




Rubaldo Merello nasce a Montespluga, frazione del comune di Isolato, in provincia di Sondrio, il 16 luglio 1872 da una famiglia piccolo-borghese di origini genovesi.
Nel 1881 ritorna, ancora bambino, nel capoluogo ligure dove compirà gli studi classici e successivamente, tra il 1888 ed il 1892, frequenterà la locale Accademia Ligustica di Belle Arti, conseguendo alcune menzioni ed una medaglia d’argento.
I suoi insegnanti sono alquanto modesti ma gli sono compagni di studi lo scultore Edoardo de Albertis ed i pittori Dario Bardinero, Fedrico Maragliano e Domingo Motta che occuperanno ciascuno un proprio posto nel panorama artistico ligure.
Terminata l’accademia apre uno studio di scultore nel levante genovese a Nervi.
Qui conosce e sposa Laura Pessale (9 gennaio 1902) , figlia di un artigiano, da cui avrà due figli.
Nel 1894 esegue un bozzetto per un monumento funerario Finis che viene esposto alla Triennale di Brera nello stesso anno.
In quest’occasione sono probabili, ma non documentati, alcuni viaggi a Milano, dove potrebbe aver conosciuto dal vero l’opera del maestro Giovanni Segantini.
Nel 1898 è documentato l’acquisto di un suo paesaggio da parte di Pietro Guastavino.
In questo dipinto appare già assimilata la tecnica divisionista nella particolare declinazione simbolista dell’ultimo periodo genovese di Plinio Nomellini.
L’unico dipinto conosciuto antecedente al 1898 è un piccolo paesaggio legato ancora agli stilemi della scuola grigia genovese.
Nel 1904 si trasferisce a Ruta di Camogli ed inizia il suo volontario esilio, lontano dalla città e dall’ambiente culturale genovese, in condizioni di assoluta solitudine e di enorme indigenza. Infatti intorno a lui, negli ambienti ufficiali, s’era creata una specie di congiura che lo aveva votato all’isolamento.
In questi anni conosce il medico chirurgo Carlo De Gregori, che sarà suo amico, ammiratore e mecenate, nonché committente della famosa statua del Dolore, iniziata intorno al 1914 e terminata nel 1919.
Inizia anche l’amicizia con il poeta e commediografo Sem Benelli che risiede in un castello a Zoagli e per cui illustra il poema Le nozze dei centauri, edito nel 1905 e rappresentato per la prima volta a Torino nel 1915.
I temi trattati da Benelli riconducibili all’eterna lotta tra il bene ed il male, forniscono lo spunto a Merello per la creazione di immagini simboliche, che si armonizzano con la sua personale idea di un’arte finalizzata alla ricerca del bene assoluto.
Dal 1906 espone regolarmente alle esposizioni della Società Promotrice di Belle Arti a Genova e dallo stesso anno si trasferisce a San Fruttuoso di Camogli, dapprima in uno squallido stanzone nell’antica Torre dei Doria, poi in una casetta di pescatori.
Nello stesso anno il critico, amico ed estimatore, Paolo De Gaufridy fa conoscere la sua opera al noto mercante Alberto Grubicy, per mezzo del quale partecipa nell’anno successivo a Parigi al Salon des Peintres Divisionnistes Italiens.
Probabilmente è dovuta a Grubicy anche la sua presenza nel 1911 ad una mostra a Saint Moritz.
Nel 1913 viene accolta la sua candidatura alla nomina ad accademico di merito per la classe dei pittori all’Accademia Ligustica di Belle Arti con la seguente motivazione: “allievo dell’Accademia, artista originale si è dedicato alla pittura di marine e paesaggi, le sue opere sono discusse quanto apprezzate in tutte le esposizioni”.
Nel 1913 purtroppo muore uno dei due figli dell’artista, cosicché, per trovare più miti condizioni di vita, la famiglia Merello si trasferisce a Portofino nel 1914.
Nel medesimo anno alla LX Esposizione della Società promotrice di Belle Arti, nel ridotto del Teatro Carlo Felice, gli è dedicata un’intera sala: è questa la sua prima importante esposizione personale che viene testimoniata da un trafiletto pubblicato sul quotidiano “Il Lavoro” del 21 giugno, dove la Società Pro Cultura invia il suo saluto augurale al socio onorario per “testimoniare la doverosa ammirazione all’artista ligure che in venti anni di laboriosa solitudine è venuto compiendo un’opera che onora l’arte italiana”.
Nonostante i riconoscimenti, le condizioni economiche del pittore sono sempre disagiate.
Nel 1918 si trasferisce a Santa Margherita dove per arrotondare le magre entrate, pare che di sera lavori come maschera in un cinematografo.
Poco prima della sua fine Sem Benelli lo invita ad esporre “con tutti gli onori” alla Fiorentina Primaverile, ma non farà in tempo a vedere questa mostra perché muore il 31 gennaio del 1922, mormorando le ultime parole “vedo tutto azzurro”.
