandro Magnasco, fino alla grande e scenografica tela di Sirotti dalle collezioni della Camera di Commercio con Trionfo di David da Valerio Castello (2006).
Sono tutti artisti che Sirotti sceglie per pura empatia.

«All’artista interessa l’esuberanza e l’estro di alcuni, mentre resta del tutto indifferente dinnanzi alla buona pittura di altri», sottolinea Anna Orlando. In molti casi la mostra propone un inedito confronto tra l’opera originale e la rivisitazione di Sirotti.
Un episodio noto sono i due grandi arazzi realizzati per il foyer del Carlo Felice, autentiche trasfigurazioni da due opere del Grechetto e di Bernardo Strozzi, la prima delle quali (2005) chiude il percorso della mostra.

La mostra, prodotta dal Comune di Genova, fa parte di un progetto legato al ricordo del grande artista scomparso nel 2017, che la famiglia ha affidato ad Anna Orlando.

La mostra di Palazzo Ducale Raimondo Sirotti – Una lettura retrospettiva è rinviata al 2021, così come le due iniziative espositive collaterali studiate per il Museo Diocesano e il Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti.

Il catalogo, curato da Matteo Fochessati e Anna Orlando è edito da Sagep; accompagna l’evento espositivo e vede coinvolti, oltre ai curatori, altri storici dell’arte (Grazia Di Natale, Marco Goldin e Giulio Sommariva).

SONETTO SIROTTI

vedo verde (anche adesso: e vedo vero,
ma velato, veloce): trema appena:
poi scende molto, poi si strappa: è piena
palude (che è il pensiero di un pensiero):

vedo le acque confuse: ma è un sentiero
di vetro, vedo ancora: è una catena
di luci (e si cancella): è pietra, è
vena ventosa: e vedo odori: e vedo, nero

ma ormai soffiato, il lampo vegetale:
(colano specchi deformati, in forme
deformanti): ma il fiore è minerale,

se esplode: (lo rimescola un abnorme
riflesso): e già germoglia:e l’animale
non resiste: (io lo vedo in ombre,in orme)

Edoardo Sanguineti
24 marzo 2005

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Biografia

Da oltre cinquant’anni protagonista della pittura italiana contemporanea, ha vissuto a Bogliasco, dove è nato, cresciuto ed è anche stato Sindaco per dieci anni, e a Genova, dove presiedeva l’Accademia Ligustica.
Dopo gli studi artistici, nel 1958 si trasferisce a Milano dove vive i momenti più intensi della stagione informale, frequenta le lezioni di Brera ed entra nell’ambiente artistico che gravita intorno all’Accademia, diretta all’epoca da Achille Funi: frequenta gli studi e i locali degli artisti, conosce Alfredo Chighine, Roberto Crippa, Gianni Dova ed in particolare Piero Manzoni, che diventa suo amico e suo tramite verso gli ambienti dell’avanguardia. All’inizio degli anni ’60, periodo che appare determinante sotto il profilo delle scelte artistiche ed esistenziali, si collocano il ritorno a Bogliasco ed il matrimonio con Giovanna Casella, cui segue la nascita di Emanuela, Ilaria e Riccardo.
Nel 1968, con la borsa di studio “Duchessa di Galliera” assegnatagli dal Comune di Genova, soggiorna a lungo in Inghilterra: guarda con particolare attenzione alla funzione della luce nei paesaggi di Gainsburough, Constable e, per affinità elettiva, Turner.
Negli anni ’70 espone a Milano alla galleria del Milione, alla Galleria delle Ore e più volte alla galleria Cocorocchia: la prima nel 1973 nella collettiva “Il nuovo paesaggio. La natura”, ordinata da Gianfranco Bruno, in cui figurano anche dipinti di Afro, Aimone, Bacon, Birolli, Piccini, Morandi, Morlotti e Sutherland.
Nel 1974 è presente con Mandelli, Moreni, Romiti, Bendini, Vacchi, Chighine, Morlotti, Carmassi, Fasce, Brunori, Ruggeri, Saroni, Soffiantino, Forgioli e Savinio nella mostra “Ultimo naturalismo tra storia ed avanguardia”, curata da Marisa Vescovo, alla Loggia di San Sebastiano ad Ovada.
All’intensa attività espositiva di tutti gli anni a seguire (è invitato a importanti mostre collettive tra cui le Biennali di Milano del 1987 e 1994, mostra a Conegliano Veneto, “Roberto Tassi e pittori – Da Fattori a Burri”, nel 1998; ha esposto nelle maggiori città italiane – Genova, Milano, Roma, Firenze, Venezia, Treviso, Perugia – ed estere – Parigi, New York, Washington, Ottawa, Vancouver, Baltimora) unisce una serie di preziosi interventi sul patrimonio artistico: nel contesto del rifacimento di Palazzo San Giorgio condotta da Pinin Brambilla, la restauratrice dell’Ultima Cena leonardesca, opera direttamente sul riquadro del San Giorgio e il Drago sul portale d’ingresso, nel 1995 nel restauro del presbiterio della Basilica della SS. Annunziata del Vastato reinterpreta il dipinto absidale di Giulio Benso “Incontro dei Santi Gioacchino e Anna”.
Nel 1989 vince il concorso nazionale per due arazzi per il Grande Foyer del Teatro dell’Opera Carlo Felice.
Con riferimento alla storia di Genova, rielabora, con chiave del rapporto paesaggio-luce, due opere classiche della pittura genovese: “Il Paradiso” di Bernardo Strozzi e “La Pastorale” di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto.
Nel 2005 il Comune di Genova a Palazzo Ducale lo celebra con una Antologica, “Raimondo Sirotti 50 anni di pittura” con testo critico di Marco Goldin. Nell’occasione gli è stato conferito dal Sindaco di Genova il “Grifo d’Argento”.
Nel 2006 alla Galleria di Arte Moderna di Genova l’artista propone una originale lettura contemporanea di otto artisti, da Nicolò Barabino ad Ernesto Rayper, da Rubaldo Merello a Plinio Nomellini.
Nel 2008 Marco Goldin, su incarico del Comune di Brescia, organizza una grande mostra di Van Gogh, nell’ambito della quale presenta la personale di Raimondo Sirotti “Giardini 1958-2008”.
Nel 2010 è ospite a Palazzo Reale di Genova con una grande mostra dal titolo “Sirotti – Mediterraneo il colore della luce”.
Il suo dipinto “La quercia dei Cappuccini” è esposto nel padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2011.
Alla Estorick Collection di Londra è presente nella mostra “Abstraction in Italy” 1930-1980 del 2012.
Nell’aprile 2013, tiene una sua personale “Profumo e Luce” al Castello Cinquecentesco di Santa Margherita Ligure e nel mese di giugno al Museo Sant’Agostino di Genova “Genova e Raimondo Sirotti”.
Nel 2014/15 è presente a Parma nel Palazzo della Pilotta nella mostra “Fuoco Nero” dedicata a Burri. In occasione degli eventi promossi da Genova per il suo 80° compleanno, Sirotti ha donato al Museo dell’ Accademia Ligustica una grande tela di tre metri per due. Si tratta di una rivisitazione del capolavoro di Bernardo Strozzi “Sant’ Agostino lava i piedi a Cristo in veste di pellegrino”, conservato al museo stesso dell’Accademia. Il suo dipinto “mare d’inverno” viene consegnato a Luca Zingaretti come premio Govi 2016.
Dal 2016 al museo del Parco di Portofino viene installata una sua opera: “Il prugno”. E’ presente con il dipinto “Estate” nella mostra: “da Guttuso a Vedova a Schifano.Il filo della pittura in Italia nel secondo Novecento” al museo di Santa Caterina – Treviso curata da Marco Goldin.

RAIMONDO SIROTTI IL PITTORE DELLA LUCE

“L’opera di Rimondo Sirotti ha sempre avuto, a partire da certe prove già bellissime sul finire degli anni cinquanta, un disperato bisogno di sprofondamenti dentro la luce” – con queste parole Marco Goldin, critico e curatore delle più importanti mostre nel panorama italiano, apre il catalogo Sirotti pubblicato in occasione dell’antologica del 2005 “50 Anni di Pittura” che Palazzo Ducale ha voluto dedicare all’artista.

“Sirotti crea un dialogo tra la pittura e la luce, tra la pittura e il buio” – prosegue Marco Goldin – “Lui uomo di mare che ascolta il vento infilarsi tra le ginestre e le mimose, che scruta l’orizzonte non per dipingerlo come un assoluto ma per coglierne la precarietà, lo sfrangiarsi che l’azzurro mostra navigando verso terra.”

Romanticamente innamorato dello spettacolo della Natura, Raimondo Sirotti ha ricondotto l’esperienza informale alle tradizioni e ai valori ligustici di tono e di luce.

A metà degli anni Settanta, dopo una serie di citazioni testuali delle forme di Sutherland, Sirotti si è orientato, nell’alveo di un impressionismo astratto, verso una Natura intesa come fatto misterioso, metaforico.”Tana” è un’importante opera di questi anni che lo stesso Goldin definisce “straordinaria”.

Con la fine degli anni Ottanta, pur entro l’ispirazione naturalistica, Raimondo Sirotti ha liberato l’immagine da ogni riferimento oggettuale, stemperandola in una coinvolgente e suggestivamente evocativa esplosione di luce e di colore. Dove sono entrati i gialli, altri verdi, gli azzurri, perfino i rosa, dove la luce ha un potere ancora più forte.

Negli anni più recenti la sua pittura, costantemente sorretta da una lirica ispirazione, si è arricchita di nuovi ricorrenti temi, sovente affrontati, con incisiva gestualità, in opere di grande dimensione: i paesaggi interiori, le cave.

“Sirotti ha reso profumate le luci, come dichiara il titolo di un altro suo bellissimo quadro del 2002. Il mondo non esisterebbe senza questo ampio potere della luce”, come scrive Marco Goldin nel catalogo Sirotti.

Galleria

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