Ravenna 1892 – Chiavari (GE) 1961 

Alberto Salietti pittore che ha operato in Liguria

Alberto Salietti pittore, incisore , mosaicista e affreschista. Allievo del padre (pittore murale) seguì la famiglia a Milano nel 1904, dove frequentò l’Accademia di Brera fino al 1914.
Così Dudreville scrive nel 1919 in riferimento al giovane amico Salietti: “Tutta la sua forza è istintivamente tesa ad armonizzare linee e colori. In lui la statica della composizione risponde costantemente alle esigenze della più composta euritmia.
Le sue gamme cromatiche, soprattutto, ancorché talvolta un po’ magre e accostate per stretta parentela, compongono infallibilmente un insieme gradevole e saporoso.
uando la natura gli si presenti con aspetto troppo dissonante o violento o la trascura o la forza a costringersi in apparenze più calme al suo gusto. Deforma, o meglio, forma secondo le intime necessità del dipinto ma, in ogni caso, il suo ritocco alla realtà non raggiungerà mai l’eccesso, il paradosso plastico, non arriverà per certo a quel grado di esaltazione del reale che tanto spesso nei giovani si risolve in un errore angoscioso.”
Dopo la parentesi del primo conflitto mondiale, riprese a dipingere esponendo alla Biennale di Venezia del 1920 (Cortili, Donna che raccoglie le mele, Paese, Paese del 1920, Una madre) e partecipando, nel 1922, ad una mostra collettiva organizzata a Milano con i pittori Funi, Oppi, Dudreville, Tosi e Malerba.
Dopo la Biennale veneziana (Interno) del 1924 sarà invitato ininterrottamente fino all’edizione del 1952.
Dal 1928 al 1941 è presente a tutte le mostre del Sindacato Fascista di Belle Arti di Milano.

Ritratto di Delia Accetti, 1923

Alberto Salietti entrò a far parte del movimento “Novecento Italiano“, organizzato da Margherita Sarfatti.
Salietti non fu fra i fondatori del “Novecento” nel  1922-23.

Ritratto, 1923, (Premio Fumagalli)

Il suo nome compare fra la fine del 1924 e l’inizio del 1925, Dudreville scrive di una proposta fattagli in tal senso da Funi a Biennale “già chiusa”‘, dopo l’uscita di scena di Oppi, Malerba, Dudreville, di Lino Pesaro e di Bucci, quando è chiamato a far parte del Comita­to Direttivo insieme con Tosi, Wildt e al gallerista Gussoni, nello stes­so momento in cui “Novecento” diventa il “Novecento Italiano”, tra­sformandosi da gruppo sostanzialmente milanese a movimento dal­le dimensioni, dai caratteri e dalle ambizioni nazionali e interna­zionali.
Alla Quadriennale romana dal 1931 al 1960, nel 1939 ordina una personale con 25 opere. Un omaggio postumo gli verrà dedicato alla IX Quadriennale del 1965.

Donna genovese col mézaro, IV Quadriennale d’Arte Nazionale (Quadriennale romana), 1943

Dal 1926 partecipa alle mostre del Carnegie Insitute di Pittsburgh dove è premiato nel 1936.
Già  nel 1924-25 Salietti poteva contare su una consolidata conoscenza sia con la Sarfatti sia con altri protagoni­sti del gruppo.
La Sarfatti si era occupata di Alberto Salietti già nel 1918 e nel corso del 1922 gli aveva dedicato una notevole attenzione dal­le colonne del “Popolo d’Italia” in occasione delle diverse partecipazioni dell’artista alle mostre di Bottega di Poesia, della Fiorentina primaverile e della Biennale di Venezia

Nel 1925 divenne Segretario del movimento, probabilmente, per la cura e la precisione mostrata nei rapporti con gli artisti e i critici, con le varie gallerie e con le autorità nazionali. Partecipò alla “Prima mostra del Novecento italiano”, nel 1926, a Milano.

Mussolini all’inagurazione della mostra del Novecento Italiano, Milano, 1926, (da Il popolo d’Italia, 16 febbraio 1926)

L’anno dopo fu tra i fondatori del “Gruppo dei sette pittori moderni” insieme a Funi, Sironi, Tosi, Carrà, Marussig e Bernasconi.

La prima opera chiavarese certa è datata 1921 ed è dedicata ad una immagine della città che ritornerà con insistenza anche negli anni successivi fino a diventare una sorta di ambiente simbolo, prima per la pittura di Salietti stesso e poi anche per gli altri pittori che soggiorneranno a Chiavari.
L’ambiente è quello del modesto quartiere degli “Scogli”, una zona abitata da pescatori e da operai del Cantiere Navale che sulle tele di Salietti si trasfigura fino ad assumere le dimensioni del sogno e della magia, di quei caratteri specifici che faranno definire la sua pittura e quella di alcuni suoi contemporanei Realismo Magico.

Adriatico, 1927, Esposizione di Novecento a Zurigo

Salietti cerca la magia fra le povere casette del quartiere scrostate dalla salsedine e dagli anni, fra le barche tirate a secco sulla spiaggia, l’orizzonte lontano del mare e del cielo, la vela solitaria, la collina di Bacezza con la ferita della cava, la cabina inquietante che pare una presenza metafisica come il mastodontico ponte della ferrovia a Zoagli; e anche e soprattutto nel passaggio a livello col vicino tunnel della ferrovia, soggetto amatissimo da Rambaldi,  nella casetta del casellante, nel rosseggiante tetto dell’Istituto Torriglia, nelle piccole case scomparse sulla marina, nei pini e nella scabra collinetta di giottesca memoria che ritorneranno molte volte nella sua pittura.
Nel ponente chiavarese Salietti trova anche casa, una palazzina posta sull’Aurelia nei pressi della “curva del conte”, da cui si vede il mare, il promontorio di Portofino, fondale violaceo di tante sue opere, e l’amato quartiere degli “Scogli”.
E’ questo il panorama in cui scelse di vivere e di lavorare: una Riviera davvero magica, ricchissima di poesia e di schietta bellezza ma anche di una vitalità artistica e culturale probabilmente irripetibile.
E ancora Filippo De Pisis su Emporium nel 1942:
“Salietti è uno di quei pittori in cui il disegno (si badi non “ il tratto”) non vive separato dal colore.
La sua pasta pittorica densa e semplice, si adagia su un disegno leggermente accade­mico, improntato a linee sobrie, con una tenden­za alla geometrizzazione e alla  messa in valo­re dei piani essenziali. Quando il suo colore si accende di un palpito vero, quando uno spun­to davvero sentito e colto felicemente nel vero, l’opera di Salietti ci persuade e ci commuove […]”

Ritorno alla fonte,  1930

A Chiavari, nel quartiere degli Scogli, come conferma la lapide murata sulla facciata, Salietti ha vissuto e lavorato per 35 anni, dal 1926 al 19 settembre 1961, data della sua morte.
Qui, come scritto sulla lapide, “portò la poesia”, ma portò anche la migliore e più attenta cultura figurativa del suo tempo, facendo diventare la sua casa, e di conseguenza Chiavari e la Liguria, uno straordinario cenacolo d’arte”

Scogli – Riviera ligure

Il quartiere degli Scogli, au­tentica metafora dell’estetica novecentista di Riviera e trasposizione mediterranea di sensazioni metafisi­che, diventerà il soggetto di una ricerca nel sogno e nella magia di numerosissime opere: oltre a quelle cita­te di Funi e Rambaldi, che dipingerà scorci del quar­tiere innumerevoli volte, anche di Alberto Salietti, Leonar­do Dudreville, Mauro Reggiani e, pochi anni dopo, di Piero Marussig , e più tardi ancora di Lino Perissinotti.

Riviera ligure, 1926

Nel 1925 in un clima di dibattito estetico e nel fervore organizzativo di Novecento, nacque il “Gruppo d’Azione d’Arte” fondato da Emanuele Rambaldi, dal critico Attilio Podestà, dallo scultore Francesco Falcone, dall’architetto Enrico Pierazzi e dal giornalista Metello Pescini, che rappresentò il primo movimento d’arte moderna in Liguria, mutuando l’iniziale esperienza del gusto di Novecento.
Il “Gruppo di Azione d’Arte” sarà animato da per­sonalità come Dudreville e Funi, fondatori del gruppo originario, Salietti che subito entre­rà nel Comitato direttivo come segretario, Arturo Tosi, assiduo frequentatore di Zoagli e della Riviera Ligure, chiamato a far parte del Comitato direttivo sempre nel 1925.
La modernità del “Gruppo” stava anche nel pensare l’arte secondo una visione meno romantica e più partecipe della vita quotidiana.
Il “Gruppo” promosse nel 1926 la prima e purtroppo unica “Mostra chiava­rese d’arte moderna”

La presenza di Salietti a Chiavari attirò numerosi altri artisti. Carrà, a Moneglia, dipinse due opere di notevole importanza: Il pino sul mare e Marina a Moneglia.
In questa parte di riviera operarono anche Funi, Bucci, Sironi, Tosi (che soggiornò a Zoagli).
Salietti partecipò a numerosissime Esposizioni sia nazionali che internazionali: l’ Esposizione Universale  di Barcellona del 1929; l’Esposizione Mondiale di Parigi ( Ragazza che legge) nel 1937.

Ragazza che legge, Esposizione Mondiale di Parigi, 1937

Partecipa alla I  II, (opere presentate alla quadriennali : Riviera di Levante, Donna di Sardegna, Ritratto della Signora I.Hasenbach, San Salvatore dei Fieschi, Maria Rosa, Cestino di funghi, Natura morta con le gardenie, Donna genovese con mézaro, Natura morta con cocomeri, Ragazza in costume, La sedia, Figura in nero e rosa, Girasoli, Paesaggio senese)  e III Quadriennale di Roma; la XXIII Biennale veneziana del 1942, dove ottenne il Gran Premio per la pittura ( Estate, Studio per mosaico 2, Golfo Tigullio, Fiori nel bicchiere, Le Grazie.Paesaggio, Figura con velo, Ranuncoli e biancospino, Ritratto della Sig. Brusco-Landò, Il mazzetto, Strada alta in riviera, Veduta di Sestri Levante, Natura morta con l’uovo, Claretta. Fondo giallo, Natura morta con gli strumenti, Figura in rosso e azzurro, Via Aurelia a Chiavari, Natura morta con le farfalle, Piazzetta di Lavagna, Natura morta con il cocomero, Paesaggio a san Romano, Il violoncellista Marco Ottone, Mezzogiorno in Val d’Arno, Spiaggia, Natura morta con la zucca, rossa, Ottobre, Studio per mosaico 1, Pini e rocce) ; il Premio Marzotto nel 1955 e 1956; la XXII Triennale d’Arte alla permanente di Milano, nel 1961.
Nel 1933 fu nominato membro corrispondente della “Wienner Secession” e dal 1933 al 1936 fece parte del Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti di Roma.
Inizia dal 1931 la sua stagione artistica più coerente e continua che ne farà secondo le diverse letture critiche, “il pittore della realtà”, “della verità”, “della tranquillità”, della natura solare della Riviera o ” di maniera sana, schietta. piacevole, frutto di una osservazione ottimistica del vero.
Vale la pena ricordare in questo contesto le molte mostre colletive, tra le altre,  quella ordinata alla Galleria Pesaro di Milano nel 1931.

Negli anni trenta è attivo anche nella pittura murale: su invito di Mario Sironi dipinge per le Triennali milanesi del 1933 La vendemmia e nel 1936 Figure;  per il palazzo di Giustizia di Milano La Giustizia (1938).
Nel 1941 si trasferì definitivamente a Chiavari.
Nel 1949 ottenne la nomina di Accademico di Merito alla ligustica, classe di pittura.
Fu pittore paesaggista, ritrattista e naturamortista, legato alle tematiche del Novecento alle quali pervenne attraverso esperienze secessioniste e tramite lo studio approfondito della pittura classica italiana (Giotto, Masaccio).
Successivamente, attraverso il recupero della lezione impressionista, diede vita, insieme al pittore Arturo Tosi, alla corrente naturalista del Novecento.
Comunque, se Rambaldi è stato il primo autentico rappresentante ligure del “Novecento” e con il suo movimento ha introdotto il nuovo linguaggio artistico in Liguria, Alberto Salietti, il segretario di “Novecento Italiano”, è stato colui che ne ha trasferito i dettami e gli stilemi da Milano alla Liguria.
La presenza di Salietti a Chiavari nasce da una scelta fondamentalmente ambientale di chi, vivendo e lavorando a Milano, scopre la bellezza ancora primitiva di quella parte della Riviera Ligure ancora molto lontana dalla stagione del grande turismo internazionale che vivevano già Rapallo e Santa Margherita.
Ci piace però pensare alla scelta di Chiavari non solo per il clima, il mare, i caratteri di una città che si faceva amare, come scriveva Orio Vergani, ma anche per la “sua forza interiore” data dalla semplicità “quasi mistica che si manteneva in stato di purezza nel quale sbocciava il miracolo luce-colore” e ancora ci piace pensare alla scelta di Chiavari anche per le sue tradizioni d’arte e cultura, per i fermenti nuovi che le rimesse di danaro o i ritorni dalle Americhe determinavano nell’economia e nel volto urbano della città e per la presenza di una borghesia colta e per nulla provinciale, attenta alle novità dell’arte e della cultura.
Sue opere sono ospitate in numerose collezioni private, in alcune chiese, nelle Gallerie d’Arte Moderna di Roma, Milano, Firenze, Genova, Torino, Verona, Ravenna, nei Musei di Cleveland (U.S.A.), Montevideo, San Paolo del Brasile, Mosca, Varsavia, Riga, al Jeu de Paume a Parigi, Zurigo, Berlino, Monaco di Baviera.
Dopo la sua morte, una mostra commemorativa gli venne dedicata a Milano, nel 1964, al Palazzo della Permanente; nel 1967, a Milano, alla Galleria Gian Ferrari; nuovamente alla Gian Ferrari, nel 1969, per le tempere; nel 1970, a La Panchetta di Bari; nel 1971, ancora a Milano, alla Galleria Cortina, per le opere grafiche.
Una mostra postuma venne pure organizzata dall’Azienda di Soggiorno e Turismo di Chiavari, nel 1972, a Palazzo Torriglia, con una selezione di opere pittoriche e grafiche.
Una mostra antologica si è tenuta a Genova nel  1997 ordinata al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce , curata da Guido Giubbini e Franco Ragazzi dal titolo ” Alberto Salietti. Un artista di Novecento”.

Alcune opere alla Biennale di Venezia

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