Paolo Stamaty Rodocanachi frequentava i caffè dei letterati, in particolare il caffè Diana in Galleria Mazzini, dove incontrava intellettuali e artisti dell’ambiente genovese, tra i quali Adriano Grande, Francesco Messina, Fausto e Oscar Saccarotti, Camillo Sbarbaro, e saltuariamente anche Eugenio Montale.
I coniugi Rodocanachi avevano eletto la loro villa Desinge di Arenzano a luogo privilegiato d’incontro per scrittori e artisti, vi soggiornarono anche Bobi Bazlen, Carlo Emilio Gadda, Elio Vittorini, Carlo Bo.
Nel salotto si parlava di letteratura straniera, per quella sorta di xenofilia tipica degli spiriti liberi negli anni chiusi del Fascismo, come pure si amava riscoprire le coloriture dialettali liguri, bandite dal regime, e gli altrettanto saporosi e a loro modo «controcorrente» piatti della cucina locale.
Il pittore, in quegli anni, si dedicò principalmente alla pittura di paesaggio, immortalando, con grande maestria e sensibilità, la natura e i luoghi della Riviera Ligure (specialmente quella di ponente).
La sua pittura dal vero, ricca di poesia e di calda luminosità, dimostra una grande partecipazione emotiva, a volte filtrata dalla metafisica.
Rodocanachi può essere, certamente, inserito tra i pittori più significativi della prima metà del Novecento in Liguria.
Fu nominato, nel 1949, Accademico di merito all’Accademia Ligustica di Belle Arti.
Partecipò alle mostre Sindacali, Interprovinciali di Genova; alle Quadriennali romane (II e III), alle Biennali veneziane (XIX, XX, XXII) e allestì numerose personali a Genova e a Milano.
Fu presente alla XXIV Biennale di Venezia nel 1948 con il pastello Case.
Paolo Stamaty Rodocanachi fu anche acquafortista e si dedicò, tra l’altro, alle Arti decorative.
Rilevante fu anche la sua attività di ceramista iniziando a collaborare con alcune manifatture ceramiche albisolesi.
Nel 1925 alcune sue ceramiche sono presenti nella sezione ligure dell’Esposizione di Arti Decorative di Parigi.