
Rubaldo Merello nasce a Montespluga, frazione del comune di Isolato, in provincia di Sondrio, il 16 luglio 1872 da una una famiglia piccolo-borghese di origini genovesi.
Certificato di nascita di Merello, (IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
Nel 1881 ritorna, ancora bambino, nel capoluogo ligure dove compirà gli studi classici e successivamente, tra il 1888 ed il 1892, frequenterà la locale Accademia Ligustica di Belle Arti, conseguendo alcune menzioni ed una medaglia d’argento.
I suoi insegnanti sono alquanto modesti ma gli sono compagni di studi lo scultore Edoardo de Albertis ed i pittori Dario Bardinero, Fedrico Maragliano e Domingo Motta che occuperanno ciascuno un proprio posto nel panorama artistico ligure.
Terminata l’accademia apre uno studio di scultore nel levante genovese a Nervi.
Qui conosce e sposa Laura Pessale (9 gennaio 1902) , figlia di un artigiano, da cui avrà due figli.
Nel 1894 esegue un bozzetto per un monumento funerario Finis che viene esposto alla Triennale di Brera nello stesso anno.
Copertina della Mostra Triennale di Belle Arti – Brera 1894. (IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
In quest’occasione sono probabili, ma non documentati, alcuni viaggi a Milano, dove potrebbe aver conosciuto dal vero l’opera del maestro Giovanni Segantini.
Nel 1898 è documentato l’acquisto di un suo paesaggio da parte di Pietro Guastavino.
In questo dipinto appare già assimilata la tecnica divisionista nella particolare declinazione simbolista dell’ultimo periodo genovese di Plinio Nomellini.
L’unico dipinto conosciuto antecedente al 1898 è un piccolo paesaggio legato ancora agli stilemi della scuola grigia genovese.
Nel 1904 si trasferisce a Ruta di Camogli ed inizia il suo volontario esilio, lontano dalla città e dall’ambiente culturale genovese, in condizioni di assoluta solitudine e di enorme indigenza. Infatti intorno a lui, negli ambienti ufficiali, s’era creata una specie di congiura che lo aveva votato all’isolamento.
Scheda anagrafica di Merello presso il Comune di Camogli, (IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
In questi anni conosce il medico chirurgo Carlo De Gregori, che sarà suo amico, ammiratore e mecenate, nonché committente della famosa statua del Dolore, iniziata intorno al 1914 e terminata nel 1919.
Dolore 1914-1919, (IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
Inizia anche l’amicizia con il poeta e commediografo Sem Benelli che risiede in un castello a Zoagli e per cui illustra il poema Le nozze dei centauri, edito nel 1905 e rappresentato per la prima volta a Torino nel 1915.
I temi trattati da Benelli riconducibili all’eterna lotta tra il bene ed il male, forniscono lo spunto a Merello per la creazione di immagini simboliche, che si armonizzano con la sua personale idea di un’arte finalizzata alla ricerca del bene assoluto.



Dal 1906 espone regolarmente alle esposizioni della Società Promotrice di Belle Arti a Genova e dallo stesso anno si trasferisce a San Fruttuoso di Camogli, dapprima in uno squallido stanzone nell’antica Torre dei Doria, poi in una casetta di pescatori.


Nello stesso anno il critico, amico ed estimatore, Paolo De Gaufridy fa conoscere la sua opera al noto mercante Alberto Grubicy, per mezzo del quale partecipa nell’anno successivo a Parigi al Salon des Peintres Divisionnistes Italiens.
Probabilmente è dovuta a Grubicy anche la sua presenza nel 1911 ad una mostra a Saint Moritz.



Nel 1913 viene accolta la sua candidatura alla nomina ad accademico di merito per la classe dei pittori all’Accademia Ligustica di Belle Arti con la seguente motivazione: “allievo dell’Accademia, artista originale si è dedicato alla pittura di marine e paesaggi, le sue opere sono discusse quanto apprezzate in tutte le esposizioni”.
Nel 1913 purtroppo muore uno dei due figli dell’artista, cosicché, per trovare più miti condizioni di vita, la famiglia Merello si trasferisce a Portofino nel 1914.




Nel medesimo anno alla LX Esposizione della Società promotrice di Belle Arti, nel ridotto del Teatro Carlo Felice, gli è dedicata un’intera sala: è questa la sua prima importante esposizione personale che viene testimoniata da un trafiletto pubblicato sul quotidiano “Il Lavoro” del 21 giugno, dove la Società Pro Cultura invia il suo saluto augurale al socio onorario per “testimoniare la doverosa ammirazione all’artista ligure che in venti anni di laboriosa solitudine è venuto compiendo un’opera che onora l’arte italiana”.



Nonostante i riconoscimenti, le condizioni economiche del pittore sono sempre disagiate.
Nel 1918 si trasferisce a Santa Margherita dove per arrotondare le magre entrate, pare che di sera lavori come maschera in un cinematografo.
Poco prima della sua fine Sem Benelli lo invita ad esporre “con tutti gli onori” alla Fiorentina Primaverile, ma non farà in tempo a vedere questa mostra perché muore il 31 gennaio del 1922, mormorando le ultime parole “vedo tutto azzurro”.
Copertina del catalogo Fiorentina Primaverile, 1922, (IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
L’amico De Gaufridy dalle pagine de “Il Caffaro” registra amaramente che il funerale avviene nell’anonimato e nell’indifferenza totali: nessuna iniziativa ufficiale da parte delle autorità cittadine, neppure il consueto telegramma di cordoglio che l’Assessore alle Belle Arti è solito inviare alle famiglie degli artisti deceduti.
La salma è attesa presso la Chiesa di Portofino (2 febbraio 1922) solo dalle famiglie di pescatori del posto che recano semplici corone di lauro. Il pittore non avrà pace neppure dopo la morte, infatti il piccolo cimitero di Portofino verrà bombardato durante la guerra, il loculo di Merello andrà distrutto e le sue spoglie finiranno in mare.
Gli abitanti di San Fruttuoso giunti per mare a Portofino per porgere l’estremo saluto a Merello,
(IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
Telegramma di condoglianze della Famiglia Artistica Ligure, (IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
Questa è la scarna biografia di Rubaldo Merello.
Gli scrittori e critici suoi contemporanei lo descrivono come un uomo buono, un po’ buffo nel fisico piccolo e grassoccio, con un paio di occhialetti tondi sul naso, così come appare anche nelle poche fotografie.
Merello e la moglie Laura in una foto ritoccata dal pittore, 1910 circa, (IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
Ci tramandano anche l’immagine di un misantropo afflitto da mania di persecuzione, ossessionato dalla paura che qualcuno possa carpirgli una qualche segreta tecnica pittorica, inoltre certa critica gli ha cucito addosso lo stereotipo dello spirito ascetico che, in solitudine, incurante delle privazioni e della miseria, persegue il nobile ideale di una vita completamente dedita all’arte.
Raffaele Calzini, fra gli scrittori dell’epoca, è forse quello che meno di tutti indulge alla tentazione di riproporre la consueta agiografia, tratteggiando invece con molta sensibilità la desolazione, l’ipocondria, la progressiva rarefazione dei rapporti umani.
Paolo De Gaufridy, invece, insiste negli aneddoti, descrivendolo come un brav’uomo, pauroso al punto da rifugiarsi con i due figli sotto le coltri, atterrito da lampi e tuoni, allo scoppiare di un temporale. Il suo aspetto esteriore testimoniava la sua indigenza, tanto da giustificare l’equivoco in cui era caduta una nipotina del critico che, avendo visto al cancello un mendicante, era corsa in casa ad annunciare l’arrivo del Signor Merello.
Povero e onesto, vestito come un operaio, quest’artista rimane d’abito mentale “borghese”.
Egli non avrebbe sopportato l’idea di un debito, pertanto si rassegna in qualche modo alla sua condizione, misurando i pasti e imponendosi uno stile di vita frugalissimo.
Le sue quotazioni commerciali sono bassissime, e gli consentono appena di acquistare il necessario per dipingere e sopravvivere.
Per anni la sua famiglia vive con quello che qualcun altro spende solo per il fumo!
Certamente quest’artista presenta una personalità particolare.
E’ infatti una persona schiva, introversa, che non sa “vendersi” sul mercato, è addirittura terrorizzato da critici e mercanti, tanto che l’amico Sem Benelli per convincerlo a partecipare alla mostra del ’22 gli scrive: “Siamo tra artisti e poeti. Non ci sono fra noi né speculatori né critici”. Sicuramente Merello doveva essere tormentato da squallidi profittatori, e nell’ambiente artistico genovese molti avevano interesse a non vederlo emergere.
Nel 1908 grazie anche all’opera di sensibilizzazione nei confronti dell’artista svolta sulle pagine dei quotidiani cittadini dai critici come il già citato De Gaufridy ed Orlando Grosso, l’assessore alle Belle Arti Gaetano Poggi, acquista per il Comune di Genova un dipinto di Merello intitolato San Fruttuoso di Camogli.
L’anno successivo viene chiamato a dirigere l’ufficio di Belle Arti proprio Orlando Grosso che è pittore, critico d’arte ed accademico di merito della Ligustica, cosicchè nel 1914 durante la personale dell’artista all’Esposizione della Promotrice, il Comune acquista un altro dipinto, Pino marittimo.

Sopra : San Fruttuoso di Camogli, 1907, (Genova. Mostra Personale, Circolo Tunnel, 1909. Genova, GAM)
Nel 1922 Alberto Grubicy dona alla Galleria d’Arte Moderna di Roma un’importante collezione di opere dei maestri divisionisti, sono presenti anche alcuni studi di Merello, fra cui La scogliera acquistato dal mercante nel 1906 e presentato l’anno successivo al Salon des Peintres Divisionnistes Italiens.
Studio di mare o La scogliera, 1906, (Roma. GAM. Donazione Alberto Grubicy)
Dal 1914 non ci saranno ulteriori acquisti da parte del Comune di Genova fino al 1926 quando compare in vendita a Milano un consistente lotto di opere dell’artista presso la Galleria di Lino Pesaro, che le espone in una mostra con quadri di Carrà e De Chirico.
De Gaufridy, su mandato del Grosso, acquisterà per il Comune tutti i tredici dipinti esposti, non vengono presi invece in considerazione i disegni.
Le opere della GAM di Genova












La logica conclusione dell’operazione, che riporta a Genova una consistente parte di opere dell’artista, è la mostra postuma di Rubaldo Merello allestita nei locali di Palazzo Bianco nel 1926.


Questa compravendita, però, apre alcuni inquietanti interrogativi.
Infatti nessuno dei tredici dipinti è firmato, anzi sul telaio compaiono delle scritte a matita che ne stabiliscono l’attribuzione a Segantini.
Anche se non esistono prove certe, si è tentata una spiegazione del fatto con l’attività non proprio limpida esercitata da Alberto Grubicy.
Nel 1906 De Gaufridy aveva lamentato l’accaparramento delle opere di Merello da parte di Grubicy, pur smentendo la notizia negli anni successivi.
Quindi potrebbe essere plausibile l’ipotesi di un mercante spregiudicato, che dopo la morte di Segantini, avvenuta nel 1899, avrebbe tentato di spacciare per opere del grande maestro quelle di un artista povero e sconosciuto, cedendo poi il lotto a Lino Pesaro, dalla cui galleria le opere usciranno però con la corretta attribuzione.
D’altra parte la critica genovese, fra cui Grosso e De Gaufridy, insisteva proprio sulle affinità dell’opera di Merello con quella del grande maestro.
Nel 1931 la vedova di Merello, afflitta dai perenni problemi economici, scrive ad Orlando Grosso offrendo per la saletta dedicata a Merello nella galleria d’arte moderna di villa Serra la scultura in gesso Spirito della Verginità che era ancora in sue mani, mentre lo informa che presso la galleria Pesaro era stata depositata una “interessantissima collezione di disegni opere bellissime (…) che offriamo al Comune di Genova a buoni prezzi (…) così a Villa Serra ci sarebbe pittura, scultura e disegni cioè l’artista completo come era Rubaldo Merello”. Purtroppo, lamentando mancanza di fondi, Grosso non accetta la proposta e Genova perde una buona occasione.


Purtroppo gli avvoltoi non smettono di tormentare Merello neppure a distanza di anni dalla sua morte.
Infatti a ridosso della mostra allestita nel 1970 al Palazzo dell’Accademia a Genova, gli speculatori si precipitano a Torino, dove risiede la vedova novantenne, cieca e nelle consuete ristrettezze economiche per estorcerle per pochi soldi le ultime cose.




Molte opere di Merello sono quindi in mano a collezionisti privati, che spesso non ne consentono la visione.
Già Sem Benelli nel 1922 lamenta questo fatto ringraziando pubblicamente il Cav. Alfredo Giannoni di Novara, unico, fra quanti sollecitati, a concedere un gruppo di opere per l’esposizione. Questi quadri, insieme a tutta la collezione d’arte, sono stati donati nel 1930 al Comune di Novara e sono oggi conservati nell’omonima galleria Giannoni.



Più recentemente studiosi come Gianfranco Bruno, hanno incontrato ancora notevoli resistenze da parte di “individui che ne difendono la proprietà privata al punto da vietarne la visione e la conoscenza persino a chi conduca il lavoro di rivalutazione critica dell’artista”. In particolare si allude al conte Renzo Bruzzo di Rapallo proprietario geloso di un folto gruppo di pitture e disegni.
Ciò ha costituito sicuramente un limite per la conoscenza dell’opera di Merello, che è rimasta a lungo confinata nell’ambito regionalistico.
D’altra parte la Liguria era, nel periodo in cui visse l’artista, piuttosto isolata dal punto di vista artistico e culturale rispetto al resto della nazione, nonostante che Plinio Nomellini avesse introdotto nell’ambiente ligure il divisionismo, che però durante la sua permanenza a Genova andrà declinando verso un’accezione simbolista.
Va anche ricordato che alle esposizioni della Società promotrice espongono regolarmente i grandi del divisionismo come Pellizza, Segantini e Previati e che sono questi i modelli da cui inevitabilmente parte Merello, ma con degli svolgimenti in chiave individuale.
Egli, pur avendo letto I principi scientifici del divisionismo, sfuggirà sempre i rigori di una tecnica troppo scientificamente controllata, preferendo un “divisionismo” più istintuale e vicino alla lezione di Nomellini.
L’isolamento sul monte di Portofino e il contatto continuo e diretto con i temi ed i motivi da rappresentare, gli consentiranno poi il superamento di tale tecnica di cui rimarrà nelle ultime tele l’occhieggiare di punti su più larghe campiture di colore.
Nel passato la critica ha fatto parecchia confusione circa la periodizzazione della sua attività artistica.
Solitamente veniva fatto esordire come scultore, in seguito sarebbe passato alla pittura, per poi tornare nuovamente alla scultura nella fase finale della sua esistenza.
Ormai sembra invece definitivamente appurato che Merello abbia esercitato contemporaneamente e parallelamente l’attività plastica, grafica e pittorica.
Lo scultore Pietro Albino e Merello nei pressi della casa di San Fruttuoso, (IDAL800900 Archivio Rubaldo Merello)
Nell’analisi della sua produzione si nota una sorprendente dicotomia fra le prime due attività e la pittura, in quanto sia gli approcci che gli esiti sembrano divergere.
La sua formazione culturale, avvenuta nella Genova di fine Ottocento, lo aveva fatto entrare in contatto con le istanze simboliste e con il gusto decorativo liberty, che si manifestano principalmente nei disegni e nelle sculture, mentre affiorano in maniera meno evidente nella pittura.
Ma la differenza sostanziale è di tipo ideologico.
Infatti attraverso i disegni e il modellato l’artista consegna al mondo la sua visione del mondo e della vita, i suoi principi etici, filosofici e religiosi.
La generazione del male, 1910 circa
L’artista può liberare l’aspetto più letterario e culturale delle istanze simboliche e spiritualiste, attraverso un’efficace espressione di contenuti poetici.
Nei disegni e nella scultura compare infatti la figura umana che, tranne rare eccezioni, non viene mai dipinta; essa rappresenta la massima identificazione dei valori formali ed espressivi, il punto di riferimento più alto della sua concezione dell’uomo, del mondo e dell’universo.
Invece il contenuto simbolico, ossia il senso “mitico” della natura, in pittura, è più sotterraneo, meno esplicitamente dichiarato, affidato alla corrente emozionale generata dalla visione.






Mentre i disegni sono datati, i dipinti non lo sono quasi mai e ciò ne ha reso alquanta difficoltosa la catalogazione.
Alcuni studiosi, in passato, hanno insistito su una periodizzazione legata ad alcune dominanti di colore, il viola, il rosa, l’azzurro, tipiche di alcuni gruppi di dipinti, mentre il pensiero critico più recente vede quella riduzione del tono “come il progressivo tendere , in una sempre crescente rarefazione del legame tra l’immagine e il motivo, ad una forma d’espressione totalmente interiorizzata del suo rapporto con il mondo”.
L’isolamento in cui l’artista conduce la propria personale esperienza presenta l’aspetto positivo di favorirne la progressiva identificazione con l’arte, ma d’altro canto gli impedisce di misurarsi con le esperienze coeve più vitali, negandogli quindi una visione ad una partecipazione ad un clima di più ampio respiro non solo italiano ma anche europeo, cui le sue intuizioni, altrimenti condotte, avrebbero potuto portarlo.
Merello, infatti, non è riuscito a ricondurre entro i giusti termini il suo bisogno di solitudine, non ha saputo astrarre la propria condizione individuale facendola assurgere a condizione universale dell’umanità.
Egli ha invece subìto con muta e dolorosa rassegnazione l’abbandono dei contemporanei considerandolo anzi il giusto pegno da pagare per l’arte.
Dedito completamente al servizio della propria vocazione, percorre instancabilmente i crinali delle montagne alla ricerca di motivi da ritrarre: baie, insenature, scorci, alberi a picco sul mare… i motivi sono quasi sempre gli stessi in questo angolo remoto di Liguria, ma l’occhio che li filtra riesce a coglierne ogni qualvolta ogni intima leggera ed impercettibile sfumatura.
Alberi e costa a San Fruttuoso, 1908 circa
Sono indagate le diverse ore del giorno dall’aurora all’imbrunire, ed in questa continua e quasi spasmodica ricerca spesso l’artista riesce a librarsi al di sopra della facile e pittoresca immagine da “cartolina” per coglierne un’essenza più profonda.
Il lavoro di Merello è sempre in bilico tra un’impostazione vedutistica del quadro, legata ancora alla sua educazione artistica di stampo ottocentesco, e l’anelito teso ad una sempre più completa partecipazione ed adesione al motivo.
Quando l’artista riesce nel suo intento, rinunciando ad una trascrizione pedissequa della natura, “allora il motivo si rinvergina, l’identificazione fantastica non procede più dal motivo alla coscienza, ma dalla coscienza al motivo, e se ne appropria, lo dibatte, lo strapazza: è suo, è un groviglio di mare, di sale, di sangue”.
Un critico parlando dell’artista ha detto: “Ecco io Merello lo vedo come un lupo”.
L’idea che mi sono fatta io è totalmente diversa. Io lo vedo piuttosto come un agnello indifeso.
Il suo nome sembra tratto da un melodramma verdiano – dice il Brandi – la sua vicenda invece mi pare uscita direttamente dalla pagine del libro “Cuore”, tanto è diversa e lontana dalle esperienze bohemien di altri artisti.
Non c’è vita sfrenata, non ci sono ambienti sordidi, né frequentazioni particolari, non c’è droga, non c’é alcol, non c’è allucinazione o malattia mentale.
Ci sono solo la storia e la vita di un uomo “perbene”, legato agli affetti più tradizionali, la moglie ed i figli, ed innamorato della sua arte.
C’è una persona schiva, introversa e timida, troppo timida per imporsi in un ambiente, questo sì di lupi. Un ambiente dove la concorrenza è spietata, dove gli interessi sono meschini, dove la committenza è forse troppo gretta ed avida.
Regesto biografico
Si pone una oggettiva difficoltà nello stendere una biografia particolareggiata di Merello per la scarsità di documenti disponibili.
La figlia del pittore, Piera Merello in Guglieminotti, nata nel 1903 a Genova, e morta a Torino il 18 ottobre 1987, manteneva una ottima memoria sugli avvenimenti che riguardavano la sua famiglia, ma conservava solo alcuni disegni.
Sono andati quasi totalmente dispersi documenti, testimonianze scritte, riviste e libri consultati dal pittore.
1872 – 16 luglio. Rubaldo Pietro Merello nasce a Isolato Valtellina (Sondrio). Il padre Pietro funzionario di dogana, ragioniere capo, vi era stato trasferito momentaneamente con la famiglia.
1881 – Viene condotto a nove anni a Genova. Le possibilità economiche della famiglia sono discrete, tali da permettere a Rubaldo di frequentare il liceo classico.
1888-92 – Studia presso l’Accademia Ligustica. Questi tre anni di Accademia di Belle Arti sono evidenti nei disegni posteriori con soggetti mitologici. I suoi insegnanti sono alquanto modesti ma gli sono compagni di studi lo scultore Edoardo de Albertis ed i pittori Dario Bardinero, Federico Maragliano e Domingo Motta che occuperanno ciascuno un proprio posto nel panorama artistico ligure.
Conosce Plinio Nomellini e i pittori del Gruppo di Albaro.
1892 – Occorre rilevare la presenza, a Genova, di Segantini e Pellizza, che espongono rispettivamente Ritorno all’ovile e Mammine (premiato con medaglia d’oro), alla XL Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti, in occasione del IV Centenario Colombiano.
A partire da questa data, nella città ligure, verranno esposte regolarmente le opere dei maggiori divisionisti italiani.
1892-93 – Appena terminati gli studi apre uno studio con lo scultore Pietro Albino a Genova-Nervi dedicandosi alla scultura. Secondo quanto riferito dalla figlia dell’artista, Merello lavorava a opere funerarie, in particolar modo per Staglieno. Busti, maschere mortuarie, medaglioni, probabilmente non sono firmate.
1892 – Alle Promotrici genovesi, ha modo di vedere i primi artisti divisionisti.
1892-98 – Non si hanno notizie certe sulla attività di Merello oltre la statuaria funeraria. Probabilmente intorno al 1895 comincia anche a coltivare la pittura.
1894 – Espone a Milano alla Triennale di Brera il gesso Finis. A quest’anno probabilmente si può far risalire il suo primo ed unico viaggio a Milano.
1896 – E’ documentata una domanda alla Commissione per i monumenti nel Cimitero di Staglieno per il posizionamento di un cippo funerario.
1898 – Vende il suo primo dipinto, un paesaggio, al collezionista genovese Pietro Guastavino.
1902 – Il 9 gennaio sposa la bella figlia di un falegname, che gli servì spesso da modella. Laura Pessale (1877-1974) avrà una vita molto travagliata, il matrimonio sfortunato dell’unica figlia, Piera, la riduce quasi in miseria, obbligandola a vendere quasi tutti i dipinti a olio. Resterà cieca, per il lancio di una bomba a Torino nel 1944, fino alla morte, avvenuta trenta anni dopo (12 maggio 1974).
Merello ha modo di vedere nella chiesa di San Donato a Genova la Via Crucis di Gaetano Previati il teorico del divisionismo.
1903 – Nasce la figlia Piera. Il fratello di Rubaldo, Inghetto muore suicida per una donna. Poco dopo muore di crepacuore anche la madre Berenice Pezzoli.
Conosce il critico d’arte e suo grande estimatore Paolo De Gaufridy (1881-1951).
1904 – Consigliato da De Gaufridy si reca con la famiglia a Ruta di Camogli, sul Monte di Portofino.
A Ruta conosce il medico Carlo De Gregori che presto diverrà suo amico, estimatore e mecenate e committente della statua funeraria del Dolore.
1906 – Partecipa alla LIII Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Genova (Capanna, Fienile, Bosco invernale, Paesaggio).
L’amico e critico d’arte Paolo De Gaufridy gli fa conoscere il famoso gallerista milanese Alberto Grubicy.
1907 – Il gallerista Alberto Grubicy acquista il quadro Scogliera che verrà poi donato alla Galleria Nazionale.
Espone 6 opere a Parigi al Salon des Peintres Divisionnistes Italiens, Serre de L’Alma (Paysages, Ètude de la mer, Marine, Parmi le roches, Paysage (Ètude), Ètude de la mer.Rochers).
1906-1914 – Vive a San Fruttuoso di Camogli, dove alloggia per due anni in uno squallido stanzone nell’antica torre dei Doria. In seguito, vivrà per altri sei anni in una piccola casa di pescatori sugli scogli, nell’insenatura di levante della baia.
Vivendo a San Fruttuoso in ristrettezze economiche, abbandona praticamente la scultura, che presuppone una committenza più ricca e attrezzature tecniche più sofisticate.
Ogni anno riceverà la visita del poeta Mario Maria Martini, Paolo de Gaufridy, gli scultori Pietro Albino e Eugenio Baroni, il pittore Eugenio Olivari , l’avvocato e mecenate Agostino Virgilio e Orlando Grosso.
1914 – […] un bel giorno ha smesso di dipingere e s’è messo a fare scultura […] poco prima di morire si mise a fare della scultura […] (Enrico Sacchetti).
1908 – Nasce il figlio Pier Paolo, che morirà di difterite a cinque anni nel 1913.
Il Municipio di Genova su indicazioni di Orlando Grosso e Paolo De Gaufridy acquista l’opera San Fruttuoso di Camogli.
1909 – Ha inizio l’amicizia con Sem Benelli, conosciuto occasionalmente a San Fruttuoso, che vive in uno splendido castello neogotico a Zoagli .
Espone a Genova al Circolo il Tunnel, “In tutto una trentina di opere” (De Gaufridy 1909).
1909-1913 – Segue, alla morte del figlio, un periodo di prostrazione e rallentamento dell’attività artistica.
La moglie si ammala di esaurimento nervoso. Si è accennato anche ad un disordinato abbeverarsi di religioni orientali a seguito di tale lutto famigliare.
1910 – Partecipa alla LIV Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Genova, (Tramonto invernale, Scogliera, Scogliera, San Fruttuoso di Portofino).
1911 – Sotto gli auspici di Alberto Grubicy partecipa ad una mostra di pittura divisionista a Saint Moritz Gemälde Ausstellung Italianischen Divisionisten (Paesaggio, Paesaggio, Studio di mare, Studio di mare).
Partecipa alla LVII Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Genova, (Paesaggio di San Fruttuoso, San Fruttuoso di Portofino, Paesaggio di San Fruttuoso, Paesaggio di San Fruttuoso).
1913 – E’ nominato Accademico di merito della Ligustica Classe pittura. Motivazione: “allievo dell’Accademia, artista originale si è dedicato alla pittura di marine e paesaggi, le sue opere sono discusse quanto apprezzate in tutte le esposizioni”.
Partecipa alla LIX Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Genova, (Paesaggio marino).
1914 – Nella primavera si trasferisce a Portofino dove affitta un appartamento sulla piazzetta e un magazzino per continuare l’attività di scultore.
A Portofino esegue la statua Dolore per il cimitero di Camogli e Allegoria della Medusa.
Espone a luglio alla LX Promotrice di Belle Arti nel Ridotto del Teatro Carlo Felice una personale costituita da 29 paesaggi e 25 disegni per “testimoniare la doverosa ammirazione all’artista ligure che in venti anni di laboriosa solitudine è venuto compiendo un’opera che onora l’arte italiana”. (Sala II dal n.53 al n. 79, e al n. 80 espone 25 Disegni a sanguigna in corso d’esposizione vengono aggiunte 10 opere).
Il Municipio di Genova acquista da questa esposizione il dipinto Pino marittimo.
1915 – Viene pubblicato il dramma di Sem Benelli Le Nozze dei centauri con 11 disegni, frontespizio e fregio finale di Merello. Viene allestita a Genova un’importante mostra di Gaetano Previati.
1916 – Genova. Emiciclo Olimpia, Mostra d’artisti per artisti.
1917 – Si trasferisce a Santa Margherita Ligure in Via della Vittoria 10 int. 1. La figlia e la vedova vivranno qui fino al 1932. disperdendo nel frattempo quasi tutta la produzione del pittore.
1919 – Finisce la statua Dolore per il cimitero di Camogli tomba De Gregori.
1922 – Muore a Santa Margherita Ligure il 31 gennaio, per un cancro al fegato, dopo 37 giorni di malattia le ultime sue parole “vedo tutto blu”.
Secondo le sue volontà viene sepolto a Portofino il 2 febbraio 1922 e solo dalle famiglie di pescatori del posto che recano sulla sua tomba semplici corone di lauro.
Lo stesso anno Sem Benelli organizza la prima retrospettiva alla Fiorentina Primaverile a Firenze Palazzo delle Esposizioni al Parco San Gallo, Merello non farà a tempo a vedere l’esposizione.