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Oderzo (TV) 1897 – Chiavari (GE) 1967 

Lino Perissinotti pittore ligure

Lino Perissinotti fin da bambino mostrò una grande predisposizione per il disegno e la pittura, tanto da abbandonare i regolari corsi di studio.
Nel 1914 si diplomò all’Accademia di Belle Arti di Bologna, presentandosi agli esami come autodidatta.
Tenne la sua prima Personale a Roma nel 1920, presso la Galleria Giosi.
Dopo una breve permanenza nella capitale ritornò a Piazzola sul Brenta, luogo della sua infanzia, dove svolse un proficuo lavoro dedicandosi, in particolar modo, allo studio della figura (suoi modelli gli operai delle fabbriche).
Negli anni dal 1920 al 1923 insegnò a Vicenza e a Verona, per poi trasferirsi a Ferrara, dove la sua attività politica antifascista, lo obbligò ad abbandonare l’insegnamento.
Nel 1922 vince il concorso per un quadro storico, indetto per il settecentenario dell’Università di Padova, con il dipinto Galileo a lezione finita (medaglia d’oro) 1926.
Nello stesso anno  partecipa per la prima volta,  con il dipinto Dopo lo schianto – alla Biennale di Venezia, dove sarà nuovamente presente nel 1935 (alla mostra del Mostra del Quarantennio XL Edizione della fondazione), nel 1936, nel 1942 (con una personale) e nel 1948.

Sempre nello stesso anno partecipò alla Biennale di Venezia e nel 1933 si stabilì a Roma.
Gli anni 1926-1936 sono tra i più produttivi dal punto di vista artistico.
Nel 1935 inizia la sua partecipazione alla Quadrien­nale romana, dove espone fino al 1948, invitato sempre con un gruppo di opere.
Nel 1927 il suo dipinto Un cieco di guerra, che nello spirito dell’artista era critico nei riguardi dell’interventismo e più in generale di qualsiasi guerra, viene prescelto insieme ad un’opera di Plinio Nomellini e riprodotto “in migliaia di esemplari di notevoli dimensioni” e cartoline, a cura dell’Istituto Propaganda d’Arte di Bologna, travisandone del tutto il messaggio.

La cena di Emmaus di Perissinotti, dipinta nel 1931 ed esposta alla Mostra Internazionale di Arte Sacra di Padova dello stesso anno, presenta un’iconografia insolita. Cristo non spezza il pane seduto a mensa con i discepoli, ma compare in piedi, quasi in atto di servirli, nella posizione che tradizionalmente è occupata dalla fantesca o (pensiamo a Caravaggio) dagli umili padroni di casa.
Si tratta di una forzatura ideologica riconducibile alla sensibilità pauperistica del’artista, vicino a quel socialismo umanitario che nell’arte italiana aveva avuto il suo padre ideale nel Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Al di là dei contenuti, peraltro, il nove­centismo di Perissinotti affiora con evidenza nel senso volumetrico e plastico con cui l’artista affronta ogni particolare, conferendo peso, spessore e rilievo non solo agli oggetti (si noti la bellissima e scarna natura morta, formata dalla brocca e dalle due scodelle), ma anche alle figure, soprattutto a quella in primo piano, scolpita come una statua di marmo nel bianco del panneggio.
(E. Pontiggia)

Inizialmente la sua pittura si orienta tra un simbolismo a sfondo umanitario e una attitudine realistica che affonda le sue radici in quell’umanitarismo socialista che trova la sua massima espressione ne Il Quarto Stato di Pellizza.
Dipinti e serie di disegni, aventi come tema i lavoratori e umile gente della strada, indicano infatti la volontà dell’artista di farsi interprete della dignità del mondo operaio e contadino.
Nel 1936 si stabilì  a Lavagna poi definitivamente nel 1952 a Chiavari.
Durante il periodo ligure la sua pittura conserva il tonalismo delicato che ha caratterizzato la produzione dei primi anni trenta, accrescendosi di una suggestione quasi metafisica nel restituire atmosfere e silenzi della campagna, di scorci di paese e della riviera ligure.
Nel 1942 è nominato accademico di merito dell’Accademia Ligustica.
Le opere dell’ultimo periodo sono caratterizzate da una semplificazione di piani intrisi di luce, da predominante tonalità di azzurro, densa di significati psicologici: come una sofferta meditazione intellettuale su aspetti e forme di quel paesaggio che ha costituito il principale motivo della sua ispirazione.
Numerosissime le esposizioni alle quali parteciperà, tra le altre: le Biennali veneziane del 1926, 1936, 1942,1948; le Quadriennali romane del 1935, 1939,1943,1948.
Numerose anche le sue partecipazioni all’ estero: Buenos Aires, Montevideo, Rosario, Cordoba e Budapest.
Fu eletto Accademico di merito all’Accademia Ligustica di Belle Arti nel 1942.
Una  sua opera presso la GAM  Genova Nervi Una via di Lavagna.

Nel 1936 l’artista si trasferisce in Liguria. Il tonalismo delle opere romane si innesta felicemente su di una immagine di paesaggio che trova in un’ulteriore riflessione su Cézanne il momento risolutore per una visione stabilizzata intorno a po­chi elementi linguistici costanti. Lo stesso riporto della ricca gamma cromatica delle opere romane ad un’organizzazione del tono in cui prevalgono – soprattutto intorno al ‘50 come poi, in diversa accezione, dopo il ‘60 – toni di azzurro e di grigio, documenta la rigorosa mediazione dell’approccio cézanniano al paesaggio e la volontà di estrarre alcuni elementi essenziali all’articolazione del quadro. La Natura morta con frutta è un testo molto significativo in questo senso. (..). L’adesione a Cézanne è messa a frutto per ottenere un senso di apparizione, di nascita degli oggetti nel comporsi dei piani di colore. Presto Perissinotti trae partito da una nuova attenta lettura di Cézanne – in particolare dei paesaggi della piana prospicientela Sainte Victoire, ad orizzonte lontano sul quale si erge la montagna – per costruirsi una sua ottica sul paesaggio ligure.
La serrata trama spaziale del maestro è ricondotta a un più modesto paesaggismo di piane, colli, case di campagna, nella stesura larga dei toni il segno incide tralci, rami, profili di oggetti: la trama di un’anima attenta a ben segrete emozioni.
(G.Bruno 1977)

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