Savona 1897 – 1977
Antonio Agostani pittore ligure
Antonio Agostani pittore autodidatta istintivo e solitario fu estraneo ad ogni gruppo o scuola pittorica ma incline all’espressionismo.
Osservatore diretto delle cose e della vita produsse opere di solida serietà derivante nei primi anni ’20 dalla temperie utopistica del socialismo umanitario.
Ha esposto alla Quadriennale di Roma del 1939, alle mostre nazionali di Firenze, Napoli, Bergamo, Genova, Vado Ligure e Savona.
E’ stato presente a tutte le mostre regionali e internazionali liguri.
Si ricordano le sue mostre personali alle Gallerie S. Andrea di Savona nel 1956 e nel 1961, alla Galleria Spotorno di Milano nel 1960, alla Galleria La Fontana di Savona nel 1963.
L’anno dopo la morte il Comune di Savona lo ha ricordato con una mostra antologica postuma allestita nella Sala Consiliare del Municipio.
Nella sua ampia galleria di ritratti, i personaggi, uomini e donne del popolo sono resi come icone di tante solitudini, ritratti spogli e al contempo nobili, perché tale è la solitudine.
Senz’altro ci sono in lui forti accensioni interiori, focolai di calore sebbene anche la sua visione paesaggistica prediligesse fredde atmosfere.
Le sue amatissime nevicate trasmettono la secchezza del gelo ma non sono cupe.
Sono rigorosamente grigie; di un grigio “variegato” che interpreta i diversi livelli del silenzio e su queste campiture bianche si allunga l’ombra nitida dell’artista contrapposta alle disarticolate urla del mondo.
Per un trentennio interviene a mostre personali o collettive in compagnia dei maggiori artisti del’900 ligure, espone alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma del ’39, a Firenze, Napoli, Bergamo e Genova.
Il catalogo offre un’immagine completa della sua produzione artistica, dipinti, e disegni, dagli anni ’20 alla metà degli anni ’70 del Novecento.
Artista tra i più amati nel contesto non solo ligure, Agostani si allontana da ogni genere di classificazione preconcetta.
La vita non facile gli instilla un carattere schivo ed introverso, poco incline al clamore del grande pubblico o della ribalta prestigiosa.
Preferisce arrivare al cuore – attraverso percorsi impossibili e tortuosi – di chi veramente lo comprende e che sa giudicare con semplicità.
Il successo o l’insuccesso sono particolari trascurabili, né incide sul lavoro la ricerca del denaro.
La dignità dell’artista è il bene più prezioso difeso a costo di incomprensione, emarginazione e solitudine; egli è libero da imposizioni accademiche, dalle scuole in auge o dai modi dei colleghi, che osserva, talora apprezza, ma non condivide.
L’umana sofferenza si rivela mediante l’utilizzo dei colori cupi e magri, in tonalità spente in cui il nero emerge incontrastato.
I soggetti sono personaggi pensosi o spesso sospesi tra la vita e la morte, con la fame e la malattia che ne disegnano il viso ed il corpo, essenziali nella loro definizione plastica.
Gli scheletri danzanti, i vecchi spiritati, le donne spettrali, sembrano giocare con la morte in una sorta di incantesimo scaramantico.
L’umorismo, mischiato e stemperato dal cinismo, si rivela raramente, ma è costantemente sottinteso.
Anche le scene di paesaggio si adeguano al sentire interiore: il pittore privilegia l’autunno o l’inverno, con colori caldi e spenti ed il bianco sporco, delle sue nevicate, che rende la tavolozza armonica e tragica al contempo. Il tratto è deciso ed il soggetto è centrale, allineato alla visione dello spettatore e rappresentato senza inganno.
I personaggi appaiono come se fossero distaccati: guardano ma non vedono. Lo sfondo è monocromo con tonalità che vanno dal grigio, al nero, al marrone ed i personaggi si stagliano appena, con porzioni di ocra, verdi, viola, grigi, neri e bianchi.
L’esito finale è prorompente: non è il totale dei particolari ma assume un significato diverso, più alto, che dialoga con la nostra mente e che accende suggestioni impensabili.
Può piacere o non piacere, ma il suo messaggio, esplicito o criptico, fa inevitabilmente riflettere.
Antonio Agostani partecipa nel 1947 alla associazione “ La Goletta” con Renata Cuneo, Lino Berzoini, Raffaele Collina, Giovanni Battista De Salvo – direttore responsabile della pubblicazione – Mario Gambetta ed Ivos Pacetti.